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Giovedì 15 Novembre 2018


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Il ritiro di Calgary suggerirebbe al CIO di accettare le candidature "solo" se sostenute da un referendum popolare.


di Gianfranco Colasante


L'avete voluta la bicicletta? Non so se il vecchio e saggio adagio si possa adattare alla candidatura avanzata per i Giochi Invernali del 2026 dalla residuale accoppiata Milano-Cortina (orfana di Torino, pensate un po', ...). Candidatura che - col ritiro di Calgary e le difficiltà economiche [sic!] della ricca Stoccolma - avrebbe ora buone possibilità di trasformarsi in una semplice formalità con la proposta italiana vincente per ... mancanza di contendenti. Resta sempre il problema che le nostre candidature olimpiche sono partorite da una oligarchia e mai nascono dal basso. Meno che meno vengono sottoposte al giudizio della gente, quella stessa chiamata poi a pagare. Da questo punto di vista fa scuola proprio Calgary. Che la sua proposta - leggibile qui (della nostra, invece, non c'è traccia) - l'ha pubblicata e sottoposta alla cittadinanza che ha potuto esprimere il proprio parere. Secondo una vecchia parola greca, caduta un po' in disuso, che si pronuncia democrazia.


Il presidente pro-tempore del CONI, Giovanni Malagò - cui va il merito/demerito (fate voi) di aver lanciato la candidatura di Milano già al tempo del governatore Maroni - ci ha invece rassicurato dicendo che per noi non c'era tempo per sottoporre l'idea al volere popolare. A Calgary, invece, il tempo l'hanno trovato, due mesi prima della dead-line dell'11 gennaio 2019. Al referendum consultivo ha così potuto votare il 39,7% degli iscritti alle liste: i SI sono stati 132.832 (pari al 43,6%), i NO 171.750 (pari al 56,4%). Oplà, il gioco è fatto. Non è ancora il ritiro ufficiale, ma la strada è stata tracciata.


Resta da chiedersi quale sarebbe stato il risultato di un referendum italiano. Una volta spiegati alla gente costi e ricavi. Pur volendo saltare a piè pari la tragica situazione dei conti del Paese. Se Stoccolma, capitale della florida Svezia, ha problemi economici, come ci informano i giornaloni, pensate un po' noi, ... Ma tant'è, si va avanti, con la curiosità di sapere chi fornirà a fine mese le garanzie economiche richieste dal CIO, sempre più preoccupato per il futuro dei Giochi, almeno per quelli Invernali, dal momento che gli Estivi li ha sistemati fino al 2028. Tanto che il santone Thomas Bach ha pensato bene di stringere un solido patto di partenariato con la multinazionale delle assicurazioni Allianz. Avessi visto mai ...


Vedremo come andrà a finire, con un  Governo non proprio compiacente con Malagò e un CONI sempre più indebolito, e - soprattutto - da dove usciranno i miliardi per organizzare in Italia i Giochi del lontano anno 2026 (quando molti degli attuali protagonisti non saranno più sulla scena). Dal momento che nessuno crede che basteranno i 400 milioni annunciati (che comunque non ci sono, a fatica se ne sono trovati 3 per partire) e che tutto sarà sostenuto dal contributo del CIO che - tra servizi e cash - dovrebbe coprire due volte quella cifra. Troppo facile, signori, per essere vero. E se così fosse, ci si chiede a bassa voce, perchè allora tante città si sarebbero fatte indietro?


Da questo punto di vista, Calgary è solo un capitolo. Forse nemmeno l'ultimo. Il referendum olimpico è un istituto che le città adottano ormai come regola stabile. I dati sulle ultime due edizioni invernali dimostrano quante numerose siano state le rinunce, una volta che le varie proposte sono state sottoposte alla volontà dei cittadini. Una lettura istruttiva e che raccomandiamo ai proponenti italiani in servizio permanente effettivo:


Giochi Invernali 2022

  • Cracovia (Polonia) - NO 70%, SI 30%
  • St.Moritz e Davos (Svizzera) - NO 53%, SI 47%
  • Monaco di Baviera (Germania) - NO 52%, SI 48%
Giochi Invernali 2026
  • Sion / Valois (Svizzera) - NO 54%, SI 46%
  • Innsbruck (Austria) - NO 53%, SI 47%
  • St.Moritz e Davos (Svizzera) - NO 60%, SI 40%
  • Calgary (Canada) - NO 56%, SI 44%

Questo per i referendum. Ma capita che gli stessi promotori, valutate le spese e i rischi, abbiano fatto autonomamente un passo indietro: così è accaduto per il 2022 con Oslo, Lviv e la stessa Stoccolma; per il 2026 si sono ritirate Graz e Sapporo mentre la turca Erzurum (la sola che aveva i soldi necessari, ...) si è vista esclusa con lungimiranza dallo stesso CIO per "scarsa esperienza". Anche per le edizioni estive i dati vanno decisamente nella direzione del NO. Sempre a seguito di referendum, per il 2024 si era ritirata Amburgo (52% i NO) e per il 2028 Vienna (con i NO addirittura al 72%). Vorrà pur dire qualcosa.

Esempi, quindi, numerosi e istruttivi e di cui il CIO - sempre più mal messo in tema candidature - dovrebbe fare tesoro. Anche perchè, in controtendenza, continua a dilatare sempre di più i programmi gare e, quindi, allargare le spese da sostenere. Semmai, ci permettiamo di suggerire, dovrebbe pretendere a garanzia che le possibili candidature debbano essere necessariamente sostenute da un referendum popolare. A scanso di brutte sorprese.








   
 

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