I sentieri di Cimbricus / Elizabeth, la Regina dei record
Sabato 21 Aprile 2018
I 92 anni dell'ultima icona del nostro tempo: tra Ascot e Wimbledon, ma anche ai Giochi del 1948 e a quelli 2012.
di Giorgio Cimbrico
21 aprile, novantaduesimo genetliaco di Elisabetta II, la regina dei record: ha avuto accesso al trono nel febbraio di 66 anni fa, quando in Kenya venne raggiunta dalla notizia della morte del padre, è stata incoronata da quasi 65, è sposata con Filippo Mountbatten, già Battenberg (il nome, tedesco, è stato ritoccato), da 70 anni e mezzo. Vittoria, sul trono per 63 anni abbondanti, dal 1837 al 1901, è alle sue spalle da tempo. Sovrana dei popoli più sportivi della terra – a livello di creazione e partecipazione –, la Regina non ha mai avuto molto a che fare con quella dimensione, se si fa eccezione per il galoppo, amatissimo e seguito sin dal momento del breakfast, quando una delle prime testate consultate era, e probabilmente continua a essere, Sporting: fitte colonne di appuntamenti, condizioni della pista, quote.
Osservatorio / "Cultura" sportiva, questa sconosciuta (da noi)
Sabato 21 Aprile 2018
Un tema un po' consunto, ma che dovrebbe essenzialmente valere come rispetto e passione.
di Luciano Barra
Nei primi giorni di aprile, nella rubrica “Porto Franco” di Franco Arturi, sulla Gazzetta dello Sport è stata pubblicata una lettera (a firma Mario Bruni) dove l’autore sosteneva come “l’overdose del calcio sui media nuoccia alla cultura di questo Paese”. Arturi risponde in maniera articolata ponendo una serie di domande interessanti, sostenendo che nel nostro Paese “difettiamo di valori sportivi” che è un concetto differente da quello della cultura sportiva. Porta, per assurdo, un esempio vissuto in prima persona quando a metà degli anni Ottanta ha dovuto rilevare la grande differenza fra l’Italia e gli Stati Uniti. In dettaglio, dopo aver lavorato sulla rosea fino a notte per dedicare una pagina a un tempo da favola conseguito da Evelyn Ashford sui 100 metri, arrivato negli Stati Uniti aveva dovuto con stupore constatare che i giornali americani avevano dato poco risalto a questa notizia, molto più concentrati su basket, baseball e football americano. La domanda che il giornalista si poneva era: “Hanno cultura sportiva laggiù negli USA?”
Osservatorio / Campioni del Mondo, ma solo dell'ultimo minuto
Mercoledì 18 Aprile 2018
Sempre sotto esame le organizzazioni sportive italiane, con la necessità (obbligo?) di preservare contenuti e lasciti futuri.
di Luciano Barra
"Campioni del mondo!, Campioni del mondo!". Purtroppo questa estate non potremo sentire questo grido dai microfoni dei nostri telecronisti al seguito dei Mondiali di calcio. Ovviamente è un peccato. Ma al fine di non essere da meno ci ha pensato il presidente del CONI Giovanni Malagò che, parlando dell’Universiadi a Napoli e delle varie difficoltà nel completare impianti e altro, ha dichiarato ad alta voce: “Sarebbe gravissimo se Napoli e la Campania perdessero l‘importante opportunità dell’Universiade, ma siamo ottimisti perché siamo campioni del mondo nel fare cose all’ultimo minuto, soprattutto al Sud” [Corriere del Mezzogiorno, 13 Aprile]. Peccato che il giorno dopo, sul Corriere del Veneto, sia apparso il seguente titolo sui Mondiali di Sci: “Allarme per Cortina 2021. Alcuni cantieri principali non verranno chiusi prima dei Mondiali”.
I sentieri di Cimbricus / Verso un mondo da "Truman Show"
Mercoledì 18 Aprile 2018
Il prodotto finale è la violenza, caso per caso insegnata, inculcata, suggerita. Come dovere patriottico, come necessità.
di Giorgio Cimbrico
Il monologo del sergente Hartman è un fiume di oscenità, un empio diluvio, la più implacabile delle metafore sul potere, sul condizionamento portato con la ferocia. In morte di Ronald Lee Ermey, il telegiornale di Sky non ha mandato in onda neppure una piccola parte di quel monologo, ma un’innocua scena in cui la parola più azzardata era “culo”. Per fortuna nessuno ha inserito il bip che, abitualmente, copre quel che può offendere la sensibilità del pubblico. Il pubblico, come è risaputo, è molto sensibile.
I sentieri di Cimbricus / Grazie a Hicham tutto e' stato bello
Martedì 17 Aprile 2018
Il suo record è meravigliosamente contemporaneo, come erano la sua corsa e la volontà di lasciare segni indelebili.
di Giorgio Cimbrico
Prima della “pax marocchina” imposta da Hicham el Guerrouj, i 1500 sono stati un campo di battaglia, un incrociarsi di sfide, dirette o a distanza, per portare addosso, come una preziosa decorazione, il titolo di primatista del mondo (nella foto, la vittoria nei 1500 davanti a Bernard Legat; quattro giorni più tardi il bis olimpico nei 5000 su Kenenisa Bekele). Mai, nella storia dell’atletica, su una delle distanze considerate nobili (la più nobile, data la derivazione metrica dal miglio imperiale) è stato registrato un regno così lungo: dal 3’26”00 del 14 luglio 1998 – occasione e luogo, il Golden Gala all’Olimpico - sono passati quasi vent’anni, una ricorrenza che verrà felicemente superata. In una successione biblica, degna del Libro dei Re, Jim Ryun strappò lo scettro a Herb Elliott dopo sette anni (scarsi) e lo stesso intervallo di tempo passò prima che a impadronirsi del record fosse Filbert Bayi nell’indimenticabile corsa di Christchurch: anche John Walker sotto il limite e Ben Jipcho ad uguagliarlo.
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