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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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La stampa sportiva italiana
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(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Evitare lo sprofondo che incombe

Mercoledì 18 Settembre 2019


sab siro 

Il campionato italiano di basket (con sempre meno italiani) ha aumentato le squadre. Ma di quattrini ne girano pochi. Si ricomincia sabato con la Supercoppa. Super? Piano con le parole.

Andrea Bosco

Il marinaio arrivato alla fine del mondo, non se l’è sentita di sprofondare nell’immensità dell’oceano come capitan Jack Sparrow, per cercare la pietra dell’immortalità. Ha invertito la rotta: con le vele stracciate ma con la determinazione non di non farsi fregare. Non ci sono isole, men che meno quella che “non c’è”. Tutte invenzioni: solo imbrogli. Non c’è alcuna terra ospitale, alcun porto sicuro: solo il mare. L’unica possibilità è quella di continuare a navigare, evitando lo sprofondo. Che incombe. Perché ormai non ci sono più regole. C’è sempre un pirata più filibustiere degli altri. C’è sempre un mostro, più mostruoso del calamaro gigante di “Ventimila Leghe sotto ai mari”.

Ti lagni di Petrucci, impareggiabile nell’arte di galleggiare. Ma in fondo, Petrucci, è solo la rappresentazione dei tempi. Nessuno ha un velo di vergogna. A Napoli, dopo sei mesi, regalano cinque permessi al giovanotto che ha ucciso a sprangate un uomo. Uno per festeggiare il suo compleanno. Uno per andare a fare un provino in una squadra di calcio. Scriveva Curzio Malaparte che in Italia “la legge è come l’onore delle puttane”. Ma aveva torto: le puttane ne hanno di più.

Il marinaio naviga ormai senza una rotta. Tutto è falso. Da Malta hanno chiamato la guardia costiera italiana, per una missione di soccorso nei confronti dell’ennesimo gommone di disperati che stava affondando. La guardia costiera italiana c’è andata e ha fatto il suo dovere. Ma quando ha messo la prua verso Malta, dall’isola hanno vietato l’approdo.

Parlano di redistribuzione, di umanità: ma non sanno cosa queste parole significhino. L’ungherese da tiro che alza i muri e vara bieche leggi contro i migranti, almeno ha la sfrontatezza di dirtelo in faccia: “A casa mia, non li voglio”.

Non così monsieur le president, che in Europa predica bene tra i confini altrui, ma in patria razzola malissimo. Il marinaio amerebbe chiedere a frau Angela: conosce la storia dello Sme? Conosce i confini di quella porcata continentale?

La rivelò un professore dell’Università di Princeton che aveva avuto accesso agli archivi delle banche centrali europee. La Bundesbank aveva un mandato anti-inflazionistico nel suo statuto. Non avrebbe mai potuto aderire agli accordi sullo Sme: quelli che prevedevano per gli stati membri di acquisire valute dei paesi in difficoltà economica. Tradotto: immissione di marchi sul mercato. Salvataggio dei paesi in difficoltà con probabili conseguenze inflazionistiche.

Il 30 novembre 1978, alla nascita dello Sme, il cancelliere tedesco Helmuth Schmidt vieta alla Banca Centrale Tedesca di rendere pubblica la sua posizione. “Immaginate – disse – che questo vincolo appaia su un giornale italiano o francese: di rivelarlo non se ne parla proprio”. Il marinaio non lo sapeva. Lo ha appreso l’11 settembre 2019 leggendo sul Corriere della Sera uno scritto di Giorgio La Malfa e Giovanni Farese. Ma c’era nel 1992, quando la speculazione internazionale bruciò parte consistente dei suoi risparmi, al pari di quelli della maggior parte degli italiani.

C’era quando inutilmente l’allora governatore della Banca d’Italia chiamò il presidente della Bundesbank , Helmut Schlesinger, chiedendogli di intervenire in aiuto di un paese amico. Il marinaio vorrebbe essere ad Hollywood, dove le class action sono possibili e non infrequentemente si vincono.

Fidarsi di chi? Credere in chi? In cosa?  

Al comportamento doroteo del Bello della Leopolda che dopo aver contribuito alla nascita del nuovo governo si è fatto un partito suo, in grado, in Parlamento, di mettere l’esecutivo in prossimità delle forche caudine, ha replicato un ministro che la storia dovrebbe conoscerla che “la frammentazione dei partiti portò alla nascita del fascismo”. Ma no, ministro: non fu quella la causa principale. Se per caso le fosse venuto in mente di riferirsi alla scissione tra Partito Comunista e Partito Socialista, nel 1922 a Livorno.

Questo è il tempo delle “certezze”: parlo ergo sono.

Con un Melli, quella Spagna vittoriosa al Mondiale, (dove gli Stati Uniti hanno fatto la figura più barbina della loro storia), poteva essere “giocata”? No: troppe corte rotazioni per Meo Sacchetti. Con Melli si sarebbe solo perso meglio. Non inganni il risultato finale, non ingannino gli ultimi fatali 4 minuti. I Rubio e i Gasol, l’Italia non li ha. Ha Danilo Gallinari, ma non basta.

Dice che Pretucci, bla, bla, bla. Ma come fidarsi dell’ex Presidente del CONI che aveva convocato il “tavolo della pace” tra Inter e Juventus, senza riuscire a tirare fuori un ragno dal buco? Il marinaio rammenta presidenti del CONI che non avrebbero fatto uscire Agnelli e Moratti dalla stanza, senza un accordo.

A proposito: la Juventus ha (finalmente) denunciato gli ultras che da tempo la ricattavano. Ci ha messo quattro anni. Ora tocca alle altre. Il marinaio auspica che nessuno reputi che le altre curve siano popolate da Dame di San Vincenzo.

Il campionato italiano di basket (con sempre meno italiani) ha aumentato le squadre. Ma di quattrini ne girano pochi: persino lo sponsor “nazionale” latita. Si ricomincia sabato con la Supercoppa. Super? Piano con le parole.

Il marinaio annusa altri sport, senza averne bastante competenza. Ma l’impressione è che a quelle latitudini qualche cosa si muova: differentemente dal pianeta basket. “Aimez vous Var?”. François Sagan ci avrebbe potuto scrivere un romanzo. Perché la tecnologia gestita da troppi dilettanti, mandati al massacro mediatico, è davvero ormai romanzesca. Anzi: di più.

Sembra comunque che qualche cosa si muova sul pianeta calcio. Visto che la Juventus, tradizionalmente, “gattopardo”, ha intrapreso una rivoluzione che non si sa dove potrà portarla. Forse lontano se Sarri avrà il tempo di lavorare. Forse nel baratro se Sarri non avrà l’intelligenza di cambiare. Forse solo, per una stagione, senza piatti grassi e saporiti: se le avversarie sapranno trovare la dieta giusta.

A Milano dovranno trovare, quelli che stanno progettando il nuovo San Siro, le parole “giuste”. Perché quelle che sono apparse sembrano uno scherzo di Carnevale. Stadio semicoperto e guerra psicologica. Al progettista, i committenti (Inter e Milan) hanno imposto prescrizioni che contemplino per gli spogliatoi delle squadre ospitate, situazioni che incutano “timore e tensione”. Non è chiaro in che modo.

Forse i lettini dei massaggi saranno dotati di chiodi come quelli dei fachiri. Forse dalle porte apparirà con le fauci spalancate Alien. O magari il lucertolone di Predator. Sul battente dello spogliatoio ospite nel nuovo San Siro forse sarà appeso il cartello “Non aprite quella porta”. Forse dal water dei cessi spunterà un serpentaccio. Semplice realtà romanzesca, in fondo: è accaduto. Alla fine, incrociando qualche scrupoloso cronista, il calciatore della squadra ospite potrebbe raccontare nei dettagli l’accaduto. Dando la possibilità a qualche giornale di titolare: “Fare la cacca a San Siro è una esperienza terrorizzante”. Oh yes!



 

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