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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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I sentieri di Cimbricus / Nella terra dei "fisici bestiali"

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Lunedì 7 Novembre 2022

 

antetokounmpo 


Un viaggio nel paese dalle 215 etnie – la Nigeria – diventata un serbatoio da cui attingere a piene mani per alimentare lo sport professionistico sulle due sponde dell’Atlantico. Dall’atletica al calcio, dal rugby al pugilato.

Giorgio Cimbrico 

Il Manifesto della Nigeria è un elenco di nomi illustri, di uomini dalle proporzioni vitruviane (raddoppiate, però …), che hanno alle spalle grandi successi e, in molti casi, un luminoso futuro. Non resta che citare il “greco” Giannis Antetokounmpo (nella foto) due volte giocatore dell’anno in NBA e stella dei Milwaukee Bucks, i britannici Anthony Joshua ex-campione mondiale dei pesi massimi, e Maro Itoje, seconda linea dell’Inghilterra, Victor Osimhen centravanti del Napoli, Tobi Amusan campionessa e primatista mondiale dei 100hs, Ese Brume vicecampionessa e bronzo olimpico nel salto in lungo.

A seguire, un imponente stuolo di calciatori che popolano tutte le leghe europee, dal Portogallo alla Turchia, Germania e Scandinavia comprese, di atleti che, in alcuni casi, hanno scelto gli Emirati, di figli e nipoti, dalle antiche e salde radici, che è facile trovare sotto altre bandiere. Uno dei più famosi, in questo senso, è stato Francis Obikwelu, argento olimpico, tre volte campione europeo ed ex-primatista europeo dei 100. Un bel raccolto per il Portogallo che l’ha accolto e ingaggiato. 

La Nigeria è l’unico paese africano dai numeri sovrabbondanti: all’ultimo censimento, 215 milioni di abitanti. Lagos, la capitale, ha toccato i 16 milioni ed è nella lista delle metropoli più pericolose al mondo, in compagnia di Johannesburg e di San Paolo. Le etnie sono 215: le maggiori sono gli Hausa Fulani, gli Yoruba, gli Igbo. 

Molti antenati, predati all’interno dai mercanti arabi e portati sulla costa, sono stati imbarcai in condizioni inumane da trafficanti portoghesi e spagnoli per finire in Brasile, in Colombia, nelle isole del Caribe, in America. Usain Bolt ha origini nigeriane? A giudicare dalle misure, dalle proporzioni e dell’apparato muscolare, la risposta è sì. E lo stesso può valere per le generazioni di sprinter fornite dalle isole nella corrente, dalle Bahamas e Trinidad. Se i loro avi non erano nigeriani, venivano sicuramente da zone vicine dell’Africa occidentale, in particolare il Dahomey dove i portoghesi avevano insediato un monopolio e costruito una fortezza che venne smantellata dalla flotta inglese dopo la riforma che abolì la schiavitù e che porta il nome dell’abolizionista William Wilberforce.  

Rimestando nel passato: Richard Ihetu, meglio noto come Dick Tiger, ha dominato la scena della boxe negli anni Sessanta conquistando le corone dei medi prima, dei mediomassimi poi; Innocent Egbunike risultò il più pericoloso avversario di Thomas Schonlebe nei 400 mondiali di Roma 1987 finendo a una ventina di centesimi dal DDR che, dopo 35 anni, continua a tenere in mano il record continentale; Chioma Ajunwa, reduce da una squalifica di quattro anni per doping, ad Atlanta lasciò a dieci centimetri Fiona May infrangendo il sogno dell’anglofiorentina di stringere nelle mani il doppio titolo mondiale e olimpico, e nella stessa edizione dei Giochi Falilat Ogunkoya andò appena dieci centesimi al di là dei 49.per finire terza. 

Nelle rete dell’antidoping è finita di recente Blessing Okagbare, argento mondale e olimpico dei 100, un record di 10”79: per lei una condanna così maxi da risultate definitiva, 11 anni. Più mite la pena toccata a Salwa Eid Naser, la dominatrice dei 400 a Doha 2019, 48”14 e terza di tutti i tempi. Malgrado le distrazioni di Salwa ai controlli a sorpresa, il titolo è andato e rimasto al Bahrain, la terra del padre. Quella della madre è la Nigeria.  

Sette nigeriani sono andati al di sotto dei 10 secondi nei 100. Guida Olusoj Fasuba, 9”85, seguito da Divine Oduduru 9”86, lo stesso tempo del “portoghese” Obikwelu. In amaranto Qatar, Femi Ogunode ha corso in 9”91 e anche lui ha avuto qualche noia con i controlli. Per la natia Gran Bretagna, Phillips Idowu è rimbalzato sino a 17.81, mettendo le mani su un titolo mondale, un europeo, un mondiale indoor e un argento olimpico. Coperto com’era di piercing, aveva difficoltà a passate i metal detector. 

Molte luci, qualche ombra su una terra specializzata nella produzione – e nell’esportazione – di fisici bestiali. Sublimi è meglio. Di questi tempi è sufficiente un aggettivo per scatenare rabbiose reazioni.

 

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