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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Vintage / Gianni Del Buono: quando il mezzofondo parlava italiano, ...

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Domenica 10 Agosto 2014

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Tra i giovani più attesi a Zurigo della fin troppo affollata squadra azzurra figura Federica Del Buono, vera figlia d’arte: nello specifico di Rossella Gramola – mezzofondista da 4’16” che l’allena con slanci materni – e Gianni, grande protagonista del mezzofondo europeo, in anni nei quali la corsa medio/lunga aveva ancora cittadinanza nel nostro continente. Grazie ai notevoli progressi di Federica, si è così tornati a parlare di Gianni Del Buono dopo un silenzio durato anni e che non meritava. Infatti Gianni è stato tra i primi al mondo nel biennio 1972-73 quando – riscattando la delusione olimpica di Monaco – aveva trovato nuova nobiltà sui 5000, una distanza ch’era parsa sempre troppo lunga per lui. Nato come mezzofondista veloce (secondo i dettami di un fisico solido e asciutto, 1.78x67 il suo standard), nel 1966 Del Buono era approdato dalle Marche alla corte romana di Renato Funiciello che ne aveva affinato le caratteristiche naturali portandolo a buoni livelli.

Dopo un primato nazionale sugli 800 (1’48”0 nel ’68), sia su questa distanza che sui 1500 si era battuto per anni, e con alterna fortuna, contro Francesco Arese, suo rivale storico. Mai fortunato in sede olimpica, aveva pagato però dazio sia ai Giochi del Messico che a quelli di Monaco, in quest’ultima occasione mancando l’accesso alla finale per un’inizia. Una esclusione che chiudeva un quadriennio di difficoltà non solo fisiche, peraltro limitato anche da una ricorrente periostite alla gamba sinistra. Aveva tentato di risolvere tornando a tesserarsi con l’ASSI di Piero Massai e ad allenarsi con Romano Tordelli, il tecnico che lo aveva avuto agli inizi (anche se va detto che Del Buono le vere scelte tecniche, quelle decisive, le ha compiute sempre da solo).

Con tali premesse, e supponendo una certa fragilità caratteriale, si poteva ritenere impossibile un recupero immediato, tanto più alla soglia dei trent’anni. Invece, smentendo tutti, Gianni aprì la fase più produttiva della sua carriera proprio al ritorno da Monaco, toccando il clou nella serata del 13 settembre 1972, sui 5000 del “Memorial Zauli”. In quell’occasione seppe impostare una corsa capolavoro riuscendo a controllare prima e a superare dopo l’americano Steve Prefontaine (destinato a scomparire tragicamente un paio d’anni più tardi) e Joha Väätäinen, il finlandese giramondo che l’anno prima era stato campione europeo dei 5000 e 10.000. Con un ultimo giro in 57”4, l’azzurro portò all’entusiasmo i 15.000 spettatori dell’Olimpico, ma soprattutto segnò con 13’22”4 il nuovo record italiano, con Prefontaine lasciato a 4” esatti.

Quel risultato cronometrico collocava Gianni al sesto posto nella lista mondiale di tutti i tempi: da noi solo Totò Antibo seppe fare meglio, sia pur di poco, col quinto posto all-time raggiunto nel 1989). Una metamorfosi completa che nel giro di pochi giorni lo portò a riscrivere anche i primati nazionali dei 3000 (7’49”4) e dei 2000 (5’00”0). Dovuta con probabilità al grande lavoro di resistenza, in vista dei Giochi, non finalizzato con un adeguato programma di velocità per mancanza di tempo e di serenità, o meglio, venuto a scadenza con qualche settimana di ritardo.

Comunque fossero andate le cose, anche l’anno seguente Gianni si mantenne sul medesimo standard, figurando sempre tra i migliori al mondo e tra gli animatori delle grandi gare del nord Europa. La perla di quella stagione fu la vittoria, ancora sui 5000 diventata la sua distanza da parata, in un triangolare contro Kenya e Finlanda, disputato a metà giugno ad Helsinki. In quell’occasione si impose ancora superando sul filo Paul Mose e, più distaccato, il grande Lasse Viren, che l’anno prima era stato doppio campione olimpico a Monaco, prima sui 10 e poi sui 5000 metri. Il tempo finale fu 13’30”8, con un ultimo chilometro più lento rispetto alla gara di Roma (2’35”8 contro 2’33”0), ma con un giro conclusivo ben più veloce: 56”5 contro 57”4. Una curiosità: al passaggio, con 13’07”4, Del Buono ottenne anche la migliore prestazione italiana di sempre sulle 3 miglia inglesi. A sufficienza per ritagliarsi un posto nel Gotha più esclusivo del mezzofondo mondiale, prima che l’onda nera calata dagli altipiani sconvolgesse ogni gerarchia.
 

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