- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Quell'Arabia che era molto diversa

PDFPrintE-mail

Sabato 9 Dicembre 2023

 

arabia

Lo spunto non viene dal contratto monstre da 550 milioni di dollari che il basco Jon Rahm ha sottoscritto con la Lega araba del Golf (LIV): ma se non altro può fornire elementi per una qualche riflessione su ciò che va cambiando.

Giorgio Cimbrico

– Colonnello, pensava sarebbe finita così?

“Non mi chiami così. Tom, Ned è meglio. O forse Ross, Shaw. Comunque, a cosa allude?”

– All’Arabia che sta comprando il mondo. La sua Arabia era molto diversa.

“Nessuno conosceva le risorse che possedeva. Per noi aveva una dimensione…”

– Strategica?

“Certo, il controllo del Canale era vitale per le comunicazioni con l’India”.

– Ma lei voleva dire qualcosa di diverso…

“Prima di me, Gordon, Stanhope, Doughty avevano subito il fascino del deserto. Doughty era solitario, ascetico, pronto al sacrificio ed è ai che dobbiamo una prima conoscenza del paese, dei costumi, dei dialetti, di abitudini che potevano apparire barbare, spietate. Tutto era molto lontano dal modo di pensare inglese, di quell’Inghilterra ancora trionfante e imperiale. Pensi, Murray, comandante al Cairo prima dell’arrivo di Allenby, sbrigava con una frase: non parlatemi degli arabi, sanno solo rubare capre”.

– Lei li amava?

“Posso risponderle con una frase che ho scritto: abbiamo vissuto a stretto contatto, nel deserto nudo, sotto un cielo indifferente”.

– Belle parole, come capita quando si riesumano citazioni, ma non ha risposto.

“Ho avuto a che fare con un politico come Feysal, con un idealista come Alì, con un brigante come Awda”.

– Credo che loro la amassero o che subissero il suo fascino. Il caso mi ha offerto un incontro, in un’antica fortificazione araba a nord di Amman. Un vecchio dagli occhi annebbiati dalla cataratta la vide, ragazzo. Era una sera ventosa e lei si fermò qualche ora per riposare.

“Stavamo andando verso Damasco”.

Gli occhi velati del vecchio si illuminarono mentre raccontava. E c’era eccitazione nei monelli beduini che mi portarono a quel rivolo d’acqua che scendeva da una delle cattedrali di arenaria di Wadi Rum dove lei andava a meditare prima dell’impresa di Aqaba.

“Lei ha seguito i miei passi”.

– Qualcuno. In qualche viaggio e sulla carta. Dalla gloria effimera a un tentativo di degradazione, quando si arruolò nella RAF sotto falso nome. Sono anche andato all’Ashmolean di Oxford dove Hogarth la prese sotto la sua ala e le affidò l’organizzazione di alcune delle collezioni. Il museo è stato riordinato e sottoposto a un rinnovamento ma c’è ancora qualcosa che risente della sua mano.

“Sono stati anni importanti per la mia formazione. Come quelli che passai a Karkemish, con Wooley. O in Palestina a studiare i castelli dei Crociati”.

– Scavi, scoperte, un mare di appunti. Ma sempre con gli occhi aperti: la quantità e la qualità delle guarnigioni turche, i rapporti cordiali dell’Impero Ottomano con il Kaiser. C’è chi ha scritto che il suo atteggiamento sia stato ambiguo: un agente segreto che recitava nel ruolo romantico di avventuriero, di suscitatore di sentimenti di autonomia, di libertà.

“Forse non ha letto il capitolo andato perduto nelle prime edizioni dei "Sette Pilastri" e solo da poco riesumato.

– No.

“Non credo di esser mai stato ambiguo, ma di sicuro non lo sono lì. Rimangiarsi certe promesse, sposare la spartizione dei territori secondo la linea Sykes-Picot e poi creare quell’artifizio che è l’Irak: sa tutto questo come lo definisco? A bitter shame, un’amara vergogna”.

 

 

Cerca