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I sentieri di Cimbricus / Giorni dolorosi per il Kenya

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Martedì 20 Febbraio 2024

 

kiptum-24 


Sono sparite due comete: Henry Rono che regalò il giro del mezzofondo in ottanta giorni, e Kelvin Kiptum, il giovane che sapeva sciogliere il nodo, annullare il morso della fatica, un rivoluzionario come lo è stato Rono.

Giorgio Cimbrico

Rono, quattro record mondiali nei 3000, 5000, 10.000 e 3000 Siepi tra la primavera e l’estate del ’78 prima di trovare il diavolo nella bottiglia, aveva 72 anni; Kiptum, 24. Kelvin è stato una meteora, un rivoluzionario che aveva spazzato via l’incubo dei maratoneti, gli ultimi dieci chilometri, il lungo momento in cui la fatica piomba addosso. Era in quel momento che volava: tre maratone e tre seconde parti più veloci delle prime. Da primatista del mondo era pronto all’attacco alle due ore: lo stava preparando, sarebbe avvenuto ad aprile, a Rotterdam.

Kelvin come James Dean, 24 anni anche lui, tre film come le tre maratone del kenyano, prima della morte al volante, dopo una sbandata della sua Porsche. Anche Kiptum ha perso il controllo, è finito in un fosso e poi contro un albero, sulla strada tra Eldoret e Kaptagat, uno dei luoghi di allenamento dei kenyani. Di sera là il buio è totale e spesso l’asfalto è sconnesso, una buca “aggiustata” con qualche frasca.  E’ morto anche il suo allenatore, il burundiano Gervais Hakizimana.

Kiptum è scomparso non lontano da dov’era nato, a Chepsamo, Rift Valley, 30 chilometri da Eldoret. La famiglia ha una fattoria, allevano bestiame: i guadagni di Kelvin avevano ingrossato la mandria. “La pista era troppo lontana da casa mia – raccontava sorridendo – così ho cominciato sulla strada e lì ho continuato”.

L’esordio a 13 anni, in una corsa locale e poi una serie di mezze maratone, anche all’estero, culminate in un buon tempo, ma niente di straordinario, a Lisbona. Il 4 dicembre 2022, due giorni dopo il 23° compleanno, debutta sulla maratona a Valencia, da sconosciuto: va via solo al 30° chilometro e inizia a offrire il suo colpo da maestro: 1h00’11” nei secondi 21 chilometri per chiudere in 2h01’53”, il miglior esordio di tutti i tempi, per diventare il terzo di sempre, dietro i mostri sacri Eliud Kipchoge e Kenenisa Bekele.

Ad aprile dell’anno scorso va a Londra e conferma la tattica: via al 30° (e seconda parte in un impressionante 59’45”) per andare al traguardo, a un tiro di sasso da Buckingham Palace, in 2h01’25”. Il record di Kipchoge è salvo per 16 secondi. Kelvin non ha bisogno di lepri, preferisce ballare da solo.

La terza (e ultima) tappa è a Chicago, a ottobre. “Ero venuto per il record della corsa ma un mondiale non l’aspettavo”. Ancora una volta fa tremare il cuore e drizzare i capelli dei suiveur: una seconda parte in 59’47” e un segmento tra 30° e 40° chilometro in 27’52”, per passare la linea in 2h00”35. Record del mondo migliorato di 34 secondi e abbattimento della barriera a 36”. L’unico a varcarla, per 19”, è stato Kipchoge ma in una prova ufficiosa, non omologabile, organizzata nel 2019 con larghezza di mezzi e superbonus da Ineos e Nike, un su e giù per un viale del Prater viennese e con uno stuolo di lepri al suo servizio.

Kelvin aveva capito che si poteva fare e fare sul serio, in una gara vera, e aveva deciso di puntare su Rotterdam a metà aprile: è un percorso piatto, senza svolte. Se non spira vento dal mare, il teatro ideale per dar lezione di ritmo in crescendo. E dopo …

“Era un atleta incredibile che ci ha lasciato in eredità imprese incredibili”, sono le parole commosse di Sebastian Coe, che da presidente di World Athletics e da campione olimpico dei 1500, assaporava la sfida di Parigi, quando sulla rotta dalla città a Versailles e ritorno, si sarebbero affrontati, in un duello di generazioni, il vecchio Kipchoge, non lontano dai 40 anni all’inseguimento del terzo oro ai Giochi, e il giovane che sapeva sciogliere il nodo, annullare il morso della fatica. Quella sfida non ci sarà e quel giorno sarà bene che Kelvin sia onorato, come fosse presente.

 

 

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