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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Piste&Pedane / Infortuni o solo scelte tecniche?

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Mercoledì 6 Luglio 2022

 

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Fatta la squadra (mondiale), trovate le assenze. In questa nuova età dell’oro (Mei dixit), c’è qualcosa che sfugge. A parte i difficili momenti psicologici di Jacobs e Tamberi (si, proprio loro due), tutto il resto è a posto?

Daniele Perboni

C’era una volta il “Rinascimento”. Non quello classico, studiato sui libri e conosciuto grazie a grandissimi maestri e artisti. C’era una volta il rinascimento del mezzofondo italiano. Ricordate le esaltanti cavalcate di campioni come Antibo, Cova, Panetta, Bordini, lo stesso Mei? Gli eredi? Lo zero termico. Tre, quattro generazioni perse per strada, mai esplose a livello internazionale, se non in sporadici casi. Poi … Poi ecco il rinascimento a cui si accennava poc’anzi. Non sono trascorsi secoli e neppure decenni. Solo una stagione, un breve ma intenso ciclo in cui ci eravamo illusi della rinascita di questo settore.

Nulla di eclatante, clamoroso, da poter sognare ad un ritorno ai fasti del passato. Qualcosa di tangibile, comunque, pareva essersi messo in moto: i record italiani di Yeman Crippa, prestazioni che avvicinavano primati vecchi decenni, podi internazionali importanti. Giovani saliti alla ribalta senza timori reverenziali, continui miglioramenti cronometrici. Ora purtroppo tutto pare svanito, sin troppo repentinamente, anche se il “solito” La Torre continuava a ripetere di non cedere alle lusinghe di una nuova età dell’oro. Che cosa è rimasto dei fasti della stagione olimpica?

A riportarci alla cruda realtà ci pensa il solito vecchio amico, forse rompiballe, forse rognoso, ma sicuramente attento e vigile. Soprattutto ne capisce, eccome se ne capisce di questa dottrina chiamata atletica, e di corsa media e lunga soprattutto. Ha l'occhio lungo. Lui. È in spiaggia, lo capisco dal vento, non certo nei capelli: «Hai visto i convocati per Eugene? Ti sei accorto che manca qualcuno?»

CRIPPA – Guardiamo attentamente e … sorpresa. Accidenti! Sono sparite le voci 1500, 10.000, Maratona e, fra le donne, a parte i 1500 con tre rappresentanti, identica situazione. Ma quello che più “ci fa strano” è proprio il vocabolo diecimila. Ma come, e Yemen Crippa? Una dimenticanza? Ci sta. Magari nella fretta della trascrizione. No, cari lettori, il ragazzo trentino è stato proprio cancellato. Chiediamo lumi al telefonante. «Ha un piede gonfio, non si allena da una settimana». Edema chiariscono i soliti bene informati.  Azz… e con questa pietra rotolante aumenta il lavoro del “soccorso rosso”.

Pare il giorno dopo le battaglie di Campaldino, Lepanto, Curtatone e Montanara. E il sito FIDAL, sempre così attento a elogiare ed esaltare le prestazioni azzurre? Un cinema muto, senza neppure il pianista ad accompagnare la marcia funebre. Eppure di spiegazioni ne servirebbero. Tante, approfondite. I “perché” senza risposta si accumulano, mentre servirebbe analizzare e sviscerare proprio quei perché, evitando così strumentalizzazioni e imprecisioni e le solite voci di corridoio.

SIEPI – Oltre a Crippa (27’16”18 a Londra il 14 maggio), primo in Europa e decimo a livello mondiale, in lizza nei 10.000 iridati e intenzionato a doppiare 5 e 10.mila a Monaco, mancano all’appello anche i due gemelli Zoghlami, Osama e Ala. In elenco solo Ahmed Abdelwahed (8’10”29 al Golden Gala, ottava prestazione mondiale stagionale e terza All-time in Italia). Pare che il loro tecnico, Gaspare Polizzi, abbia preferito risparmiarli per i Campionati Europei. Scelta saggia? Sicuramente in ambito continentale hanno maggiori possibilità di avvicinare il podio se non salir ai gradini più alti. Sono sempre le graduatorie a parlare: Ahmed e Osama, guidano la truppa del vecchio continente. Ma nel mondo… Là in cima saltano fossi e barriere a ritmi per ora insostenibili per gli alfieri azzurri: 7’58”28, El Bakkali, targato Marocco, 7’58”68, l’etiope Girma e 8’06”29 il connazionale Amare. 

Altro pozzo artesiano i 1500. Qui i migliori rispondono ai nomi di Osama Meslek (3’37”25) e Pietro Arese (3’37”30), rispettivamente 87º e 88º al mondo, a cinque secondi dalla vetta, detenuta dal britannico Wightman. Identico destino da carta carbone per la maratona. Vuoto pneumatico. Troppo distante l’eccellenza guidata dalla stella polare Kipchoge (2h02’40). Il migliore azzurro è Iliass Aouani, 125º in lizza con il 2h08’34 centrato a Milano il 3 aprile, seguono Meucci (2h09’25) e El Fathaoui (2h20’22).

DONNE – 800 con Elena Bellò, ventesima quest’anno al mondo con 1’58”97. Anche per lei le porte della finale sembrano sbarrate, pur contando su un eventuale miglioramento cronometrico. 1.500: meritano la convocazione le tre ragazze: Del Buono (4’03”45), Sabbatini (4’01”93) e Vissa (4’04”64), preferita alla più giovane Cavalli ma con un tempo peggiore (4’05”79). Viaggiano su tempi discreti, ma non così “profondi” da permetter loro un accesso alla finale a 12. A meno di un miracolo. Anche per le ragazze il libro si ferma a queste pagine.

Dimenticavamo Luminosa Bogliolo, un’altra letteralmente sparita. Dopo il 12”99 di Savona è andata incontro ad una serie di risultati sempre ben oltre i 13 secondi, sino al 13”04 di Turku il 14 giugno. Infortunio? Problemi tecnici? Le inevitabili voci di corridoio sussurrano di dissapori con i due allenatori (Dotti per gli ostacoli e Madonia per la velocità).

Una domanda doverosa. Tutti questi “accidenti” muscolari li possiamo considerare semplici coincidenze –, e molti e famosi investigatori non credono alle coincidenze –, oppure si tratta di scelte tecniche errate? Chiediamo, così, sempre per il solito vecchio amico che sta aspettando sulla spiaggia.

 

 

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