- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Il peso pesante degli oriundi

PDFPrintE-mail

Sabato 26 Febbraio 2022

 

ponzio-nick 

Il fenomeno è piuttosto datato e gli esempi sono tanti e vengono da lontano (guardando al rugby, per esempio). Ma è anche vero che nel peso – prima fila dell’atletica azzurra – stiamo diventano una vera potenza mondiale.

Giorgio Cimbrico

Il giorno degli oriundi è venuto in Polonia, a Torun, la città di Copernico e della sua rivoluzione: il baffuto Nick Ponzio, californiano, un nonno siciliano, 21.53, sei centimetri dal record italiano indoor del fiorentino Leonardo Fabbri; il barbuto Zane Weir, sudafricano, un nonno triestino, 21.50, a nove centimetri dallo stesso limite. Italiani di freschissimo e fresco conio: Nick, a Tokyo, non ha superato la qualificazione, Zane è finito quinto: dopo le cinque medaglie doro, il miglior piazzamento della spedizione.

Se World Athletics introducesse – o introdurrà … – il peso a squadre, l’Italia, che in questo momento ha come terza forza Leo detto Fabbrino, ha buone chances di finire seconda, alle spalle degli Stati Uniti. A Torun, in un’ufficiosa competizione, battuta la Polonia, una potenza.

All’aperto, in Sudafrica, Weir ha già lanciato a 21.65 e Ponzio, dall’abbigliamento diciamo così pirotecnico, aveva esordito con un 21.85 ai Millrose Games, annullato per errata posizionamento del sistema di misurazione, particolare costato l’azzeramento del record mondiale assoluto, 23.38 di Ryan Crouser. A occhio, alle misure andava tolto una yarda.

Ai Mondiali indoor di Belgrado Nick e Zane possono puntare in alto: Crouser (se ci sarà), il croato Mihaljevic, il polacco Bukowiecki, il brasiliano Romani e poi loro, giusto nei giorni in cui verrà celebrato il mezzo secolo di una delle imprese del più grande degli oriundi: Marcello Fiasconaro.

In diecimila al Palasport di Genova, 15 marzo 1972, per l’attacco al record del mondo indoor dei 400, sparring partner il piccolo polacco Andrzei Badenski e missione compiuta in 46”1 dentro un lungo boato –, perché Marcello è stato un fenomeno mediatico ante-litteram, perché era simpatico a tutti, perché era generoso come quelli che vengono dal rugby, perché parlava l’italiano a modo suo ma sentiva robustissime le sue radici: papà Gregorio, aviatore, prigioniero di guerra in Sudafrica, cantante d’opera, musicista, direttore d’orchestra, era siciliano. “Sono un italiano nato in Sudafrica”, sintetizzò Marcello che l’anno dopo andò in meta con il record mondiale degli 800 nell’Arena, sulla pista che aveva visto la corsa che anticipava il futuro di Rudolf Harbig.

Colonna sonora: “Raimundo l’oriundo” del Quartetto Cetra, un omaggio a uno dei primi che scelsero la terra dei padri, Orsi detto Mumo, di Avellaneda, campione del mondo con i Pozzo’s Boys nel 1934. Dopo, ne vennero molti altri: chi più giovane non è, ricorderà gli “angeli dalla faccia spora”: Maschio, Angelillo e Sivori.

L’Argentina permette un passaggio dal calcio al rugby: per l’Italia hanno giocato in trenta, strateghi dalla mente lucida e il piede saggio (Dominguez), uomini con i volti e le attitudini da prima linea (Castrogiovanni, Nieto, Aguero), “torri” come Dellape. L’ultimo è Ivan Nemer di Mar del Plata, una nonna napoletana.

Degli oriundi non approfitta solo l’Italia. Moderne “oche selvagge”, scozzesi per qualche rivolo di sangue hanno trovato la rotta che li ha portati a infilarsi nella maglia blu con cardo e a cantare con commozione “Flower of Scotland”. Bene precisare che della categoria non fanno parte gli eleggibiii (ed … eletti) sudafricani Duhan van der Merwe, Wp Nel e Pierre Schoeman e l’australiano Sam Johnson, ex League. Quanto a James Bhatti, nato nella storica Stirling, è di famiglia indiana. Più scozzese lui di tanti altri. 

Molti altri sono arrivati dopo complessi itinerari e opportune scelte, personali e della Union. Significativi quelli di un paio di ex: Sean Maitland, padre scozzese trapiantato in Nuova Zelanda e madre maori-samoana, e Tommy Seymour, nato a Nashvlle, Tennessee, cresciuto a Dubai e poi a Belfast, acquisito grazie alle origini della madre. Stesso grado di parentela che ha qualificato Kyle Steyn, nato in Sudafrica. 

Hamish Watson, micidiale placcatore, autore di una serie di tackle consecutivi superiore e quota 160, ha visto la luce a Manchester ma la provenienza dei nonni gli ha garantito la selezione. Stessa situazione di Andy Christie, padre nigeriano e mamma inglese, e di Kyle Rowe, nativo di Ascot, dove i cavalli galoppano veloci. Una delle novità, internazionale dai test novembrini, è Sione Tuipulotu, centro e ala venuto al mondo nello stato di Victoria, Australia, da padre tongano ma con una provvidenziale nonna originaria di Greenock, sull’estuario del Clyde. 

Mettendo da parte richiami più o meno romantici legati alla storia, tutto questo può avere una morale, legata alla sublime arte di arrangiarsi della Scozia che, già piccola di per sé, ha un aereale rugbystico limitato alla fascia di territorio attorno al “border” con l’Inghilterra e alla linea che corre tra Edimburgo e Glasgow. Più su, nelle Highlands, preferiscono dedicarsi ad altre specialità. Per quelli delle “terre alte” il rugby rimane lo sport degli inglesi. E grazie all’aiuto di un paio di continenti, il peso si è trasformato, con lo sprint, nella prima forza dell’atletica italiana.

 

Cerca