- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / In equilibrio sul baratro (sperando di non cadere)

PDFPrintE-mail

Sabato 18 Aprile 2020


coronavirus-metro

C'è chi pensa che solo con radicali riforme il calcio potrà sopravvivere. E quelli che immaginano che “dopo” tutto tornerà come prima. Ci vorrebbe un Fra Cristoforo. Ma al timone c'è un Don Abbondio.

Andrea Bosco

Neppure “nell'ora più buia” riescono ad essere decenti. C'è poco da fare: sono indecenti. Tutti. Lo è chi continua anche in queste ore a parlare di migranti, ma lo è anche anche chi va in diretta televisiva a sparare   contro i nemici politici. Non tutti i nemici, a dire il vero: i nemici “responsabili” possono diventare, domani, gli amici indispensabili per sopravvivere. Pronti a sostituire chi dovesse sfilarsi. Ma sarà dura: in Italia nessuno molla la poltrona. Come arrivano passano la super-colla e restano lì a lucrare fino all'ultimo giorno di mandato.

Non basta evocare certi statisti del passato per diventarlo. Puoi avere mille protezioni: al di qua e al di là del Tevere. Resti uno da piroette. Ieri spiegavi l'indispensabilità di “chiudere i porti”. Così   come oggi spieghi “l'indispensabilità” di tenerli aperti. Ma, come noto, in politica la coerenza non è una virtù.

Siamo alla canna del gas ma spaventa il Mes. Non (come dovrebbe) l'incapacità di chi governa. Il problema è il solito: la Germania ha in costituzione il divieto di emanare Coronabond. Non c'è una Federal Reserve Europea che “pompi” denaro. Vuoi il cash? Lo dovrai restituire e determinate condizioni. Qui casca l'asino: il tasso di interesse. Dice: è senza condizioni. Niente è senza condizioni in Europa. C'è sempre un codicillo finale: “Nel caso che ...” eccetera. La ragione imporrebbe di accettare, stante la drammatica emergenza. Ma servirebbe dire la verità: addolcirla e camuffarla è cosa peggiore di una ruvida assunzione di responsabilità.

Procediamo in ordine sparso: divisi alla meta. Alla faccia della solidarietà e dell'unità nazionale. Alla faccia della necessità di fare fronte comune contro il Gran Bastardo.

Non fioriscono decisioni. Ma l'Europa con noi si scusa. Senza peraltro allentare di un centimetro il cappio economico. Nascono, come funghi, i comitati. L'Italia è un paese post-sessantottino. Vetero-sessantottino. Meta-sessantottino. Comitati: come le “assemblee” della mia gioventù. Il più importate dovrebbe essere quello presieduto da Colao. Grande manager che qualcuno vedrebbe bene (o lui o Draghi) al timone della zattera italica. Chissà cosa, in proposito, ne pensa il Colle. Ha 16 membri (più lui, Colao) quel comitato. Eccellono i commercialisti, i sociologi, gli psicologi. Qualcuno conosciuto, la maggior parte sconosciuta. Tutti lottizzati. Tre li ha indicati Conte, uno Landini (sì, il sindacato), uno Di Maio, tre il Pd, un paio i 5 Stelle, uno la Casaleggio Associati. La barzelletta che gira in rete sulla “gara di canoe”, fotografa il Paese. Match canoistico tra Giappone e Italia: 8 membri di equipaggio. Vince il Giappone con un chilometro di vantaggio. Sconcerto: commissione per capire la genesi della disfatta. La genesi è semplice. Il Giappone ha sette vogatori e un comandante. L'Italia ha partecipato con sette comandanti e un vogatore.

Siamo questi. Paralizzati dalla piovra burocratica. L'altro calamaro gigante lo stiamo combattendo dai tempi del Fascismo. Abbiamo investito fiumi di denaro, sacrificato vite umane. Con l'unico risultato di vedere la proliferazione della malavita. In tutto il Paese, non solo nel Meridione d'Italia. Segno che il tessuto connettivo, dalla politica giù a scendere fino al semplice cittadino, è malato.

Siamo questi: consolatori. Non fabbrichiamo nuove carceri per dare una dimensione umana a chi ha commesso reati. Visto che gli istituti di pena scoppiano, li mandiamo a casa, i detenuti. Con braccialetti elettronici che non ci sono. Mancano le risorse? Condoniamo. Le cartelle esattoriali mai onorate, gli abusi edilizi, gli illeciti finanziari, gli abusi in atto d'ufficio. Le scuole sono chiuse? E che problema c'è? Tutti promossi. Anche gli asini. Ma attenzione: i quattro e i cinque in pagella rimangono. Geniale il ministro dell'istruzione. Siamo questi. Diamo credito e spazio in televisione all'ex ministro che aveva con protervia annunciato che in quindici giorni “avrebbe risolto il problema delle grandi navi a Venezia”. Charles Cooley sosteneva che l'individuo è la somma delle percezioni altrui. Ma l'ex ministro è la dimostrazione che Cooley aveva torto. Si era sperimentato di che “grana” fosse quell'ex ministro. Eppure in tempo di coronavirus (con nani e ballerine sfruttati fino all'osso, talmente stanziali da infastidire persino le telecamere), tutto fa brodo. Ogni giorno ci dicono di non abboccare alle fake news. Di affidarsi all'informazione dei professionisti. Ma se poi ci ammollate ‘sta roba, come fidarsi?

Strage negli ospizi: in Lombardia e in altre regioni. I nostri anziani abbandonati. Colpa tua: no, colpa “loro”. Avanti così: senza pietas, ritegno, vergogna. Mentre ogni pomeriggio rullano i tamburi: altri cinquecento morti. Ormai sono 23.000. Il virus ha ucciso anche 130 medici, 30 infermieri, persino dei farmacisti. La “conta” vera nessuno è in grado di farla.

Vivi quotidianamente a contatto con la morte. Squilla il telefono e una volta su cinque la notizia è terribile, sempre la stessa: “E' morto ... “. Dall'altro capo (il filo non c'è più, quindi non so come accidenti si dica ora) un singhiozzo. Anche tu, un attimo dopo, hai un groppo in gola. Perché con chi se n'è andato trascorrevi le vacanze estive, cenavi davanti ad un mare piatto come una tavola. Avevi con lui riso solo quale mese fa.

Una rabbia impotente ti pervade. Riavvolgi il nastro e maledici la mala sanità. Maledici chi ha speculato, là dove avrebbe dovuto investire per migliorare. Maledici l'impreparazione del sistema. E maledici il sindaco della tua città, che dopo le prime avvisaglie del contagio, trincava sui Navigli con un sodale di partito spiegando che “Milano non si ferma”.

Milano oggi convive con la morte. Ogni giorno ne spirano 500, di media, in Italia. La metà muoiono in Lombardia. La metà della metà a Milano.

Ha spiegato il governatore Fontana di aver chiesto subito dopo i “focolai” di Bergamo e Brescia la creazione di “zone rosse”. E – ha continuato Fontana – anche il premier Conte era d'accordo. Poi qualcuno si è opposto “Chi? C'è chi ha puntato il dito contro gli industriali della Val Seriana. Può essere. Troppi abbagli nei primi giorni della pandemia quando c'era gente (con laurea in medicina) che definiva Covid-19 “solo una influenza leggermente più grave”. Quel “chi”, chiunque esso sia, ha un macigno sulla coscienza .

Secondo Donald Trump un pietrone sullo stomaco lo avrebbe anche la Cina. Prima sembrava una leggenda metropolitana. Ora, Trump ha fatto capire che le notizie gli sono arrivate dalla CIA: il virus sarebbe uscito da un laboratorio cinese. Uno dei tecnici che trafficavano sui batteri sarebbe morto. Il secondo, la “gola profonda”, si sarebbe rifugiato a Taiwan. Il virus secondo la ricostruzione sarebbe circolato fin da dicembre nel silenzio tombale delle autorità di Pechino. Così fosse, la Cina sarebbe in possesso del protocollo di quel virus. E realizzare un vaccino dovrebbe risultare più agevole. Ma la Cina dovrebbe ammettere le responsabilità e renderlo noto. Cosa che non ha fatto e probabilmente mai (anche fossero esibite le prove) farà.

Siamo stati tra i primi a mettere la popolazione ai domiciliari. Saremo tra gli ultimi a revocarli. Dice che, gradualmente, si “riapre”. Inevitabilmente visto che le aziende sono al collasso, le stime della nostra economia recitano -9,1% del PIL, centinaia di migliaia di posti di lavoro sono andati perduti. I conti correnti dei risparmiatori sono a rischio prelievo forzoso. Tradotto: patrimoniale. Ma l'emergenza più emergenziale è quella di chi presto patirà la fame. Rivelando un paese persino più fragile di quanto non si conoscesse. Un paese di precari, di contratti ad “ore”, di bassi salari, di insopportabili diseguaglianze sociali. Un paese che discute tanto e mai decide. Un paese che in piena emergenza sta aumentando i prezzi degli alimentari. Un paese da riformare da capo a piedi. Si riapre con la consapevolezza che si arrischia. L'università di Harvard ha condotto uno studio: se non verranno rispettate le misure di sicurezza l'emergenza potrebbe continuare fino al 2022. Ditelo a quelli che “sono stanchi di stare a casa”.

Ditelo al Re Travicello che reputa di governare il calcio. Tenuto in realtà per gli zebedei da quelli che veramente contano. Quelli che “si deve tornare in campo a tutti i costi”. Quelli che minacciano ricorsi e carte bollate. Hanno fissato la ripresa degli allenamenti per il 4 di maggio. Benché in tanti (tra quanti sanno) abbiano sconsigliato di farlo. Non ho molto da aggiungere rispetto a quanto, in modo eccellente, ha scritto, sul tema Cimbricus. Una sola cosa: il dibattito non è più tra chi vuole tornare a giocare e chi teme che giocando, il calcio (come del resto il Paese) potrebbe finire in guai anche più seri di quelli che stiamo vivendo. No: il dibattito è tra quelli che hanno capito che solo con radicali riforme il calcio potrà sopravvivere. E quelli che immaginano che “ dopo “ tutto tornerà come prima. Ci vorrebbe un Fra Cristoforo. Ma al timone c'è un Don Abbondio.

Per dirla con Don Lisander non resta che sperare nella Provvidenza. Altrimenti anche il giocattolo più amato del paese finirà a pezzi. Qualcuno ha mai dato un'occhiata ai bilanci delle società? Sono pubblici. Non sono un esperto, ma se appena conosci le aste del sistema ti accorgi dei “trucchi". Sono educato a definirli in questo modo. Molto educato.

 

Cerca