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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Osservatorio / Un grande atleta e' sempre un buon dirigente?

Lunedì 21 Giugno 2021

 

mei-chorzow


Chiamali, se vuoi, errori di strategia o semplici infortuni di gestione. Ma ad appena cinque mesi dall’incoronazione del nuovo presidente, l’atletica pare avere qualche problema in più. Esageriamo?

Luciano Barra

Non ricordo se a Firenze, o alle esequie di Paola Pigni, mi è stata posta brutalmente la domanda “Ma perché tu ce l’hai così tanto con Stefano Mei”. La mia risposta è stata: “Io con Stefano Mei non ce l’ho proprio. Perché dovrei avercela. È stato un grande atleta quando ero Segretario Generale della FIDAL e con lui ho sempre avuto, e tuttora ho, buoni rapporti. Scherziamo via WhatsApp o quando ci incontriamo parlando di un comune amore, l’atletica. Io ce l’ho con il Presidente della FIDAL perché lo ritengo inadeguato e questa è un’altra cosa”.

E qui nasce una domanda che spesso ci siamo fatti: un grande atleta è automaticamente un buon dirigente? Purtroppo non sempre, anzi. Ho già raccontato quando un giorno ero nel mio ufficio al CONI quando mi chiamò Pescante, allora presidente, che mi disse “Senti qui con me e Pagnozzi c’è Mennea che ci ha comunicato che vuole candidarsi a presidente della FIDAL. Non siamo riusciti a convincerlo di non farlo. Fra un po' esce e tu fatti trovare fuori e parlaci.” Così feci e spiegai a Pietro che non sarebbe stato facile candidarsi perché Gola aveva una salda maggioranza e che fossi stato in lui mi sarei candidato a Consigliere, per fare un’esperienza di quattro anni da dirigente, e poi dimostrate le sue capacità avrebbe eventualmente potuto candidarsi.

Sappiano come finì, lui non rinunciò alla sua idea. Su 120 delegati al Congresso ne racimolò due e quindi si ritirò. Successivamente ci ha provato Franco Arese, purtroppo anche lui mezzofondista – lo dico con dispiacere da vecchio e mediocre mezzofondista – come Stefano Mei. Ad Atene durante i Giochi di Atene andammo a pranzo nel mio albergo e mi chiese se io avevo intenzione di candidarmi alla Presidenza della FIDAL, in quanto ero appena andato in pensione dal CONI. Io gli risposi che se lui voleva candidarsi io ero ben lieto e l’avrei aiutato. E così fu e lo appoggiai. Poi quando ero già a Torino per i Giochi Invernali mi invitò a Cuneo e gli detti due consigli: il primo era quello di formalmente lasciare l’azienda di sua proprietà (l’ASICS sponsor della FIDAL, e quindi in pieno contrasto d’interesse) ed il secondo di trasferirsi a Roma per almeno sei mesi. Lui non fece nessuna delle due cose e complice il CONI (famosa la dichiarazione di Petrucci “si può fare il Presidente anche via telefono”) fece il Presidente via telefono da Cuneo, quando il suo telefono non era impegnato con il business, fra cui la vestizione delle squadre Olimpiche e la sponsorizzazione di Torino 2006.

I suoi 8 anni sono da considerare i più bui dell’atletica italiana per risultati e per posizionamento d’immagine dell’atletica. La fine del suo regno fu segnato dal caso positivo di Schwazer, abbandonato tecnicamente dalla Federazione un paio di mesi prima dei Giochi di Londra. Fu poi fortunato a dover ritirare la sua candidatura per altri 4 anni causa problemi di salute. Ne sarebbe uscito massacrato aggiungendo ai 4 anni di presidente del Comitato Regionale Piemontese questa ulteriore esperienza negativa al vertice della Federazione Nazionale.

Ora ci ha riprovato un altro mezzofondista. Phisique-du-role e cravatte molto sgargianti, ma sono sufficienti? Non mi pare proprio. Nei mesi passati ho avuto modo di sottolineare i molteplici ed innumerevoli errori di strategia e di gestione. Possibili da ricordare in poche parole:

a) illusione di poter governare con un pacchetto di voti pari al terzo dell’assemblea. Bastava leggere uno dei tanti trattati di Enrico Cuccia per capire cosa fare;

b) non scegliersi intorno una squadra di collaboratori che rafforzassero e coprissero le sue carenze ed i suoi limiti (ce li abbiamo tutti);

c) immolarsi in maniera goffa e suicida nella vicenda Schwazer andando contro tutta una serie di autorità internazionali;

d) esternare contro l’attuale Settore Tecnico Federale a pochi mesi dai Giochi Olimpici, per poi – visti i buoni risultati conseguiti dall’attuale direzione - virare con complimenti speciosi e stucchevoli;

e) non essere in grado di pubblicare dopo 5 mesi di presidenza l’annuario della FIDAL che ha 90 anni di storia di cui 60 consecutivi.

Ma di recente ha dimostrato la sua incapacità a gestire una Federazione complessa, ma anche gloriosa come quella dell’Atletica, con episodi di per sé banali ma molto significativi. Tralascio le gaffe protocollari di Firenze nei confronti di alcuni importanti membri del Consiglio Federale; o la dimenticanza delle norme Covid in tutta una serie di pranzi e cene dove il limite di un massimo di sei commensali, quando si è al coperto, non viene rispettata, e per uno che veste la divisa della Polizia è molto grave; venire surclassato in occasione delle esequie della Pigni dalla proposta di Gianni Gola di intitolare a Paola la Stadio della Farnesina, proposta immediatamente raccolta dal Presidente del CONI; tralascio la scortesia di voler ignorare la presenza di Mario Pescante e del sottoscritto ai funerali di Paola , dettagliando invece la presenza di altri Presiedenti del CONI ed ex-Segretari Generali. Ma il massimo è stato toccato qualche giorno dopo. Può sembrare un episodio banale ma non lo è perché la controprova di una dimostrata incapacità a gestire un organismo così complesso come la FIDAL.

Incontro avvenuto alla FIDAL la settimana scorsa con il dimissionario Direttore del Golden Gala Gigi D’Onofrio, al fine di transare le pendenze a lui dovute dopo le sue dimissioni. Scena di apertura del tutto “fantozziana” con imposizione di un “lei” invece dell’abituale “tu”. Sul tavolo la necessità di trovare un accordo nella pendenza a favore di D’Onofrio di qualche migliaio di euro. Accordo non raggiunto e quindi prossima vertenza che potrebbe costare di spese legali più dell’ammontare in contenzioso. Non ci è dato di sapere se la rottura ed il conseguente “vaffa” sia stato dato con il “tu” od il “lei”. Personalmente ritengo che un “voi” sarebbe stato più consono.

Ma il punto non è questo. Mi sono chiesto se Zauli, Ridolfi, Simoni, Poli, Nebiolo, Gola, lo stesso Arese o Giomi avessero trattato tale questione in prima persona. La mia esperienza personale mi dice che Nebiolo avrebbe affrontato una trattiva del genere solo se in ballo ci fosse stato almeno un milione di dollari e si sarebbe fatto affiancare almeno da due avvocati. Io stesso in 20 anni mai ho perso tempo in querelle del genere anche perché avevo la fortuna di avere un vice come Tito Morale che non solo avrebbe risolto la questione ma avrebbe portato a casa un utile finanziario. Ed infatti al termine del quadriennio 1985/88 lui chiuse il bilancio FIDAL con un surplus di due milioni di euro (l’equivalente di oggi).

Circa gli altri Presidenti sono sicuro che avrebbero trovato una soluzione pratica prima dell’incontro e l’avrebbero suggellata poi con l’incontro ufficiale, abbraccio, foto e con appropriato comunicato.

Alla luce di quanto leggiamo ora il problema della Federazione prima di Tokyo è di affrontare con alcuni atleti di primo piano e le loro società una serie di questioni tecniche delicate dettate più da operazioni di marketing che da reali scelte tecniche. E chi farà tutto ciò? Un Presidente non in grado di risolvere problemi molto più semplici? La mia sensazione, e non solo la mia, è quella di manifesta incapacità gestionale.

               

 

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