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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Le realta' nascoste dell'Olimpiade

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Giovedì 29 Luglio 2021

 

skate 


Questi strani Giochi offrono un’messaggio di ecumenismo che l’Olimpiade degli affari, l’Olimpiade fiera-mercato degli articoli sportivi, vedi skateboard, vedi biciclettine, vedi equipaggiamento per il triathlon, ecc ecc) sembrava aver messo da parte.

Giorgio Cimbrico

Non c’è spazio per il pubblico ma c’è spazio per tutto il resto, a cominciare dai ricchi premi che il CONI si accinge a pagare. All’alba del 29 luglio, a spanne veleggiava già verso i due milioni. Non sono al corrente delle cifre previste da altri comitati olimpici rilevanti ma ho idea che non raggiungano i 180.000 per l’oro, i 90.000 per l’argento, i 60.000 per il bronzo dei patri forzieri. Alla fine, comunque, è la decima, dodicesima parte di quel che prende CR7.

C’è spazio anche per notare che lo sport italiano è militarizzato come lo era quello della DDR ma l’accostamento finisce qui. Quelli con il martello, il compasso e i fasci di grano non venivano vestiti da uno stilista famoso e ambito.  

C’è spazio per belle storie, quella di Tom Daley, a esempio, l’ex-ragazzo prodigio che ora ha un marito, un figlio e dice: “sono gay e sono campione olimpico”, tra l’altro, battendo i tuffatori cinesi che è più o meno come battere gli All Blacks. Tom ricorda e piange un padre che l’aveva compreso e con cui “non sono riuscito a bere una pinta al pub”. O come quella di Adam Peaty, l’uomo illustrato (vedi tatuaggi) e l’uomo rana, felice di esser diventato padre, ma pronto a confessare che andare in giro a gareggiare gli garantisce notti di sonno filato. Senza poppatoi da intiepidire.

C’è spazio anche per loro, i piccoli, i poveri, i dimenticati, i nati da difficoltose e spesso tragiche separazioni, i minacciati. Il Kosovo è, per un tempo che sarà breve, nei pressi del G10 dello sport: due medaglie d’oro nel judo; le Filippine festeggiano la prima vittoria di sempre con una piccola sollevatrice di pesi che in questo momento, in quella galassia di isole, è più amata di Manny Pacquiao; Hong Kong trova la stoccata giusta per il titolo del fioretto molto europeo, molto italiano, e per far parlare della spoliazione dei diritti cui la vecchia gemma del’Impero è sottoposta. C’è perfino spazio per Singapore.

I Giochi del silenzio, delle porte chiuse si aprono a queste realtà, a queste novità, concedono spazio e podi a stati nati dall’implosione sovietica (l’Uzbekistan), a paesi (l’Iran) al centro di tensioni di lunga data o eletti (la Thailandia) a meta di turismo non sempre eticamente pulito. Tolta la scherma, i piccoli raccolgono negli sport poveri e dei poveri, quelli che hanno bisogno di modeste strutture e che pescano nello spirito combattivo, nella lotta, nell’esibizione di una qualità naturale, la forza.

Ghada Shouaa, siriana, oro nell’eptathlon di Atlanta venticinque anni fa, si allenava su uno sterrato e mise in fila quelle che avevano strutture, tecnici, mezzi. E’ il grande problema del Terzo Mondo dello sport: impianti modesti o su cui un atleta “ricco” non metterebbe piede, attrezzature vecchie, livello tecnico insufficiente.

E’ sufficiente affrancarsi da quelle realtà perché il metallo prezioso esca in superficie: Ernest Obiena, filippino, trapiantato a Formia, allenato da Vitali Petrov, l’allenatore di Sergei Bubka, di Beppe Gibilisco, di Thiago Braz, è salito tappa dopo tappa a 5.85. E Hugues Fabrice Zango, dopo aver lasciato il Burkina Faso, ha trovato in Francia le condizioni per trasformarsi in un serissimo candidato alla vittoria nel salto triplo. Gli africani non sanno solo correre in pista e su strada. Ci sono anche quelli non nati nell’aria fina degli altopiani.

Non è il talento che manca, mancano i soldi, l’organizzazione. Prima dell’esplosione di Usain Bolt, i giamaicani finivano tutti e tutte nei college americani. Tutto quello che il Lampo ha prodotto è servito a fermare la diaspora, a consolidare la struttura, a cercare eredi.

E così i primi giorni di questi strani Giochi offrono un’messaggio di ecumenismo che l’Olimpiade degli affari, l’Olimpiade fiera-mercato degli articoli sportivi, vedi skateboard, vedi biciclettine, vedi equipaggiamento per il triathlon, etc etc) sembrava aver messo da parte. E’ piacevole ed è commovente.

 

 

 

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