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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / "I martiri senza martirio di Viale Mazzini"

Martedì 30 Maggio 2023

 

annunziata


Il problema della sinistra è di avere una bizzarra idea della democrazia. Vale a dire di possedere le chiavi del “corretto”. Se non la pensi come loro non devi parlare, ma sempre pronti a perdonare i “compagni che sbagliano”.

Andrea Bosco

Ma Lucia Annunziata e Fabio Fazio sono davvero così importanti da meritare, le loro dimissioni dalla RAI, pagine e pagine, commenti, articolesse e lenzuolate, ore di trasmissioni televisive e radiofoniche? Pare di sì. Quando si dice la “narrazione“. Quella vigente per decenni è stata di sinistra: alla RAI e un poco ovunque a livello culturale. La sinistra in Italia ha occupato ogni rivolo della cultura: giornali, case editrici, scuola, università, premi letterari (dove certamente vincono sovente – non sempre – i più bravi ma col cavolo che almeno una volta vincano non dico quelli di destra, ma almeno una o un liberale), saloni letterari, teatri.

Non parliamo poi del cinema: dove se non sei “de Roma“ e “de sinistra“, neppure a fare la comparsa a Cinecittà ti prendono. I registi italiani sono TUTTI di sinistra. Al pari degli sceneggiatori. Gli attori non tutti, ma appena uno come Luca Barbareschi si azzarda ad aprire becco, apriti cielo: ne chiedono immediatamente le dimissioni. E' il mantra della sinistra: sei un politico e ti scappa mettiamo un peto in pubblico: ti chiedono di dimetterti. Perché la pubblica flatulenza non è pubblicamente corretta.

La sinistra allo sbando si è inventata un dualismo farlocco: la Meloni contro la Schlein. Meloni viene da anni di politica. Giusta o sbagliata, alla fine decide in democrazia il popolo. E il popolo, votandola, l'ha mandata a Palazzo Chigi. Né la Lega né Forza Italia, partiti alleati considerata l'incapacità di arrivare alla doppia cifra, avrebbero potuto decidere diversamente. Schlein eletta segretaria del Pd ha avuto il consenso del pueblo alle “primarie“: là dove non ti chiedono l'esame del sangue, prima del voto. Difatti al primo giro gli iscritti avevano eletto Bonaccini, il rassicurante presidente di Regione.

Benché appoggiata smaccatamente dalle truppe cammellate della carta stampata e della tv, Schlein finora ne ha azzeccate poche. Anzi, gli ultimi sondaggi di Nando (uno non particolarmente vicino al centrodestra) danno il partito della Meloni prossimo al 30% (in risalita dopo qualche balbettio sui migranti) e quello di Ely in discesa, nuovamente al 20%. La vulgata di sinistra ogni giorno racconta quanto sia “fascista“ la destra-destra (dirlo sempre, come specifica ogni sera dagli schermi di Cairo, nostra signora della notizia Lilly, beccata da Antonio Ricci a fare pubblicità occulta a costosissimi monili, sfoggiati ai lobi) di Meloni. L'idea che la sinistra sta coltivando (un attimo dopo la chiusura delle urne) è quella di scalzare chi ha vinto le elezioni, rosolando la destra-destra ogni giorno con polemiche, notizie false, inchieste che rasentano il ridicolo.

Ora, personalmente, ho sempre ritenuto assurde le invettive contro le scarpe e la barca di D'Alema: uno con i propri soldi deve poter fare quello che vuole. Anche calzare scarpe di coccodrillo, visto che non chiede un superbonus al governo. La RAI lottizzata fa scandalo solo perché la sinistra sta perdendo il “potere“ un poco ovunque. Avendo equivocato sulla missione gramsciana di usare la cultura per “acculturare il popolo“. La sinistra lontanissima da questo pensiero ha usato la mission per occupare nel corso dei decenni quante più poltrone possibili. Anche con programmi brillanti, va riconosciuto. La Terze Rete inventata da Angelo Guglielmi ha regalato all'Italia programmi d'eccellenza: eccellentemente faziosi. Né poteva essere diversamente da uno dei fondatori del celebre Gruppo ‘63, quegli scrittori di vaglia che si consideravano depositari della purezza della cultura.

Ho conosciuto per lavoro Fabio Fazio. L'ho intervistato ripetutamente. L'ultima volta (una decina di anni fa) che ci siamo visti ci siamo incrociati casualmente in Piazza Diaz a Milano a “Libri in Piazza“. Cercava (come il sottoscritto) qualche introvabile edizione e buon prezzo. A un Festival di Sanremo che lui presentava chiusi l'intervista di pragmatica sulla serata facendogli fare l'imitazione di Enzo Biagi che da anni Fazio non faceva più. Ricevetti le mie (dal direttore della mia testata) visto che Biagi (e parlo di un giornalista che mi onorò della sua amicizia, con il quale ho viaggiato in mezza Europa per la presentazione dei suoi libri, che inventò il format che ancora oggi viene studiato, come il “migliore“, nelle università di mezzo mondo: si chiamava “Il Fatto“. E nessuno è mai riuscito a replicarne uno di migliore) già non godeva di simpatie in una certa parte della politica italiana di centrodestra. Berlusconi lo considerava “pericoloso“. O magari non gli perdonava di aver detto che “con un filo di tette, il Cavaliere avrebbe fatto nelle sue reti anche l'annunciatrice“.

Fabio Fazio è bravo; anzi, è un fuoriclasse. Ha fatto il bene della Terza Rete, ha portato in studio ospiti “inauditi“, da Obama al Papa. Ha fatto guadagnare alla RAI una barca di quattrini. E, grazie alla RAI (e a la Sette) li ha guadagnati. Ha finto per anni di indignarsi alle lazzaronate della Littizzetto (simpatica show girl, che fece la mia fortuna con una sua intervista al Festival della Letteratura di Mantova), ha esibito il suo stile a metà tra Prodi e Velroni: “pacatamente“. Il suo “Che tempo che fa“ è un patrimonio della RAI. Si è contornato di collaboratori a sua immagine: Massimo Gramellini, prima firma del Corriere della Sera e Donna Letizia in versione maschile su “7” ne è l'esempio. Mai feroce ma non infrequentemente sanguigno nel suo quotidiano “Caffè“, in televisione Gramellini ha sempre indossato i panni del “mite“.

Come ha sempre fatto Fazio. Che una sola volta (che io rammenti) ha “sbroccato“: con l'allora ministro Brunetta. Uno con un brutto carattere. Mai brutto, peraltro quanto quello di Lucia Annunziata. Che, lo giuro, ce l'ha peggiore del mio. Che è tutto dire. Anche Annunziata ho conosciuto e intervistato: super. Sotto ogni aspetto. Una collega dalla quale hai solo da imparare. Aggressiva al punto da far lasciare la trasmissione “In mezz'ora“ a metà intervista ad un inviperito Silvio Berlusconi. Forse (e dico forse) se non si fosse lasciata andare con la ministra Roccella (con tanto di parolaccia dal sen fuggita) non avrebbe invogliato i casinisti approdati al Salone del Libro di Torino, a fare gli squadristi con Roccella. Forse.

Il problema della sinistra è quello di avere una bizzarra idea della democrazia. E vale a dire di possedere le chiavi del “corretto“. Se non la pensi come loro non devi parlare. Sempre pronti perdonare i “compagni che sbagliano“, ma feroci contro chi magari ha da ridire sul fatto che un professore dell'Università di Siena (Tomaso Montanari, con una emme sola che lui ci tiene molto a non essere citato con due) spieghi in cattedra e nei talk che “le foibe“ sono una invenzione propagandistica della destra. Va di culo a Tomaso (con una emme sola) che Nino Nutrizio, leggendario direttore uscocco de La Notte, non abbia mai avuto (morto da tempo) la ventura di ascoltare le “puttanate“ di Montanari. Lo avrebbe fatto allo spiedo in uno dei suoi chilometrici, combattivi editoriali.

Quale è il problema di Annunziata e Fazio? Non c'è. Nessuno li ha “epurati“. Se ne sono andati da soli: uno con un contratto (a Discovery) faraonico rispetto a quello che percepiva alla RAI. L'altra temendo ritorsioni che in realtà sono state solo immaginate, visto che l'ad RAI Segio aveva confermato in palinsesto la sua trasmissione. Annunziata non “condivideva l'opera del governo“ e ha dato le dimissioni. Essendo una “reduce“, una comparsata da Zoro se l'è assicurata. Quindi i “martiri“ di Viale Mazzini non hanno subito alcun martirio. Cosa avrebbe potuto chiedere il nuovo board della RAI? Magari che le trasmissioni fosse più “bilanciate“ di quanto non fossero state in passato. Avendo veleggiato quasi sempre in solitaria verso Oriente.

Che poi mezza Italia si stia stracciando la camicia urlando alla “lottizzazione“ è patetico. Ho una certa esperienza, visto che per venti anno ho lavorato a Milano nell'azienda della Tv pubblica. Ho fatto l'inviato, il caporedattore, il conduttore del tg e (occasionalmente) del Gazzettino Padano. Non avendo fatto un concorso, ma avendo ricevuto una “chiamata“ passavo per lottizzato. Non lo ero, ma avevo le mie idee. Le avevano anche i “cupi“. Sono stato assunto con la qualifica di redattore. Al primo giro di nomine sono stato promosso vice-caposervizio. Destinazione l'area culturale. Il cui caporedattore era una collega “cupissima“. Talmente bieca da ignorarmi: ero per lei invisibile. Ho passato settimane a non lavorare, visto che non mi assegnava alcun servizio. Nel silenzio complice del comitato di redazione. Ad un certo punto “qualcuno“ le ha fatto capire che stava esagerando.

Per anni i nostri rapporti sono stati “buongiorno” e basta. Quando lei si degnava di rispondere. Poi, dopo che il Tg2 per il quale faceva l'inviata a Sanremo, la sollevò dall'incarico e il caporedattore di Roma indicò me alla direzione come suo sostituto decise di togliermi il saluto. Sono sempre stato debitore a Vincenzo Mollica per la generosità (lui era inviato per il Tg1) con la quale mi fornì (sprovvisto di immagini, che la signora tornando a Milano aveva provveduto ad imboscare) materiale di repertorio e numeri di telefono degli addetti stampa dei cantanti. Facilitandomi anche per un paio di interviste nel mio primo giorno al Festival. Ho firmato migliaia di servizi. Molti dall'estero. Sono stato accolto per sette anni alla Biblioteca Ambrosiana per una mia rubrica. Ho ricambiato facendone conoscere i meravigliosi tesori.

Il cardinale Tettamanzi per un mio speciale sul cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello che io spudoratamente avevo fatto sottolineare dalla chitarra del genio Mark di “Sultans of swing“, mi disse con affetto: “fantastico“. Mai ho ricevuto un complimento più gradito. Anche se in realtà il merito era (oltre che mio) del collega operatore e di un bravo montatore che aveva la passione della chitarra e che avevo fatto letteralmente impazzire in fase di progettazione del servizio. Ho intervistato a Bilbao un terrorista dell'Eta. Tina Turner (che recentemente ci ha lasciati) sul letto in un albergo di Montecarlo durante il Festival di Sanremo. Ho fatto realizzare ad una collega, supervisionandone il lavoro per il Tg2 Dosser (“La Fabbrica della Scala“), ne ho firmato uno io sulla “Rinascita della Scala“ dopo il restauro. Ho curato le dirette di 20 prime del Piermarini per il Tg2. Ho intervistato così tante volte Renzo Piano in Italia e all'estero che non riesco a rammentare il numero. L'ultima intervista in un hotel di Varese a Giovanni Testori, prima che mancasse l'ho fatta io. Il “girato“ fa parte del materiale prezioso finito alla Fondazione che porta il suo nome.  Ho inventato una rubrica di novità letterarie per la quale ancora la gente (rimpiangendola) mi ferma per la strada. Ho intervistato tutti i più grandi illustratori del mondo (Pratt, Manara, Mattotti, Claire Bretecher, Folon, Crepax, Greaser, Wolinski e tanti altri), tutti gli artisti e gli sceneggiatori della Bonelli, visto che di Sergio ero diventato un grande amico), ho per primo svelato il volto di Tiziano Sclavi (prima l'inventore di Dylan Dog metteva su una poltrona un cartonato) intervistandolo nella sua casa nei pressi del carcere di San Vittore. Ho seguito molti spettacoli di Strehler, ho curato mostre, scritto libri, partecipato a conferenze, insegnato all'Università Cattolica.

C'è un motivo se così tanto mi sono “imbrodato“: quando al ministro della Cultura Urbani (degna e preparata persona che per lavoro avevo precedentemente conosciuto) proposi un Tg Culturale, un format di mezz'ora cinque giorni su sette in preserale che coinvolgesse il suo ministero, ne ebbi i complimenti e la sua attenzione. Peccato che il partito RAI (che in RAI è più potente perfino dei partiti) non fosse d'accordo. La sinistra lo avrebbe voluto, ma diverso e soprattutto con sede a Roma. La RAI è romanocentrica e considera le altri sedi “colonie“. La Lega lo deformò fino a farlo diventare un ridicolo Tg delle Culture. La fazione cattolica pretendeva di visionare la scaletta per la “delicatezza del messaggio che sarebbe stato divulgato“. Morale (io, tra l'altro, non volevo muovermi da Milano, a Roma c'ero stato in commissione d'esame per i giornalisti per sei mesi: città meravigliosa abitata da gente che reputo insopportabile) non se ne fece nulla.

Fui ostacolato in tutti i modi. Alzarono le barricate. Fecero uscire articoli infami sul mio conto, sulla mia professionalità, sulla mia reputazione. Un giornale cattolico si distinse per il grado di infamia. La mia colpa: non avere (e mai ho avuto) una tessera di partito. Avevo la stima di qualche amico. Anche importante. Ma non così tanto da potermi far ottenere un programma sulla cultura in RAI. Nonostante (io reputavo) avessi le carte in regola. Ho ancora la proprietà del titolo del programma che depositai alla SIAE. Lo rivelai solo a Letizia Moratti sindaco di Milano: pensavo che se non un Tg nazionale (non sia mai che schiodino da Roma) almeno un programma culturale avrebbe potuto avere la forza di ottenerlo. Fose non ce l'aveva. O forse non era convinta che la cultura in Tv potesse servire a Milano visto che all'epoca stava lavorando (e con successo) all'assegnazione dell'Expo. O forse (anche se, nel caso, ha avuto il garbo di non dirmelo) non pensava fossi la persona adatta per condurre e gestire un programma di quel tip . Chissà.

Pensai (allora) fosse stata una grande cazzata non realizzarlo. Lo penso ancora. Ma non mi stupii più di tanto. Era già successo. Mi addormentai una “tornata“ caporedattore centrale (che a Milano vale una vicedirezione) con tanto di complimenti di un politico (che mi telefonò, nonostante io non lo conoscessi) e mi risvegliai sempre caposervizio. Come mi ero addormentato. In giornata mi chiamò nel suo ufficio il nuovo responsabile della redazione e mi disse: “So che su questa poltrona avresti dovuto sedere tu“. Gli offrii la mia collaborazione, nonostante continuassi ad avere la “cupa“ sul collo.

In RAI va così. Da sempre. In RAI non basta essere bravi e competenti. Anzi, meglio non essere troppo “brillanti“. La RAI non è un brigantino corsaro incline alle avventure: la RAI è una baleniera che naviga lenta e sicura. E' la lottizzazione, bellezze. La fanno anche per assumere una donna delle pulizie. E per dirla con il vecchio Humprey : “ Voi non potete farci niente : niente “ .  

 

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