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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / "A pensare male si fa peccato, ma ..."

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Mercoledì 31 Agosto 2022

 

meloni 

“Uno solo che si presenti, dicendo di voler tagliare l’immane debito pubblico che ormai neppure si può scrivere? Quel debito che continua a correre e che ormai “pesa” su ogni neonato per una cifra superiore ai 20 milioni di euro”.

Andrea Bosco

Dal fresco dell’Aprica al caldo sudaticcio di Milano. Vacanze terminate, solite solfe, solite miserie meneghine: i tupamaros di Beppe Sala stanno piazzando altri otto chilometri di ciclabile in via Novara. Aspetto che la piazzino anche da Corso Magenta in Via Vincenzo Monti fino a Piazza Sei Febbraio per appendermi un cartello e andare a protestare in Piazza Scala davanti a Palazzo Marino contro il sindaco velocipedista: l’automobile in città non la uso quasi più. Ma la mia vita è sempre più a rischio tra bici, monopattini, scooters, dehors che hanno invaso i marciapiedi della città.

Lo faccia Sala e mi piazzo sine die sotto alle finestre del suo ufficio. Magari se si affaccia gli potrei chiedere se non si sente ridicolo a non aver fatto ancora molto in vista delle Olimpiadi del 2026. E come pensa di uscirne dalla vicenda Stadio, che sembra ormai una cosa da Alice nel Paese delle Meraviglie. “Bevimi” e “Mangiami”: il progetto dello Stadio di San Siro (o di Sesto San Giovanni?) si rimpicciolisce e aumenta, come nel celebre romanzo, a seconda delle settimane. Sala? Piancopanco o Pancopinco?

ELEZIONI – Prima di far rotta per Colico e poi su Milano ho letto i giornali e ascoltato i Tg. Un sondaggio di SKY sui trentacinquenni indica col 17% del gradimento Draghi come (primo in classifica) nel ruolo di presidente del consiglio. Seconda Giorgia Meloni con l’11%. Segue Giuseppi. Solo dopo la terza piazza Enrico Letta. Viene in mente la celebre frase di Nanni Moretti: “E con questi quando mai le vinceremo le elezioni?” Non serve Nanni: da dieci anni non le vincono. E da dieci anni governano: per grazia ricevuta. Resta da vedere se lo strano e litigioso trio – Berlusconi, Meloni, Salvini – sarà poi davvero in grado di governare. Già i due maschi guardano in cagnesco la signora, non capacitandosi come una che alle ultime elezioni stava al 3,8%, oggi venga indicata nei sondaggi oltre il 25 %. Ciofani: citofonare a destra e a sinistra. Le puttanate alla fine non pagano. E Giorgia Meloni ne ha sviscerate di meno, se non altro perché è stata all’opposizione.

Cacchi acidi, si dice: acidissimi saranno tra un mese. E non solo a causa del gas russo, “tagliato”. Fossi in Meloni farei una full in Andreotti: “A pensar male si fa peccato, eccetera”. E io che non la voterò (già, ma chi accidenti votare di questi qui che sanno di tutto – almeno fingono – tranne che di politica?) la inviterei e rileggere Virgilio: “Timeo danaos et dona ferentes”. Occhio a non “innamorarsi” come Didone: c’è sempre un Enea pronto a lasciarti col cerino in mano. Con i classici non sbagli mai. I trentacinquenni stanno sulla Luna e non c’è verso di farli atterrare sulla Terra. Scuola? Gratis. Università? Gratis. Sanità? Gratis. Trasporti? Gratis. Tasse? Esenti per almeno un triennio se investi per fare impresa. Gratis. Come in un film con Totò e Peppino. Questo vorrebbero. Del resto, perché meravigliarsi? Giuseppi chiede “più reddito per tutti”, come un Laqualunque.

E il post-vetero comunista Landini spiega di voler “prelevare” (come è forbito, lei, signor Landini: tradotto espropriare) il 100% degli extraprofitti di tutte le aziende e delle banche. Per la serie, il compagno Lenin al confronto era un “liberale”. Lui almeno il quesito “che fare?” se lo poneva. Non sono così ignorante da non sapere a quale proposito Lenin se lo ponesse. Era per perculare Landini che si è buttato in politica e che oggi ha una grande fortuna: non avere dall’altra parte della barricata Sergio Marchionne. Domandona: ma Landinius avrà mai sgobbato? Davvero, voglio dire, perché fare il sindacalista è come fare il giornalista: sempre meglio che lavorare, notoriamente.

Dico, da anarchico infame, senza Dio: ma uno, uno solo che si presenti, dicendo di voler tagliare l’immane debito pubblico che ormai neppure si può scrivere? Quel debito che continua a correre e che ormai “pesa” sulla debole schiena di ogni neonato per una cifra superiore ai 20 milioni di euro. Vergognatevi tutti a promettere “redditi”, bonus, sussidi, mance, dentiere, pensioni più alte, lavoro che non esiste. Vergognatevi a soccorrere i migranti senza poi sapere dove metterli, come assisterli. Senza dare loro un lavoro, un sostegno, un tetto, una speranza. Subito dopo Piazza Cadorna direzione Piazza Castello da due anni bivacca un vecchio uomo africano. Non è un clochard: è visibilmente un soggetto fragile. Con le sue bottiglie, con i suoi cenci, con i suoi biscotti. Straparla alla bottiglia, grida, si altera. Gli ho chiesto: “posso aiutarti?” Mi ha risposto: “Diablo”. Magari il demonio ha le mie fattezze, cosa ne so? Ho segnalato la cosa alla polizia che in Cadorna ha un presidio. L’uomo è ancora lì, abbandonato, solo, una res nullius che la città (sindaco Sala, porca la pupattola) ignora. Come lo vedo io, come lo sento io, è impossibile che altri non vedano e sentano. Forse qualche altro come il sottoscritto si è preoccupato. Ma non basta, evidentemente: non basta. L’old man è sempre lì a parlare con i suoi fantasmi.

RISI E BISI – Lo vedete mai il Tg5? C’è un bravo collega, Gioacchino Bonsignore, che magari non è un grande esperto culinario ma che “vende” con garbo il suo prodotto. Fa del bene a produttori e ristoratori. Ma vigliacca la miseria, una volta che salisse oltre la linea gotica. La cucina meridionale è splendida: meno quella romana, (sua prediletta), “pesante” come poche altre, anche quando è “rivisitata”. Ma al nord, c’è quella piemontese, quella lombarda, al centro c’è quella emiliana. E c’è quella veneziana. Non veneta, non quella meticcia. Quella veneziana che basa il suo meglio sul riso: il risotto con tutto. Piselli, zucchine, patate, vino, salsiccia, radicchio, carote, melanzane, zucca, pezzi di pollo, pesce. Mai mangiato Bonsignore, il risotto di schile? Mai mangiato il risotto con il cavolo? Però non farselo dire prima. Serve indovinare se siano cavoli o patate. Bonsignore, vai una maledetta volta in Laguna. Ma a Venezia, non a Chioggia, a Jesolo, a Caorle o nella bassa rovigotta. A Venezia.

E quando avrai finito fatti spiegare anche dove si mangiano i migliori “cicheti” della Serenissima. A Rialto c’è anche un locale che frequentava Giacomo Casanova. Ora è vietato produrlo, ma se glielo chiederai educatamente e gli allunghi un paio di banconote ti troveranno l’ormai introvabile “fragolino bianco” che a Roma non troveresti neppure interpellando Christie. Bonsignore, alza il culo dalla Capitale e vai a Venezia. La sua cucina è impareggiabile: a cominciare dai “bisi e risi” (non il contrario) e ai fantastici “bigoli in salsa”. Che non ti spiego cosa siano. E che tu (se ti è andata bene) avrai mangiato confezionati con quelli di Bassano. Che stanno a quelli veri quanto una BMW sta a una Ferrari.

Confesso: dopo aver letto l’intervista sul Corriere della Sera a Maurizia Cacciatori, mi sarebbe piaciuto avere (in altra stagione) una storia con lei. Perché ne ho ricavato l’impressione di una donna straordinaria capace di affrontare la vita come una “libellula” secondo la definizione di una mia carissima amica. Pozzecco doveva sposarla, ma una settimana prima delle nozze, il Poz fece come mio zio Stanislao detto Lao che doveva a Venezia andare all’altare con una maestra. E disse semplicemente: “non mi sento ancora maturo”. Aveva 44 anni e alle spalle una lunga storia di avventuriero alla Corto Maltese. Dopo alcuni mesi diede sue notizie: da Atene in Grecia. Anni dopo mi diede un indirizzo della capitale greca. Immagino lo avrete capito (io no, allora ero giovane e babbeo): era l’indirizzo di un bordello. Lao scrisse anche da luoghi incredibili, tipo le isole del Sud, Polinesia e dintorni. Morì abbastanza giovane, inevitabilmente, visto che beveva e fumava 100 sigarette al giorno. Ai suoi funerali ad Abazia, terra (allora) jugoslava c’erano duecento persone. La metà erano donne. Di varia anagrafe. E tutte, ma proprio tutte, piangevano. Come fontane.

Non si può non amare Gian Pozzecco. Era un giocatore assurdo per bravura, coraggio, incoscienza. Da allenatore ci sta mettendo il cuore. La Dea che è sempre un poco femmina di facili costumi gli ha voluto togliere Danilo Gallinari, che non è “fragile”: è solo sfortunato. Grave perdita per gli Europei, ma l’Italia a me sembra abbia temperamento. Non mi fido del pulsare di Petrucci. E fa male il mio amico Orso, che è un tenerissimo burbero, a “concedere” a Sughero, che da decenni galleggia ovunque: tra calcio e basket. Pentito per aver giubilato Meo Sacchetti? Pentito per il modo? A mio parere Sughero quel giorno ha stappato champagne. Ho conosciuto quando giocava Meo. Da allora non l’ho più frequentato. Ma per quanto ne rammento era di una pasta talmente diversa da quella di Sughero che francamente mi sono stupito abbia potuto resistere così tanto nel ruolo di CT. Sughero è un vecchio democristiano che “lenisce, sopisce” e fa di peggio. Fa come ha spiegato l’ex arbitro Morina, ha fatto Irrati a Torino per Juve-Roma: il democristiano. Con decisioni che hanno irritato gli juventini, ma hanno soddisfatto le gazzette: si è concesso al Var, il nuovo moloch al quale tutto sacrificare, emozioni, regolamento, spettacolo. Del resto ha spiegato alla fine Mourinho che “l’arbitro era stato perfetto al 100%”. Ora un Mourinho che loda l’arbitro di un Juve-Roma è una roba da Magritte: surreale. Qualche cosa non quadra. Infatti: checché ne pensi la Cassazione Rosa, non quadra.

“VOLARE” – A proposito di Roma: da quelle parti devono essere implosi dopo aver letto che il Premio Nobel, Bob Dylan ha inserito Domenico Modugno e “Nel blu dipinto di blu” (insomma, “Volare”) tra le 60 canzoni che hanno fatto la storia della musica leggera. Niente Venditti niente De Gregori, niente Dalla, niente De Andrè, niente Gino Paoli. Niente il “mediano” Ligabue. Per noi italici, una blasfemia. Ma quello ha scritto “Like a rolling stone”, a detta della rivista musicale che porta quel nome: “la più bella canzone mai scritta nella storia”. Con buona pace di Lennon, Elvis e Sinatra. A proposito: pare che l’Avvocato uditolo a Roma in concerto, per “My way” si fosse commosso. A testimonianza che in qualche raro caso “anche i ricchi piangono”.

Che labile memoria Luca Cordero di Montezemolo. Bellissima l’intervista di Aldo Cazzullo (chapeau) ma Luca Luca ricorda male: non fu l’Avvocato a volere Maifredi, fu lui a proporlo. Fu lui a sbarazzarsi di Dino Zoff che con una squadra imparagonabile al Milan di Sacchi aveva vinto “solo” una Coppa Italia e una Coppa continentale. A proposito di ricchi (Elkan genio della finanza, ma per lo sport lasciamo stare): ma chi glielo ha consigliato Mattia Binotto “mister scusa? Una a Gran Premio”? Spiegava il poeta che è “tempo di migrare”. Appunto, Binotto: il più lontano possibile da Maranello.

Ho letto anche il Doge Brugnaro, Che ha sbaraccato tutto. Nel maschile e nel femminile. Per l’anniversario della Reyer ha ricordato che l’austriaco Costantino che la fondò aveva i medesimi valori della sua Reyer: solidarietà, sociale, capacità di incidere nel tessuto urbano. “La Reyer – ha ricordato Brugnaro – è la prima società in Italia per il lavoro nel settore giovanile”. Non importa se da quel settore non usciranno giocatori buoni per la serie A. Importante escano uomini che possano diventare bravi cittadini. Brugnaro ha (come tutti, i suoi difetti) ma personalmente lo trovo un presidente straordinario. Come cittadino (che ha una casa a Venezia) qualche cosa avrei da dire (e da dirgli) ma non è questa la sede. Brugnaro ha avuto il grande merito, tra l’altro, di rilanciare il basket femminile in Laguna.

Sapete chi è l’atleta più atteso a Rialto? Non Spissu (bravo in Nazionale), non Moraschini, non il nuovo pacchetto di lunghi. L’attesa è tutta per Matilde Villa, la ragazzina di Costa Masnaga capace di far sognare per il suo modo di stare sul parquet. Lo sanno, al Taliercio, che non devono chiederle la Luna. Lo sanno che non è Rosy Bozzolo, non è Sottana e non è Zandalisini. Non è “ancora”, così. Ma può diventarlo. Se lavorerà sodo e se non le chiederanno l’impossibile. Ma il talento è cristallino e il suo destino sembra segnato: futura Dogaressa. Non dico di più. “Sono veneziano, non voglio seminar disgusti, anzi sopirli”. Apre così Alessandro Marzo Magno nel suo “Venezia” edito da Laterza, citando Antonio Grimani, provveditore generale di Palma nel 1617. Io sono di Campo San Boldo, “campo di guerra” come si diceva quando ero ragazzo. Evito i dettagli. “Sopire” (Don Lisander ha scritto il romanzo perfetto ma continua a starmi sui maroni) non fa parte del mio vocabolario. Grimani democristo ante litteram? Chi l’avrebbe mai detto.


 

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