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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Osservatorio / Pechino 2022: proviamo a ragionarne

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Domenica 20 Febbraio 2022


      pechino22-chiusura


Come ad ogni chiusura olimpica, tutto si focalizza e si esaurisce nel conteggio delle medaglie (per di più, questa volta, con più di una forzatura). Ma nella nostra situazione non sarebbe il caso di qualche lettura più approfondita?


Luciano Barra


Sono stati di certo i Giochi più difficili di questi ultimi 50 anni, sotto molti punti di vista. Sono stati difficili per chi era sul posto e per chi li ha dovuti seguire da lontano. Sono stati difficili per le polemiche politiche che li hanno preceduti, per le severe restrizioni sanitarie messe in atto dai Cinesi, per le polemiche legata ad una giovanissima pattinatrice russa, e, per rimanere ai fatti di casa nostra, anche alle polemiche di alcune delle nostre più importanti atlete.

Scrolliamoci di dosso questi orpelli sperando che nessuno abbia atteso la fine dei Giochi per far sentire i tamburi di guerra non molto lontano da noi. Intanto ci tengo a ricordare che questi Giochi hanno segnato il “sorpasso” di Gianni Merlo su Giampaolo Ormezzano come presenze ai Giochi: 26 a 25. Mentre in testa rimane Pescante con 28 presenze.

GRANCASSA – Come sono andati i Giochi per noi? Il bicchiere pieno è relativo al numero delle medaglie vinte. Le proiezioni del 2021 ce ne davano 12 e quindi averne vinte 17 è un buon successo. Fa bene Giovanni Malagò a suonare la grancassa e ad evidenziare gli aspetti positivi di questa Olimpiade. Fa bene perché nella mediocrità generale del nostro Paese, lo sport è sicuramente un’eccellenza. Purtroppo il medagliere classico viene definito dalla quantità di medaglie d’oro e lì siamo stati deludenti. Con due medaglie d’oro (lo stesso numero della Nuova Zelanda!) siamo finito al 13° posto nel medagliere. Invece calcolando il numero totale delle medaglie saremo al 9° posto.

Molti commentatori poco informati (ci ha provato persino il presidente del CONI, poi nella conferenza finale ha glissato) hanno esaltato il fatto che le 17 medaglie vinte rappresentavano il secondo bottino di sempre, dietro alle 20 di Lillehammer e prima delle 14 di Albertville. Troppi hanno dimenticato che a Pechino le gare sono state 109 contro le 57 di Albertville e le 61 di Lillehammer, fra il 40 ed il 50% di più. È come se nel calcio si facesse un paragone nei punti o nei gol segnati fra un campionato a 20 squadre od uno a 16. Mai dimenticando che ad Albertville con 14 medaglia l’Italia si classificò al 6° posto nel medagliere ed a Lillehammer con 20 ad un incredibile 4° posto. Ora con 17 medaglie siamo al 13°!

A livello individuale ovviamente ogni medaglia ci ha fatto gioire. Personalmente ritengo la medaglia d’argento della Goggia la più prestigiosa. La discesa libera negli sport invernali equivale ai 100 metri nei Giochi estivi. Insieme a lei la Fontana per le tre medaglie vinte, di cui una d’oro, e per il record di 11 medaglie complessive. Ed in terza posizione il sorprendete oro del Curling. Merito a tutti gli altri anche se è difficile classificarle.

PARAGONI – Anche qui in un paragone con Albertville e Lillehammer è impietoso. Non dobbiamo dimenticare che quelle medaglie portavano il nome di Tomba, Compagnoni, Belmondo, Di Centa, De Zolt, Albarello, Fauner, Kostner, Paruzzi, Zoeggler, etc. per citare le più prestigiose ed il nome di campioni che sono ancora saldamente incisi nella storia dello sport. A conferma che le medaglie si contano, ma vanno anche pesate.

Come abbiamo detto all’inizio fa bene il Presidente del CONI a suonare la grancassa, ma deve anche avere la onestà professionale nel leggere la parte del bicchiere mezzo vuota. E la lettura deve per forza essere proiettata verso i Giochi del 2026 che si giocheranno in casa.

Intanto non capisco quale calcolo sia stato fatto per sostenere che l’età media dei nostri medagliati è di 26 anni. Io ricordo che nel 2026 i nostri medagliati, e mi riferisco solo alle medaglie individuali, sempre ammesso che saranno presenti, avranno le seguenti età: Omar Visentin (37), Federico Pellegrino (36), Arianna Fontana (35), Federica Brignone (35), Dorothea Wierer (35), Francesca Lollobrigida (35), Dominik Fischnaller (34), Sofia Goggia (34), Davide Ghotto (33), Michela Moioli (33) e Nadia Delago (29). Ci sarà bisogno di una forte cura di Gerovital per tenerli tutti in buona attività agonistica nel 2026!

Ma credo che Malagò debba, forse non pubblicamente, ma all’interno delle sue mura, non solo chiedere opportuni finanziamenti per preparare Milano/Cortina 2026. I problemi stanno altrove e sono strutturali e tecnici. E mi spiego meglio.

Va ricordato che per gli Sport Invernali esistono 7 Federazioni Internazionali che controllano 15 diversissime discipline. Di contro, in Italia esistono solo due Federazioni: La FISI (che è responsabile per lo Sci Alpino, Sci di Fondo, Salto dal Trampolino, Combinata Nordica, Biathlon, Freestyle, Snowboard e, sorprendentemente, Bob, Skeleton e Slittino che si svolgono sul ghiaccio) e la FISG (che è responsabile per l’Hockey su Ghiaccio, Pattinaggio di Figura, Pattinaggio su Pista Lunga, Short Track e Curling). Come è avvenuta questa innaturale suddivisione è una lunga storia. Di fatto e senza alcuna logica la maggioranza delle discipline hanno preferito accasarsi sotto la FISI al fine di usufruire del traino di immagine e delle risorse dello Sci Alpino. Tutto ciò è servito fino a quando lo Sci Alpino è stato vincente. Attualmente questa situazione solo un forte handicap.

È pure vero, come ha detto Malagò nella conferenza stampa di ieri, che l’Italia ha vinto medaglie in 8 discipline sulle 15 in programma. Ma questa classifica va letta più in profondità. Solo un paese ha vinto in 10 discipline, la Russia, mentre tre (Norvegia, Germania e Canada) in 9. Ma che dire dell’Olanda che totalizza 17 medaglie come noi, di cui 8 d’oro, in due sole discipline o la Svizzera che ne ha vinte 18, di cui 7 d’oro, in tre?

FEDERAZIONI – E’ vero invece che le 10 discipline aggregate sotto la FISI, per un totale di 76 gare, hanno vinto 9 medaglia e le 5 sotto la FISG, per un totale di 33 gare, ne hanno riportate 8. E qui va evidenziato il netto miglioramento del Pattinaggio su pista lunga. Come non ricordare che siamo rimasti all’asciutto in discipline che hanno scritto la storia dei nostri sport invernali, discipline come lo Sci Alpino maschile, lo Sci di Fondo, il Bob. Senza palare della cronica assenza nel Salto dal trampolino e nella Combinata nordica.

Cosa voglio dire? Ma non sarebbe l’occasione di, passatemi il termine, “disingolfare” la FISI da discipline che nulla hanno a che fare con la struttura e soprattutto di dare cittadinanza a quelle che hanno bisogno di autonomia promozionale ed economica? Non sempre la quantità fa qualità, ma nel nostro caso parliamo di discipline che vantano solo qualche centinaio di praticanti agonistici. E ciò non può garantire alcuna ambizione agonistica.

Ovviamente negli aspetti strutturali non va dimenticata la nostra carenza di impianti delle discipline del ghiaccio.

E poi rimane l’aspetto tecnico che le polemiche di questi giorni hanno evidenziato. Come nel nuoto e nell’atletica, anche nelle discipline invernali si sta affermando il binomio atleta/tecnico personale. Ma nell’atletica e nel nuoto ci sono dei signori che rispondono ai nomi di Cesare Butini o di Antonio La Torre, tecnici che hanno la capacità di gestire i difficili aspetti individuali di questa scelta tecnica. Nelle discipline invernali, a parte Marchetto e Fabris nel pattinaggio in pista lunga, non vedo figure in grado di gestire queste problematiche. Sfido chiunque a ricordare e citare i nomi dei Direttori Tecnici delle varie discipline.

Sentire poi che il presidente della Federazione Ghiaccio affermi di non aver parlato con la Fontana da quattro mesi (ma voi l’avreste mai dichiarato?) ed il presidente del CONI invece ammettere di averle parlato più volte in questi mesi, non fa riflettere? Dopo Tokyo ho scritto che uno dei motivi del nostro successo ai Giochi Estivi andava ascritto al presidente del CONI, il vero capo della Preparazione Olimpica, e al suo dare del tu, non grammaticalmente, a tutti gli atleti. Ma devo anche dire che se ai miei tempi Carraro, Pescante o Gattai si fossero permessi di telefonare agli atleti si sarebbero beccati delle pubbliche steccate sulle mani.

Vi siete domandati perché avviene tutto questo? Perché in questi ultimi venti anni il livello dirigenziale (Presidenti e Segretari Generali) e tecnico delle Federazioni si è dissolto nel nulla ed oggi necessariamente il tramite diretto è tra il presidente del CONI e gli atleti. Ed il fatto che il CONI non si “sporchi le mani” nella scelta delle direzioni tecniche è un grave errore. Non pensate che anche per la Scherma la mancanza di un Direttore Tecnico Unico – come nel passato era, ad esempio, Attilio Fini – non sia la causa delle continue polemiche e quindi del calo del nostro tradizionale dominio in questo sport? 
 

 

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