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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / La farina del diavolo


Mercoledì 1° Aprile 2020


pallone sgonfio

Stipendi e (provvisoria) riduzione degli stessi: in queste settimane sono diventati l'argomento più dirompente. Senza metter nel conto la smodata e immorale quantità di denaro che ha travolto lo sport. 


Giorgio Cimbrico

“Dio è morto e anch’io non sto troppo bene”, diceva Woody Allen. Francesco, emissario di Dio in terra, prova a dimostrare che la vecchia stampella, la fede, può dare una mano: riconoscenza commossa per quel suo monologo che assomigliava al più sensato degli esorcismi. Io, che non credo a nulla, ne sono stato colpito e berrei volentieri una zucchetta di mate con lui. Abbiamo anche lo stesso nome e qualcosa può contare. Non ho dubbi: il miglior pontefice con cui abbia avuto a che fare. Per il primo, Pio XII, ricorro a una citazione di Paolo Rosi: "lassamo perde".

Traendo qualcosa dalle mie scarse conoscenze legate dalle sacre scritture, mi pare di ricordare che il denaro, l’avidità, la sete dell’arricchimento siano definiti la farina del diavolo. Qui, ora, in questi tempi perigliosi, in questi giorni senza fine, ci troviamo di fronte alla farina del cavolo.

L’altro giorno dicevo che mi sono dato come norma d vita di non indulgere nello sdegno, lasciando l’esercizio ai professionisti del settore, che hanno fatto o fanno ottime carriere, ma qualche osservazione mi sia permessa.

La farina del cavolo è lo stipendio dei giocatori – e la loro riduzione – che è diventato l’argomento più importane in questa sede vacante dello sport. Qualche osservazione: questo capitalismo selvaggio, senza regole, ha permesso che nello sport affluisse una smodata, immorale quantità di denaro, che lo sport ne venisse irretito, influenzato, stuprato, privato di etica, di misura.

Ora, arriva questa piaga, tipo quelle che Mosé fulminò sul Faraone (per riferimenti musicali che mai faccio mancare, vedi Rossini e Schonberg) e nel normale “do ut des” che governa il mondo, questo mondo, lo sport non riesce più a fornire la merce che aveva promesso ai suoi committenti. Non voglio ricorrere agli esempi più banali ma se il macellaio vi conteggia mezzo chilo di cotolette e ve ne consegna tre etti, voi come reagite?

Il calcio italiano percepisce un miliardo da Sky, e qualche spicciolo dalla Rai per la Coppa Italia, e mi risulta che la propaggine italiana della tentacolare creatura di Rupert Murdoch abbia rispettato le scadenze. Ma i club sono in difficoltà, stanno per chiedere un anticipo e si rivolgono ai loro dipendenti per giungere a un accordo sul taglio da abbattere sui malcapitati. Uno degli slogan adottati è “non dovete pensare che tutti guadagnino come Cristiano Ronaldo”. Ma anche chi percepisce un paio di milioni converrete che non è un clochard o un homeless..

E così mi è venuto in mente un calcolo che ho fatto ormai anni fa: Omar Sivori, che era il giocatore più pagato d’Italia, guadagnava 21 milioni l’anno; mio padre, cassiere all’Enel, era sui 2. Qualcosa, in questi anni, deve esser cambiato.

Non mi resta che tornare al mio amato TS Eliot e a quella valle dei topi dove dei morti non sono rimaste neanche le ossa. Buona fortuna a tutti.

 


 

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