Italian Graffiti / Ricci Bitti: parole d'ordine, rispetto e coraggio
Martedì 9 Giugno 2020
Esaminiamo con Francesco Ricci Bitti, il dirigente italiano di maggior rilievo internazionale, lo stato dell’arte dello sport nazionale quale si è andato configurando a 18 mesi dall’entrata in vigore della “Riforma” voluta dal Governo. Con qualche suggerimento per i necessari correttivi.
Intervista con Francesco Ricci Bitti
di Gianfranco Colasante
(gfc) Presidente dell’ASOIF – l’Associazione delle Federazioni Internazionali – e membro della Giunta CONI, oltre che per i numerosi incarichi ricoperti nel passato e nel presente, Francesco Ricci Bitti deve ritenersi il dirigente sportivo italiano di maggiore notorietà e autorevolezza nel panorama internazionale. Dalla sua sede di Losanna si trova in una posizione privilegiata per incidere sugli indirizzi dell’universo olimpico, come stanno a testimoniare le scelte di Thomas Bach che, proprio in questi giorni, lo ha chiamato a far parte di sei delle Commissioni del CIO, un riconoscimento mai attribuito prima. Sin dall’avvio della “Riforma”, la sua posizione è stata – se non la sola – la più critica nei confronti degli eventi che in buona sostanza hanno aperto più di una crepa nell’unitarietà dello sport nazionale, un valore che per oltre settant’anni aveva costituito un esempio da seguire ed imitare. All’ombra di due Esecutivi di diverso colore, ma sempre con il M5S come collante, anche la società “Sport e Salute” – braccio armato della “Riforma” sul fronte promozionale ed esclusiva titolare dei fondi pubblici per lo Sport – in pochi mesi ha dovuto cambiare due volte il suo management, circostanza che non ha facilitato i rapporti e le coincidenze con lo sport olimpico. Non bastasse, la crisi causata dalla pandemia – i cui effetti a breve e lungo periodo si annunciano molto preoccupanti per il nostro Paese – sta rendendo tutto più complicato. Come se ne può uscire con reciproco vantaggio? Non sarà facile, ma necessario. In questa intervista, il presidente Ricci Bitti compie una analisi del fenomeno sportivo italiano alla luce di questi scenari, ma soprattutto indica le strade da percorrere per uscire dal clima di una fin troppo accesa conflittualità.
– Malgrado le maglie dell’ermetica comunicazione istituzionale, in occasione della riunione di Giunta dello scorso mese si è parlato di uno scontro tra lei e il ministro Spadafora. Ci può chiarire cosa è effettivamente accaduto?
“Scontro è una parola eccessiva e, nel caso, non appropriata. Ho semplicemente colto l’occasione della presenza del Ministro alla Giunta per esprimere serenamente una riflessione sulla situazione dello sport italiano ed in particolare del CONI come istituzione.
Dopo aver riconosciuto i suoi sforzi per emanare tempestivamente la Legge Olimpica e le misure di sostegno di base post Covid-19, ho ribadito l’insostenibilità del limbo giuridico-organizzativo in cui è stato lasciato il CONI dal dicembre 2018 [Legge finanziaria, n. 145]: senza personale proprio, né risorse adeguate a disposizione, il ché oltre a contravvenire i dettami della Carta Olimpica, è lesivo della dignità e della operatività degli organi (Giunta e Consiglio Nazionale) eletti democraticamente al vertice dello Sport Italiano. Sono rimasto molto sorpreso dalla replica risentita del Ministro che dovrebbe conoscere la situazione molto bene. La mia posizione è fattuale, nota e condivisa da numerosi esponenti di vertice dello sport, sia nazionale che internazionale.”
– Le iniziative governative hanno tolto al CONI competenza nella gestione dei fondi, personale, impianti, grandi eventi ecc. riducendolo a spettatore passivo e inducendo vertici federali significativi a muoversi per proprio conto. Possibile che tutto questo non susciti alcuna reazione a difesa, se non altro, della storia e della tradizione sportiva nazionale?
“Per quanto mi riguarda ho la coscienza a posto, ma devo ammettere che la mia condizione, scevra da interessi domestici e con una prospettiva internazionale, è molto privilegiata. La modalità brutale con cui sono state tolte al CONI con la legge 145, spacciata dai politici con una buona dose di involontario umorismo per “armoniosa collaborazione”, competenze come la distribuzione dei fondi alle federazioni, sommata a qualche ambizione personale, ha purtroppo fornito a vari presidenti federali lo spunto per muoversi individualmente e in ordine sparso.
Perdere la gestione dei fondi non dovrebbe significare per un Comitato Olimpico Nazionale perdere automaticamente il ruolo di riferimento sportivo-normativo delle federazioni membre, condizione essenziale per mantenere il valore storico e fondante del modello olimpico moderno quale è la autonomia funzionale. Le recenti lettere dell’Ufficio dello Sport e di "Sport e Salute" relative alla gestione economica delle federazioni sono al tempo stesso la conferma di una tendenza statalista preoccupante per il futuro. Mi sembrano però segnali positivi le recenti correzioni di tiro di dirigenti di alta esperienza e qualità, come Barelli e Petrucci, e la condivisione, per le mie valutazioni, degli ottimi presidenti federali attivi a livello internazionale. Un Consiglio Nazionale coeso, sarebbe la garanzia di una forza contrattuale molto più produttiva rispetto a singoli vantaggi di breve termine.”
– La “riforma” firmata Lega-M5S, in vigore da 18 mesi, nel mentre ha “svuotato” il CONI lascia ampi margini discrezionali per una gestione centralistica delle risorse. Una riesumazione dello Sport di Stato come non accade in alcuna altra democrazia occidentale e un primato del quale si dovrebbe fare a meno?
“Come ho già detto in varie sedi, il CONI è esistito surrettiziamente in questo triste periodo della sua storia per le brillanti esternazioni del suo presidente e per la leale e meritoria attività di poche persone, formalmente in organico a "Sport e Salute", che con la Segreteria Generale hanno comunque consentito all’Ente la continuità dell’ordinaria amministrazione. La tendenza mi sembra inconfutabile: sarebbe utile evitare almeno la deriva statalista ottenendo dall’autorità politica il riconoscimento che un Comitato Olimpico Nazionale ha, nell’attuale ordinamento giuridico, due riferimenti di cui tener conto:
• la Legislazione Nazionale e Internazionale (Esempio, EU).
• la Carta Olimpica.
A tal proposito, ho avuto conferma dei miei timori ascoltando due brillanti e articolati interventi del Ministro sulla riforma e mi ha colpito l’uso, o se si vuole l’abuso, del termine “Governance”. Da pioniere e studioso della materia, mi permetto di ricordare che "Governance" è per definizione la scienza della gestione di una organizzazione in funzione dei propri “stakeholders” e non la metodologia per prenderne il controllo ignorando gli interessi esistenti.”
– Se lei dovesse scegliere tre priorità per invertire questa tendenza, quali indicherebbe?
“La prima risiede nella possibilità per il CONI di contribuire fattivamente alla redazione, che mi risulta già in corso, dei decreti delegati della legge delega n. 86 dell’agosto scorso.
Da un lato accettando un ridimensionamento rispetto alla sua storia, ma esigendo un organico proprio, risorse e asset minimi necessari allo svolgimento del compito istituzionale che è in buona sostanza il coordinamento delle attività relative allo sport agonistico, dal percorso formativo fino alle più alte espressioni olimpiche e professionistiche.
In secondo luogo, favorendo un confronto costruttivo tra il legislatore e gli uffici delegati del CIO, confronto ripetutamente richiesto da Losanna e fino ad ora sempre rinviato dall’Ufficio per lo Sport per ragioni che mi sfuggono. Tale confronto sarebbe servito a chiarire alla controparte ministeriale, con molti neofiti (includo i vertici di "Sport e Salute"), che il CONI non puo’ delegare nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento sportivo internazionale, o se si vuole la Carta Olimpica, alcune funzioni che vale la pena di ricordare come:
• vigilanza sportiva-normativa (Confederazione delle Federazioni).
• autodeterminazione organizzativa (Organizzazione Periferica).
• gestione e proprietà del marchio e dei brand olimpici (Marketing).
• attività ausiliarie (Medicina dello Sport, Formazione, Centri di Preparazione Olimpica).
Quanto sopra garantirebbe il rispetto del principio di autonomia operativa come richiesto dal CIO.
La terza priorità è relativa al chiarimento dei rapporti con "Sport e Salute". La mission di questa società si è evoluta sostanzialmente in questi mesi sino a divenire braccio operativo del Governo in materia sportiva, diversamente da quanto indicato nella legge n. 145. Al di là degli aspetti giuridici, la funzione di entità funzionale allo svolgimento del compito istituzionale del CONI, è praticamente superata. Non ha quindi più senso, a mio avviso, parlare di contratto di servizio tra CONI e "Sport e Salute", due entità oramai su binari diversi. Senza che ciò escluda collaborazioni selettive supportate da accordi specifici in aspetti importanti, come grandi eventi, impianti, ecc.”
– Proprio alla luce di quanto sopra, andrebbe chiarito che lo sport non può essere un largo ombrello sotto il quale riunire agonismo (variegato settore del quale dovrebbe occuparsi “solo” il CONI e con risorse autonome) ed attivita’ ricreative, educative e salutistiche, che restano “compito precipuo” dello Stato, ma che nulla hanno a spartire con un Comitato Olimpico. Esistono margini per uscire da questo equivoco (non si sa quanto voluto) e ricondurre ciascuno al proprio ruolo?
“Questa riforma sarebbe stata, e sarebbe ancora, una occasione irripetibile e una grande opportunità per un chiarimento organizzativo e strutturale dello Sport Italiano, ma dubito che si arrivi a qualcosa di equilibrato, razionale ed efficace. Lo sport ha assunto negli ultimi decenni una enorme rilevanza nella società ed investe molti aspetti, da quello economico, al politico, educativo, sociale e sanitario, per cui la tentazione per l’autorità politica, e non solo, di essere onnipresente e anche interferente, è troppo grande per essere controllata. Mi sembrano esempi recenti di esasperato interventismo il dibattito sul ritorno all’attività sportiva e, in particolare, del calcio post Covid-19, o il tema delle date delle assemblee elettive nelle Federazioni Nazionali.”
– Rinviate le Olimpiadi di Tokyo, lo sport italiano si trova sul bagnasciuga creato dal Covid-19, con una pesante crisi in atto e problematiche prospettive, economiche ed organizzative che non possono risolversi solo con provvedimenti estemporanei. Quali potrebbero essere gli atti più urgenti per salvare le residue, ed autentiche, società di base?
“Onestamente considero tempestivo e anche generoso, tenendo conto delle risorse disponibili, l’intervento del Governo per lo sport post Covid-19. Non sono in grado purtroppo di giudicare, essendo molto lontano, l’implementazione e l’efficacia di tali provvedimenti.”
– In un periodo così delicato, approvata la legge olimpica per Milano-Cortina 2026, evento che vede il CIO nella veste di maggior azionista, non sarebbe il caso di studiare con lo stesso CIO qualche raccordo di idee, ad iniziare dalla stesura dei decreti delegati dalla cosiddetta “Riforma”, ancora da scrivere?
“Due considerazioni sulla legge olimpica testè emanata per Milano Cortina 2026. La prima è positiva per la sua tempestiva pubblicazione, cosa rara per il nostro paese, e quindi mi sono associato al compiacimento del CIO. La seconda, più critica sul merito, per due ragioni: la inedita e pletorica istituzione di due organismi come il Consiglio Olimpico ed il Forum per la Sostenibilità con funzioni che in casi analoghi il Comitato Organizzatore ha sempre svolto con la migliore cognizione di causa. La inclusione, a mia conoscenza mai avvenuta, di articoli relativi a una manifestazione totalmente estranea alle Olimpiadi (ATP Master di Torino). Da uomo di tennis, sono lieto di questo supporto, ma sarebbe stato più elegante e rispettoso prevedere un provvedimento specifico.
Ho già chiarito il mio punto di vista sul coinvolgimento del CIO nella stesura dei decreti delegati. Mi risulta dalla corrispondenza in corso, che gli uffici del CIO si sono ripetutamente attivati per stimolare una discussione ricevendo per il momento solo risposte dilatorie. Mi auguro che ciò avvenga nel poco tempo a disposizione per evitare un deterioramento dei rapporti che sarebbe molto pericoloso e poco promettente per un paese organizzatore dei Giochi 2026.
L’assegnazione dei Giochi a Milano-Cortina resta una bella pagina della storia del CONI, a cui sono fiero di aver contribuito, e che è dovuta soprattutto alla credibilità e alla tradizione del nostro sistema sportivo a livello internazionale. La speranza, oggi, è che non sia stata l’ultima.”
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