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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Generazione Zeta, datevi una regolata

Giovedì 7 Gennaio 2021

 

grease 


Siamo sempre lì: i giovani pensano di poter riscrivere la storia. Ma la città ideale non esiste. La società ideale, neppure. E neppure lo stato ideale, nonostante le Utopie che hanno attraversato la vicenda umana.

Andrea Bosco

In un celebre discorso, (3 novembre del 1932), Franklin Delano Roosevelt, spiegò che “non esiste uomo indispensabile”. In questi giorni, l’uomo che guida l’Italia, il signor presidente del consiglio Giuseppe Conte, sta dimostrando di non avere la medesima modestia (ammesso ne avesse) di Roosevelt. Si reputa indispensabile, Conte Giuseppe. Tanto che ai venti di crisi alimentati dall’ex presidente Renzi Matteo suo alleato (?) di maggioranza sta replicando con muscolosa improntitudine: non vuole lasciare la cadrega. Pensa di cavalcare un Conte ter.

Sarebbe normale (le bizantine alchimie parlamentari italiche lo prevedono) se Conte Giuseppe mai avesse preso un voto da qualche elettore. Sarebbe normale se disponesse di un partito o almeno di una “pattuglia” parlamentare. Sarebbe normale se non avesse fatto tutto (garante del sovranista Salvini Matteo) e il suo contrario (garante dei 5 Stelle e del resuscitato, benché sconfitto alle ultime elezioni politiche Pd di Zingaretti). Sarebbe normale se la nascita dell’attuale maggioranza non fosse dovuta al “magheggio” di quel Renzi Matteo al quale, ora Conte Giuseppe mostra i bicipiti.

Ha analizzato il collega Gabriele Barberis su Il Giornale quello che nel titolo viene definito “Il mistero di Giuseppi inamovibile”. Con annessa domanda retorica: come fa l’avvocato del popolo a continuare a galleggiare? Lo squallore della politica italiana è sotto agli occhi di tutti. Si crede ai sondaggi e assai poco alla gente. Si crede a Nando (che certifica la popolarità di Conte Giuseppe) e non alla signora Maria che, contro Conte Giuseppe, smoccola al supermercato incazzata come una scimmia. (Mai capito perché le scimmie rappresentino il non plus ultra dell’incazzatura).

Domanda retorica. Al di là del Tevere, li “fabbricano” bene. Conte Giuseppe sa su chi può contare. Sa chi fa il tifo per lui. Solo i due ragazzotti affiliati al Conte Uno potevano pensare che l’avvocato pugliese fosse sbocciato come un cavolo dal nulla della politica. Per il fare il Conte ci vogliono anni di studio. Bisogna imparare a “lenire” e a “sopire”. Bisogna imparare ad essere “di gomma”. A farsi rimbalzare addosso ogni tipo di avversità. Bisogna ingaggiare il giusto corifeo che invii i giusti messaggi (“uno all’ora, tanto i giornalisti si bevono tutto e soprattutto dimenticano tutto”, Rocco dixit) alla plebe. Che ormai si “beve” le conferenze stampa a reti unificate di Conte Giuseppe, come una volta si “beveva” le “Canzonissime” di Baudo Pippo. Elezioni? Mai. Rimpasto? Dipende da chi. Tutti sostituibili (anche la De Micheli, bella notizia), ma non la Azzolina. Lei no. Lei resta, assieme ai suoi costosi ed inutili banchi a rotelle. La domanda è semplice: quali abilità, attitudini, competenze, virtù, avrà mai questa ministra che prima di diventare tale (ma soprattutto dopo esserlo diventata) ha dato bastante e pessima dimostrazione di sé? Se Conte Giuseppe è un mistero, la Azzolina ministra della Repubblica è cosa più misteriosa di un avvistamento Ufo.

Indispensabile si reputa anche il ministro dello Sport, Spadafora. A una ventina di giorni dalla dead line ha scritto al direttore di Tuttosport Xavier Jacobelli, (con mail inviata da Losanna), nientemeno che il CIO. Confermando che se entro il 27 gennaio 2021 l’italico governo (di Conte Giuseppe) non emanerà una legge (il solito decreto: in Parlamento non usa più discutere ormai) a tutela dell’autonomia del CONI, i Giochi dell’Italia saranno ad altissimo rischio. Tradotto: a Tokyo senza bandiera, senza inno e senza le squadre che si saranno qualificate. Ammesso che a Tokyo i Giochi vengano disputati. Perché, vaccini o non vaccini, il Covid sta dilagando. E nonostante lo sport si stia difendendo con i denti, persino perdonando i marjuoli che se ne sono sbattuti delle regole, persino dandosi alla latitanza pur di non “spaccare un movimento” (perché anche i giocatori delle “tre carte” dispongono di un pacchetto di voti), il futuro appare incerto.

Nel basket, Varese è al secondo consecutivo rinvio avendo una dozzina di “contagiati”. Per il big match tra Milan e Juventus nel calcio, due a testa nelle rispettive formazioni. Per la cronaca l’incerottata Madama ha vinto contro l’incerottato Diavolo. Mucchio selvaggio in classifica, ma occhio alla Dea. In ogni caso dopo il big match del Meazza a Houston “hanno un problema”: la Vecchia non è morta e il suo obiettivo è dichiarato, vincere il decimo di fila. Si gioca, si continua a giocare ma con l’ansia nel cuore, come è inevitabile. Nel calcio incombono i play off. Che vanno bene in qualsiasi altra disciplina, ma non nel calcio, perché il calcio premia la squadra più forte nel corso di 38 partite. E rimettere tutto in forse con i play off, con l’ottava in stagione che forse può diventare campione, è cosa da campionato USA. Dove la cultura è diversa. Dove si sgranocchiano sulle tribune pop corn, dove le decisioni arbitrali si accettano, dove il Var funziona a chiamata.

A proposito: anche nel calcio ci sono gli “indispensabili”. Struzzi che si ricandidano.

Ho visto l’ultima puntata di Report. Dedicata alla “trattativa stato-mafia”. Con accuse gravi a Berlusconi. Non nuove: un (supposto) filo nero che legherebbe le stragi da Bologna a Capaci con vari burattinai. Berlusconi ha annunciato querela a Report. Non ho competenza in materia. Ma due cose mi premono. La prima: le accuse sono (veicolate da un pentito) talmente gravi da non poter essere archiviate. Né dalla magistratura (Bonafede, lei che dice?), né dalla Rai. Troppo gravi. La seconda: dopo l’assoluzione di Calogero Mannino (a proposito di trattativa stato-mafia), assolto in Cassazione dopo trent’anni ecco che la magistratura nostrana incappa in un’altra brutta figura. Stavolta ad essere smentito si ritrova Nicola Gratteri procuratore di Catanzaro. La sua inchiesta “Lande desolate” aveva confinato tra i lebbrosi il governatore della Calabria, Mario Oliverio, sua moglie Enza Bruno Bossio (deputata) e un nutrito numero di persone del suo entourage. L’accusa di collusione con la mafia secondo i giudici che hanno esaminato il dossier è risultata “infondata”. Abbandonato dal suo partito (Pd) Oliverio non aveva potuto ricandidarsi alle elezioni, lasciando via libera alla sua avversaria politica, la compianta (a parte uno sboccato esponente pentastellato) Jole Santelli morta dopo soli otto mesi di governo.

Non ho idea se Gratteri sia un bravo magistrato. Se bravi, magari, non siano quelli che hanno assolto Oliverio. So che dopo Palamara, niente in magistratura sembra più credibile: né le accuse, né le assoluzioni. E per un semplice motivo: i giudici non pagano mai per i propri errori. I giudici appaiono “legibus soluti”. E questo in una società che pretende di essere civile, è fortemente iniquo. Da quanto questo paese attende una riforma della giustizia? Rammentate il complice dell’assassino del vigile urbano che investì volutamente il ghisa alla periferia di Milano? È libero. Il giudice di sorveglianza ha spiegato che “è profondamente cambiato”. La giustizia non dovrebbe essere mai vendicativa. Chi ha la fede, perdona. Chi non ce l’ha, pretende che la giustizia sia giusta. Non buona, non misericordiosa. Giusta. Altrimenti non è più giustizia.

Per fortuna ci sono anche buone notizie. Come il Moratti Massimo che si accollerà (con grande sensibilità) le spese mediche per lo sfortunato Mauro Bellugi, privato da un destino baro delle gambe. È il momento della famiglia Moratti: anche Letizia, già sindaco di Milano, ex presidente della Rai, oltre che di aziende di prestigio dovrebbe tornare a fare politica, come assessore alla sanità della Regione Lombardia, al posto di quel Gallera, subissato dalle critiche (alcune sacrosante, altre no) per la gestione della pandemia. Se Milano ha avuto l’Expo lo deve al sindaco Moratti Letizia, che lasciò caviale, champagne, aragosta ed ostriche (sul tavolo) ai suoi successori.  

Nel giorno della Befana, i Magi che portarono a Betlemme, oro, incenso e mirra (anche mirra per rammentarci che siamo mortali) le buone notizie sono rare, ma qualcuna ce n’è.

Come i ricordi del grande Dan, veicolati, a tutti gli amici, con puntualità dall’Orso. Ho letto che il Nano Ghiacciato si è cosparso il capo di cenere per il trattamento riservato a Lamperti. Meglio tardi che mai. Ci sono giocatori che vanno presi “diversamente”. Lamperti era uno di questi. Ho letto che Pierlo ha invitato il Rosso a Cantù per via di una scommessa. Ottima notizia. L’architetto e il guerriero: cosa sarebbero stati giocando nella stessa squadra? Grandiosi.

Supplica: ho scoperto che esiste una pubblicazione (introvabile e non in commercio) sui cento anni della Reyer. Se qualcuno mi dà una mano (pagando, ovviamente) gliene sarò grato. Avevo collaborato, nel paleozoico (era di Giancarlo Ligabue) ad una consimile pubblicazione. Sorry per l’uso personale di questo spazio.

Come sapete Mina sta celebrando il telefono. Del resto uno dei suoi brani più celebri si intitola “Se telefonando …”. Incredibilmente rammento la mia prima telefonata, a sette anni. Casa-casona di Campo San Boldo: telefono nero a muro, chiamata ricevuta. Dall’altro capo della cornetta, la vocina di Claudia, bambina che aveva due anni meno di me. Che io non guardavo ma che evidentemente guardava me. Io guardavo sua sorella Manuela che di anni ne aveva nove. “Volevo farti gli auguri di buon compleanno, Andrea”. Mai avuto una telefonata tanto tenera. Peccato non averlo capito in quella stagione.

Congedo come? Con un vaffa: alla Generazione Z. Quella che Paul Goodman definiva negli anni Sessanta “la gioventù assurda”: eternamente “piantata” sui blocchi dopo lo sparo dello starter. L’ultima l’hanno recapitata alla BBC rea di aver mandato in onda “Grease”. Ma sì, proprio il film con l’impomatato Travolta uscito nel 1978 ma ambientato negli anni Cinquanta. Razzista, omofobo, misantropo e politicamente scorretto. Una delle canzoni “inneggia allo stupro”. Ho una “adorazione” (giornalisticamente parlando) per Aldo Cazzullo. Ma stavolta, la sua risposta ad un lettore non mi trova d’accordo. A Cazzullo quando uscì, il film era sembrato “un poco reazionario”.

Con il metro degli Zeta tutto potrebbe essere reazionario. Anche la Grace Kelly, moglie quacchera dello sceriffo Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco”, che fa fuori (nonostante il suo credo) uno dei figli di buona donna che intendono spedire al creatore il consorte. E che dire dei “poveri” banditi? Gary-Kane li fa fuori. Ma anche quei pendagli da forca avrebbero i loro diritti: o no? Eppure Kane-Gary usa la stessa violenza di quei farabutti: li fa secchi, uno alla volta. Tranne quello “seccato” dalla moglie. Censuriamo anche il capolavoro di Zinnemann? Rammento la prima volta che lo vidi: al cineforum del mio istituto. Beh, era l’inizio degli anni Sessanta. La domanda più ricorrente della platea alla fine era: “Ma a quei bastardi di Hadleyville che nel momento del bisogno si erano tutti squagliati, solo, la “disgustata” stella nella polvere? Neppure un cazzotto in faccia al sindaco, al banchiere, al proprietario dello spaccio? Il film piaceva agli educatori e l’intento era meritorio. Ma poco piacque alla platea. Visto che poi, nella quotidianità dell’istituto, o sapevi difenderti, oppure soccombevi al bullismo e al nonnismo, nell’indifferenza di quegli stessi educatori dabbene.

Siamo sempre lì: i giovani pensano di poter riscrivere la storia. Ma la città ideale non esiste. La società ideale, neppure. E neppure lo stato ideale, nonostante le Utopie che hanno attraversato la vicenda umana. Persino Greta, che pure da dire avrebbe ancora qualche cosa, dopo aver smesso le treccine si è approcciata, per Natale, a casalinghe richieste. A 18 anni, forse in Svezia si comprende prima che altrove “il giro del fumo”. Invece di rompere le scatole con i film da “buttare” i giovani Zeta (occhio, perché è l’ultima lettera dell’alfabeto, oltre ci sono solo i “leoni”) provino a fare qualche cosa di meno idiota che abbattere le statue degli “schiavisti” o imbrattare quelle degli “stupratori”. Zeta: datevi una regolata.

Capaci di chiedere il licenziamento di una collega che alla radio, parlando di vaccini, è incespicata (come capita a chi fa il suo mestiere) spiegando che in Regione era in atto un “approvvigionamento vaginale”. Era ovviamente “vaccinale”, l’approvvigionamento. E la brava collega si è immediatamente corretta. Notizia agli Zeta: mi facevo “cadere” le cose dal banco (come gli studenti di “Grease”) in seconda media per ammirare le gambe della mia bellissima professoressa di matematica. Mai avuto voti tanto belli in quella materia come in quella stagione. A metà anno, giocando a calcio, mi ruppi il braccio destro. Tornato in classe con il gesso, lei – emozionandomi – mi fece una carezza. E mi disse: “Se ti prude, usa un ferro da calza”. Io pensai: quasi quasi, mi rompo anche il sinistro.  



 

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