Lunghi
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Atletica
(gfc) È stato il primo italiano a vincere una medaglia in atletica alle Olimpiadi. Ma anche il primo a stabilire consistenti primati mondiali. Capitò a Londra nel 1908, i Giochi passati alla storia come quelli di Dorando Pietri. Nell’occasione il genovese si sottopose ad un vero tour-de-force. Erano tempi, quelli, nei quali la generosità e l’istinto cozzavano contro qualsivoglia intento tattico. E gli atleti restavano i soli allenatori di se stessi. Per di più lo accompagnava la fama di una irrequietezza che sconfinava sovente nella crapula. Il genovese possedeva un talento innato che faticava ad incanalare nei binari di una preparazione seria.
“Un frutto fuori del tempo” è stato scritto delle sue capacità agonistiche. Malgrado le affermazioni ottenute con facilità in Italia, il ventunenne genovese (era nato il 16 marzo 1887) si presentò sul palcoscenico internazionale da perfetto sconosciuto, pur se qualche mese prima aveva corso il chilometro sulla pista di Villa Borghese in 2’31”0, miglior risultato al mondo fino ad allora.
A Londra fu una rivelazione. Favorito da una taglia notevole per i suoi tempi (1.79 per 70 chili), era emerso giovanissimo vincendo nel 1905 il titolo italiano dei 1500 metri e battendo sugli 11 chilometri del “Giro di Milano” proprio Dorando Pietri. Il tour-de-force olimpico di Lunghi ebbe inizio un’ora dopo la cerimonia d’apertura. Schieratosi nella terza batteria dei 1500 metri, corse sotto la pioggia in circa 4’03”4/5, secondo alle spalle dell’inglese Norman Hallows che l’aveva preceduto di un metro.
Il piazzamento dell’italiano, con un tempo di gran lunga inferiore a quelli dei vincitori delle altre sette eliminatorie, non gli consentì l’accesso alla finale che il regolamento riservava solo ai primi delle batterie. Lunghi dovette in tal modo rassegnarsi ad osservare dalle tribune la finale della corsa. Non va dimenticato che era la prima volta che il genovese correva contro atleti stranieri. Non è azzardato supporre che se Lunghi avesse potuto correre la finale, con la sua irruenza se ne sarebbe reso protagonista non secondario. Quel suo ufficioso 4’03”4/5 venne migliorato in Italia solo nel quindici anni più tardi.
Smaltita la rabbia e la delusione, una settimana più tardi - martedì 21 luglio - Lunghi si rifece col secondo posto negli 800. Già dalla batteria aveva disposto a piacimento degli avversari portando il “personale” a 1’57”1/5, il tempo più veloce delle eliminatorie. Il giorno dopo, in finale, il genovese seguì con coraggio il ritmo di Sheppard che, andato in testa dopo 300 metri, passò a meta gara in un sensazionale 53”0 per chiudere in 1’52”4/5, primato mondiale della distanza. Lunghi, sorpreso da quel ritmo, non riuscì ad avvicinare il rivale arrivando il traguardo con otto metri di distacco.
Ma la sua facilità di corsa, l’andatura elegante e ancor di più i margini di progresso che lasciava intendere, lo segnalarono come talento inespresso ai navigati coach stranieri, tanto da farlo invitare negli Stati Uniti dove gareggiò per un certo tempo nella costa orientale sotto i colori dell’Irish-American Athletic Club. Fu in America, sotto le cure di Lawson Robertson [1883-1951], uno dei più celebrati allenatori del tempo, che Lunghi apprese le tecniche per aumentare la “resistenza alla velocità”, concetto del tutto rivoluzionario in Europa. E riuscì ad applicarle con metodo tanto che il 15 settembre 1909, durante i campionati canadesi disputati a Montreal, seppe migliorare il record mondiale del mezzo miglio portandolo a 1’52”4/5. Un riscontro cronometrico omologato quale record americano dalla AAU, ma che divenne primato italiano soltanto nel 1927.
Anche secondo i canoni del tempo, le dosi di allenamento cui Lunghi si sottoponeva non erano certo delle più asfissianti. Può essere illuminante rileggere oggi quella tabella, come lui stesso l’aveva stilata: “Lunedì: un paio di volte i 200; martedì: un quarto di miglio; mercoledì: riposo; giovedì: 600 metri; venerdì: 880 y. o 3/4 di miglio; sabato/domenica: riposo e gara”. Appare incredibile che con un lavoro tanto ridotto Lunghi abbia potuto toccare i vertici mondiali dell’epoca. In quel 1909 Lunghi ottenne altri risultati di rilievo, sempre sulla pista del Celtic Park di New York e accettati come “American Amateur Records”: 1’27”2/5 sulle 700 yards il 6 settembre e 2’45”3/5 sui due terzi di miglio il 10 ottobre. Secondo i suoi ricordi, nel periodo americano aveva ottenuto 27 vittorie su 31 gare, battendo tre volte su quattro il grande Mel Sheppard [1883-1942] che l’aveva preceduto a Londra sugli 800 metri dopo essersi imposto nei 1500.
Tornato in Italia, il genovese continuò a rincorrere premi in denaro e facili vittorie, spaziando senza remore su tutte le distanze, dalla pista alla strada. Fece una seconda apparizione olimpica a Stoccolma 1912, ma senza toccare i livelli di quattro anni prima. Poi si dedicò alla scoperta di nuovi talenti: ai Giochi di Parigi del 1924 faceva parte dell’apparato tecnico della FISA, la federazione italiana d’atletica. Fu l’ultima sua apparizione: il marinaio genovese, “bello come un dio” e che sacrificava volentieri tanto a Venere che a Bacco, disfatto dalla lue scomparve l’anno seguente. (gfc)
Le gare olimpiche di Emilio Lunghi
1908 – Londra
[club: Sport Pedestre Genova]
• 1500 m [13-7] - 3. Bt. (2.) ca. 4’03”4/5
• 3 miglia a squadre [14-7] - 1. Bt, non class. (rit.)
• 800 m [20-7] - 4. Bt. (1.) 1’57”1/5
• 800 m [21-7] – Argento (2.), ca. 1’54”1/5
1912 – Stoccolma
[club: SC Italia Milano]
• 800 m [6-7] - 1. Bt. (2.) ca. 1’59”3/5
• 800 m [7-7] - 2. Sf. (5.) ca. 1’56”1/5
• 400 m [12-7] - 7. Bt. (2.) ca. 50”3/5
• 400 m [12-7] - 4. Sf. (2.) ca. 50”0.
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