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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / “Paghiamo tutto e tutto assieme”

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Martedì 10 Marzo 2020


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Scenari impensabili solo qualche giorno addietro, come non se n’erano mai visti nei settant’anni e più dell’Italia repubblicana. Sacrifici, rinunce, solidarietà? Tutte parole da reinventare. E subito.

Andrea Bosco

Il conto è arrivato: salato. In termine di vite umane, in termini economici, in termini sociali. Inevitabile accadesse. Coronavirus: questa entità ancora sconosciuta che aggredisce l'uomo con una rapidità folle. Il paese delle cicale, dove il futuro è sempre un problema altrui, mai di chi governa, non era preparato. Non aveva un piano piano b. Semplicemente non aveva un piano. Nel paese dove qualsiasi regola viene sistematicamente calpestata, dai delinquenti al pari della burocrazia, non poteva che accadere quanto sta (drammaticamente) accadendo.

Siamo tutti responsabili. Noi vecchi che per primi abbiamo infranto le regole, amando liberamente, fumando quello che era nocivo, occupando, deridendo: istituzioni ed uomini. Noi siamo stati morbidi con i nostri figli quanto i nostri padri erano stati viceversa severi. I nostri figli sono stati ancora più morbidi con i nostri nipoti.

Un giovane non pensa al futuro. Si sente invulnerabile. Ed è giusto sia così. Nessun anziano scenderebbe a velocità folle su una pista da sci, correrebbe in auto o in moto a 300 km all'ora, scalerebbe montagne che non si possono scalare o volerebbe sull'acqua su gusci di noce provvisti di mostruosi motori. Ma un paese non può sottostare agli ormoni dei giovani.

Spiega Verga ne “I Malavoglia” che “i giovani hanno la memoria corta e hanno occhi per guardare solo a levante. A ponente non ci guardano altro che i vecchi: quelli che hanno visto tramontare il sole tante volte”.

Io sono vecchio. Ma non ancora rincoglionito. Non tanto da non capire che sfidare il destino e le regole è cosa irresponsabile. Andare a sciare, fare l'aperi-cena (fangala alle crasi del cavolo), ammassarsi come sardine (ogni riferimento è voluto) in zona Navigli a Milano, o sulle spiagge nel sud del paese, è follia. E' pericoloso.

Abito vicino al Parco Sempione a Milano. E visto che consigliano di stare dove ci sono le piante, nella mia ora di “aria”, sabato, ci sono andato. Nel parco c'è un campetto da basket, uno dei più celebri del Paese. Tra quanti giocavano e quanti assistevano c'erano almeno 60/70 persone. Compresi bambini, portati con evidenza dai genitori. Non c'era una sola gazzella della Polizia a dissuadere. Eppure quel parco è notoriamente zona di spaccio.

Siamo un popolo di arroganti ignoranti abituati a calpestare le regole, ad aggirare i divieti. Un popolo per decenni blandito nel segno di un buonismo idiota. Nel segno del “perdono” di qualsivoglia, per quanto efferato, crimine. Siamo nella maggior parte cattolici e la fede ci impone di perdonare. Ma la fede non esclude il nostro dovere di cittadini. La fede ci mette in guardia dai falsi profeti.

Eccolo, Giuseppi, l'avvocato del popolo che cita “l'ora più buia”. Perché Giuseppi nella sua prosopopea si immagina un nuovo Wiston. Ma la realtà è che di fronte ad uno scenario di guerra Giuseppi si è dimostrato impacciato, incapace di un vero rigore, incapace di tenere il timone in rotta. Fosse un bravo capitano avrebbe provveduto a licenziare con effetto immediato il capo della sua comunicazione. Wiston mai avrebbe permesso che un “reduce” dal Grande Fratello governasse la comunicazione del suo governo.

Paghiamo tutto e tutto assieme. Paghiamo i recenti tagli alla sanità, quattrini messi sul reddito di cittadinanza (anche ai camorristi in Ferrari) o su quota cento. Paghiamo gli scialacquatori che per decenni ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più elevati del mondo: ogni italiano che nasce, sul gobbo dopo il primo vagito si ritrova una cifra a sei zeri.

Paghiamo la saturazione delle carceri (oggi in rivolta) perché in un Paese come il nostro investire su nuovi e più moderni istituti di pena non sembra misericordioso. La parola d'ordine è reinserimento. Idea civilissima a patto di non esagerare. In Italia, se non strozzi il tuo compagno di cella dopo qualche tempo esci in permesso premio per buona condotta. E' bastato che un esponente politico pronunciasse (per fronteggiare il virus nelle carceri) quelle due parole “amnistia ed indulto” per far scoppiare rivolte che hanno portato a lutti.

I pifferai in Italia non mancano mai. Il Paese è nelle loro, incapaci mani. Servirebbe un Draghi a segnare la rotta. Servirebbero quelli bravi: di ogni orientamento politico, ma bravi. Di indiscussa professionalità. Quelli che ci sono ora sono tutti colpevoli di qualche cosa: chi più e chi meno. Ma indubbiamente colpevoli. Sono il nulla al quale un pugno di eroi, scienziati, medici, infermieri sta cercando di togliere le castagne dal fuoco. Lavorando da settimane 20 ore al giorno e salvando per quanto possibile vite umane.

Lo sport? Si è fermato. Tutto lo sport tranne il calcio. Ma probabilmente (si spera, anzi si implora) lo farà a breve. Il Palazzo del calcio non appare “riformabile”. Ma un ministro, come l'attuale responsabile dello sport, incerto a “tutto” non si era mai visto. Per pesarne lo spessore sarebbe bastato dare un'occhiata al suo curriculum.

Dopo sguaiati infiniti schiamazzi si è giocato a porte chiuse anche Juventus-Inter. Ha vinto la Juventus. Non ha vinto la Juve grazie al sarrismo ma grazie ai piedi buoni di alcuni giocatori, Dybala su tutti: un gol alla Omar Sivori, il suo.

Oggi il calcio tirerà le conclusioni: fermarsi o non fermarsi? Dilemma che non dovrebbe essere amletico. Dilemma che non dovrebbe esistere. Ha spiegato il presidente del CONI, Malagò che dovesse il calcio comportarsi in modo irresponsabile, interverrà lui.

In ogni caso il CONI si è già espresso: sospese tutte le attività sportive fino al 3 aprile 2020. Ergo, anche il calcio. Poi, immagino, si vedrà. Qualcuno spieghi la cosa a Claudio Lotito che già ha tuonato contro la sospensione del campionato. Ora è chiaro perché la chiavica “porte aperte", “porte chiuse”, alla faccia della regolarità del torneo, sia andata in scena. Dicono quelli che sanno di Lega e di Federazione che in quei sinedri non si muova voglia che Lotito non voglia. La domanda è: come ha fatto Lotito a prendere così tanto potere? La risposta è semplice e consiste in una parola: para. Il resto, a piacere, potete metterlo voi .

 

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