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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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(le oltre 400 testate dimenticate)





Saro' greve / Il 12 settembre di John Carlos e Pietro Mennea

Martedì 11 Settembre 2018

 

slt-1968 


Una lettura inedita, Lee Evans confessa che non aveva ben capito il messaggio di Martin Luther King.


di Vanni Lòriga

Settembre. Andiamo. È tempo di volare e voliamo con i velocisti. Consegnato alla Storia il 3 settembre 1960 di Livio Berruti, facciamo un balzo in avanti e ci trasferiamo da Roma a Città del Messico, Universiadi 1979. Dal 3 al 13 di quel settembre Pietro Paolo Mennea vive la decade più intensa della sua vita atletica, superata solo dalla settimana di Praga 1978. Riassumiamo le sue prestazioni giorno per giorno.

Città del Messico – Olympic Stadium (2248 m s.l.m.)
3 settembre – 200 m – 19”8 manuale
4 settembre – 100 m – 10”01 record italiano
10 settembre – 200 m – 19”96 record europeo
11 settembre – 200 m – 20”04
12 settembre – 200 m – 19”72 record mondiale
13 settembre – 4x100 m – 38”42 record europeo eguagliato

Il 19”72 resisterà come primato mondiale sino al 23 giugno 1996 ed è ancora primato europeo per cui, domani, festeggerà il suo trentanovesimo compleanno.

L’Universiade di Primo e di Pietro – A proposito di quelle Universiadi non c’è bisogno di ricordare a coloro che hanno una vaga conoscenza dei fatti atletici che si trattava della creatura inventata ed adorata da Primo Nebiolo. Che aveva anche il culto del record, soprattutto se stabilito da atleti italiani. Quelle Universiadi furono organizzate in altitudine proprio per offrire a Mennea le condizioni ideali per ottenere grandiosi risultati, Fu un’opera di strategia organizzativa studiata nei minimi dettagli. Chi asserisce, e ci sono, che Nebiolo non voleva Mennea al Messico sicuramente ha scarsa memoria.

Dimentica che la vera polemica nacque quando si seppe che Pietro aveva rinunciato a rappresentare l’Europa nella Coppa del Mondo, disputata a Montreal dal 24 al 26 agosto. Si arrivò anche al famoso schiaffo a Berruti durante il meeting di Formia. Tutto al contrario di quanto viene raccontato in un ridicolo film prodotto da Mamma RAI.

La scoperta di altura e Tartan – Abbiamo parlato di altitudine del Messico. Là si chiama altura e parlando di gare disputate in un Paese di lingua spagnola non è certo una bestemmia. L’altura e la data importante del 12 settembre ci portano a trattare di altri avvenimenti che le hanno in comune.

Ci trasferiamo così ai confini della California, ai 2249 metri di Echo Summit, nella Contea di Eldorado. Siamo alla vigilia dei Giochi di Città del Messico e gli USA Trials si disputano nelle stesse condizioni che attendono gli atleti nei primi Giochi in quota. Perciò “altura” e tartan, pista di materiale sintetico costruita per l’occasione tra gli alberi e le rocce, come mostra la foto.

Così scopriamo in un colpo tutto il nuovo che ci attende. E abbiamo per la prima volta un uomo che corre i 200 metri in meno di 20 secondi, esattamente in 19”7 (automatico 19”92): si chiama John Carlos che supera il grande Tommie Smith (20”0/20”18).

Il record non sarà omologato perché gli atleti calzano, per affrontare il compatto tartan, scarpette con 66 chiodini, una specie di grattugia in luogo dei … 6 consentiti dai regolamenti.

L’importanza della registrazione – Abbiamo anche un atleta che per la prima volta copre il giro di pista in 44 secondi netti (44”06 automatico). Si chiama  Lee Edwards Evans, studente della San Jose University. Al Messico correrà con nuovi record mondiali i 400 (43”86) e la 4x400 (2’56”16) che saranno insuperati per una ventina d’anni. Al momento della premiazione indossa un basco nero, segno del “black power”.

Lo incontrai in occasione dei Giochi di Los Angeles 1984 attivissimo nel Comitato Organizzatore. Gli chiesi il motivo di questo cambio di frontiera, da “potere nero” a quello ufficiale e mi spiegò che nel 1968 non aveva pienamente inteso il vero messaggio lanciato il 6 aprile da Martin Luther King, lo storico “I have a dream”.

Il profeta della non violenza sosteneva che le grandi e vere rivoluzioni si realizzano entrando nel cuore del sistema, Cosa non facile, perché il deprecato sistema della “registration” (ora attenuato) limitava, se non proprio escludeva il diritto di voto delle fasce più deboli, soprattutto degli afro-americani. Che nel suo discorso di Washington il profeta King definiva, senza tanti giri di parole, “negri”.

E da quella “marcia dei 250.000” tante cose sono cambiate, ma altre restano da fare considerato che su una base teorica di 220 milioni di elettori solo 142 milioni sono registrati, cioè eleggibili. Ma restano fuori sempre i più deboli, ovviamente.

 

 

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