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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Ma quanto "pesano" queste benedette medaglie?

Venerdì 23 Febbraio 2018

compagnoni 2

Interrogativi allusivi e retorici sul valore delle medaglie olimpiche, confronti senza riposta tra lo sci di un tempo e i programmi "mordi-e-fuggi" dei giorni nostri.

di Giorgio Cimbrico

Once e ettogrammi, libbre e chili, quintali e tonnellate: la bilancia è utile, specie in tempi in cui l’urlio potrebbe confondere e quel che è capitato trent’anni fa – o anche meno – possiede la buona e forte chance di esser dimenticato: lo diceva anche quel buonanima del professor Eco in una sua memorabile lectio magistralis in cui risultò che il rattrappimento della capacità di pescare nella propria biblioteca della memoria andava di pari passo con la velocità del dito che ricerca, prima su una tastiera e oggi su uno smartphone sempre saldamene impugnato e dotato di una buona riserva di giga. Giulio Cesare? Ehm, guardiamo su Wikipedia.   

Pesare le medaglie è un esercizio buono per i passatisti, ricorda una voce che non si sa se sia del Grillo o del Grullo Parlante, e così oggi è d’obbligo rassegnarsi ad ascoltare gli epinici, li avrebbe chiamati Brera, per le otto medaglie di Arianna Fontana che ha superato Manuela Di Centa ed è a due lunghezze da Stefania Belmondo. Sarà bene ricordare che le due acerrime rivali, la carnica e la cuneese, le hanno conquistate nel fondo vero, dai 10 ai 30 chilometri. Il fondo corto, individuale o a staffetta, ai loro tempi non esisteva. Già l’introduzione dello skating, o tecnica libera, aveva guadagnato l’aspetto di un sussulto tellurico, di una rivoluzione copernicana

Mi è capitato di definire lo short track pattinaggio da camera. Non è esatto: la musica da camera ha prodotto capolavori e potrei citare il quintetto per clarinetto e archi di Mozart, il quartetto opus 132 di Beethoven, “La morte e la Fanciulla” di Schubert. Lo short track è un rollerball senza violenze, al massimo qualche spinta che può sfociare in scivolate, cadute, squalifiche, clamorosi verdetti, come l’effetto Bradbury. È una cosetta rapida e divertente, che vedrei bene in un luna park. Al riguardo, esistono precedenti storici, risalenti agli anni della Depressione americana: ragazze dotate di caschi, paragomiti e ginocchiere, si sfidavano su brevi circuiti in legno, calzando pattini a rotelle. Lo short track è diffuso in Cina, Corea, Canada, Usa, Italia, soprattutto in Valtellina, provincia di Sondrio.

Quando si affrontano questi argomenti, per di più in tempi di vetrioleschi social media (ma io ne sono fuori), il rischio è quello di far la figura dello snob o, peggio, dello spregiatore del vessillo nazionale. È un pericolo che corro volentieri allegando altre riflessioni e esempi sui pesi e sulle misure e scandendo con interrogativi allusivi e retorici.

Quanto valgono le tre medaglie d’oro in superG in gigante di Deborah Compagnoni? O le tre (solo tre …) di Sara Simeoni da Montreal ’76 a Los Angeles ’84? In mezzo, la meravigliosa battaglia di dame, con Rosemarie Ackermann, sulla collina praghese di Strahov. Di quella serata stanno per essere scanditi i quarant’anni. Il tempo non è short.

 

 

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