Italian Graffiti / Un popolo di poeti, di santi, di maratoneti
Giovedì 7 Marzo 2019
Sono 559 gli uomini e le donne che con alterna fortuna hanno preso parte ai Giochi Olimpici in Atletica. Questo dato - reso noto per la prima volta, assieme a tanti altri - per presentare il volume "Olimpiadi Azzurre": il libro che non c'era, primo e inedito report sullo sport olimpico italiano, dal VII Secolo a.C. a Tokyo 2020.
Gianfranco Colasante
Non so quanti lo sappiano (o lo sospettino), ma i dati sulla partecipazione italiana ai Giochi Olimpici, confermano che il gruppo più numeroso resta quello dell’Atletica, sempre presente dal 1900 al 2016, con la sola eccezione del 1904 quando nessun italiano varcò l’Atlantico. Gli atleti che a vario titolo, e sotto diverse sigle federali, si sono cimentati nell’arengo olimpico sono stati complessivamente 559, esattamente 416 maschi e 143 femmine. Ben più di quanto possano vantare altre storiche sigle dello sport nazionale, come il Canottaggio (al secondo posto con 337 partecipanti), la Ginnastica (289), il Ciclismo (283), il Nuoto (247), la Scherma che vanta il maggior di medaglie (230) e il Calcio (224). Questi dati, come quelli che seguono, sono tratti dal mio lavoro sugli italiani ai Giochi, un volume in corso di revisione. Vediamo un po’ più nel dettaglio.
• Partecipanti – La tabella che segue riporta i numeri della partecipazione in Atletica divisi per presenze. Sono in cinque ad aver preso parte ad almeno cinque edizioni dei Giochi. Il primo a raggiungere questo traguardo è stato Abdon Pamich – presente dal 1956 al 1972 – seguito nell’ordine da Pietro Mennea (1972-1988), Giovanni De Benedictis (1988-2004) e Fabrizio Donato (2000-2012). Tra loro una sola donna, Fiona May, ma con due partecipazioni sotto l’egida dell’Union Jack. Quanti ai Giochi ci sono stati una sola volta – 375 atleti complessivi tra uomini e donne – costituiscono il 68% del totale.
U D Tot.
5 volte 4 1 5
4 volte 8 4 12
3 volte 23 6 29
2 volte 96 42 138
1 volta 285 90 375
416 143 559
• Maratoneti – A spulciare le pagine di questo lavoro, si può andare più in profondità e – curiosità tra le tante – scoprire un’informazione inedita: che nell’Atletica la gara più affollata resta la … Maratona, gara che ha visto partecipare 70 corridori, 54 maschi e 16 femmine. Molto di più di quanti si siano cimentati sui 100 metri (47) o sui 200 (38) che seguono a distanza, numero superato in assoluto solo dagli staffettisti della 4x100 che sono stati complessivamente in 89. Senza dimenticare che la Maratona olimpica è stata vinta tre volte da corridori italiani: ai primordi da Dorando Pietri, inopinatamente privato del titolo, e in seguito da Gelindo Bordin e da Stefano Baldini. Ma che ha anche portato un argento e un bronzo.
Un quadro più preciso lo mostra la tabella che elenca le dieci gare più frequentate dagli italiani (al polo opposto, figurano due prove femminili: l’Eptathlon, con due sole partecipanti, e i 100 ostacoli con appena quattro).
U D Tot.
4x100 58 31 89
Maratona 54 16 70
4x400 45 18 63
100 33 14 47
200 31 7 38
400 28 7 35
800 24 10 34
Marcia 20 km 23 7 30
1500 23 7 30
Alto 21 7 28
• Esordio – Risale ai primordi del 1900 quando scesero in pista (se vogliamo, un eufemismo per un tracciato con fondo erboso disegnato sui prati del Bois de Boulogne) due ardimentosi ventenni milanesi, Umberto Colombo ed Emilio Banfi, il primo su 100 e 400, il secondo sugli 800. Entrambi a metà mattina del 14 luglio. Per i due giovani, presenti a titolo individuale e armati solo del loro entusiasmo, i risultati furono, a dire poco, disastrosi seppure in linea con il livello del tempo in Italia.
Tanto che la sconfortante esperienza, suggerì a Banfi alcune corrispondenze inviate a caldo, e con realismo, al direttore della Gazzetta, Eugenio Camillo Costamagna [1866-1918] che le pubblicò. Scriveva il giovanotto: “Sconfitta, terribile sconfitta. Queste parole mi suonano sulle orecchie continuamente dal momento in cui terminai la corsa in poi. Dato il modo con cui vanno i campioni internazionali qui convenuti, francamente non valeva la pena che noi si lavorasse e ci si alludesse sulla performance ottenuta. […] Per colmo gli organizzatori ci collocarono in batteria coi più forti: non le dico l'impressione avuta nel correre con loro. Sembravo fermo. Per ogni passo che facevano ero obbligato a farne tre, dico poco. A 600 metri mi sono domandato perché correvo ancora, ero solo ed i campioni americani miei concorrenti, avevano quasi compiuto gli 800. […] Nei 100 m. Colombo fece una bella gara fino a 50 m. rimase in gruppo, poi incespicò leggermente causa le scarpe inadatte per corse sull'erba, e perdette tre metri”.
Meno drammatico l’esordio femminile, avvenuto nel 1928 ad Amsterdam, sotto l’egida della Federazione Atletica Femminile (la prima donna ai Giochi era stata una tennista, Rosetta Gagliardi, che aveva gareggiato ad Anversa nel 1920). L’anno seguente la FIAF venne sciolta ed inglobata d’autorità nella FIDAL che fino ad allora aveva regolamentato solo le gare maschili (pochi ricordano che l’intera attività femminile venne accolta in seno alla IAAF solo nel 1936). In Olanda si recarono cinque ragazze.
Tra loro la prima a scendere in pista fu la velocista Derna Polazzo, che aveva appena 16 anni e 4 mesi, terza in una batteria dei 100 (in semifinale andavano le prime due). La ragazza – ch’era nata a Trieste quando la città era l’importante porto dell’impero asburgico – giocava bene anche alla palla-al-cesto tanto da essere chiamata a far parte della nazionale che nel 1930 disputò il primo incontro della sua storia, perdendolo contro la Francia. Elementi di primogenitura che non sono stati sufficienti a farla ricordare né dall’atletica né dal basket: lasciata presto l’attività e sposatasi nel 1935, Derna si era trasferita in un paesino della provincia di Gorizia, dove si spenta prima degli 82 anni. Dimenticata.
• Età – Tra le tante curiosità – per lo più inedite – cui il libro è in grado di rispondere, figurano le classi di età dei partecipanti. Si può così verificare che la Polazzo non è stata la più giovane italiana presente ai Giochi: in questo la precedeva Vittorina Vivenza, siciliana di nascita ma aostana di residenza, che proprio ad Amsterdam gareggiò nella 4x100. Con la stessa Polazzo, e le lombarde Luisa Bonfanti e Matilde Moraschi, furono le prime azzurre a disputare una finale olimpica, correndo in 53”3/5.
Sul fronte maschile, il più giovane atleta italiano presente ai Giochi è stato Renato Dionisi che – chiamato a furor di popolo nella squadra olimpica di Tokyo – disputò la qualificazione dell’asta all’età di 16 anni e 330 giorni. Poco meno di Carlo Speroni che a Stoccolma, nel 1912, aveva condotto in testa la Maratona fin nei pressi del 40° chilometro, prima di doversi fermare: era il 14 luglio, il giorno prima il giovane e caparbio corridore bustocco aveva appena compiuto 17 anni.
• Record – Tra i tanti record che ancora appartengono a Pietro Mennea, ce n’è uno destinato a durare a lungo. Mi riferisco alle gare disputate nelle sue cinque apparizioni olimpiche. Complessivamente, tra turni eliminatori e finali in quattro distinte gare, la “freccia di Barletta” ha corso 32 volte, rinunciando volontariamente alla 33ª, il Quarto sui 200 che aveva conquistato a Seoul. In questa classifica di merito, Mennea è ancora primo al mondo precedendo Carl Lewis (29 apparizioni) e Dan Quarrie (27). Anche se deve cedere alla stakanovista Marlene Ottey che ne ha messe assieme 53 (!) correndo tra il 1980 e il 2000 per la Giamaica e nel 2004 per la Slovenia.
A voler guardare in altri giardini, si può notare che quel 33 mancato da Mennea costituisca il totale delle presenze collezionate in piscina, tra il 2004 e il 2016, da Federica Pellegrini, messe assieme in sei gare, tre individuali e tre in staffetta, con 12 apparizioni sui 200 SL. Numeri comunque destinati a salire dal momento che la “divina” ha deciso di continuare e chiudere la carriera a Tokyo tra poco più d’un anno.
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