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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Se volete un commissario, allora ve ne do due

Venerdì 2 Febbraio 2018

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di Giorgio Cimbrico

Malagò ha ragione. “Con tutto il rispetto, io vado in Corea”. Giusto, è il presidente del CONI e deve andare ai Giochi ormai appesi al filo del primo orizzonte. Spiace che in Corea vada soltanto per una breve, simbolica parentesi, Roberto Fabbricini che, in ogni caso, è autorizzato a rivedere al rialzo le sue presenze olimpiche: sedici, non male. Ormai fermo a un modesto 7, gli auguro di uguagliare Federer e di portarsi entro il 2026 a quota 20. Ho detto “spiace” perché io, che non ho mai avuto la stoffa del politico e del diplomatico, non li avrei nemmeno commissariati rendendo sempre più pingue il loro record del mondo (l’annotazione statistica è di Malagò): li avrei abbandonati al loro destino, sulla loro zattera della Medusa dai tronchi sempre più allentati e gonfi d’acqua, li avrei lasciati intenti ai loro scontri, alla loro dialettica vuota, ai loro giochi di potere, alla loro incapacità di gestire, di capire.

Basta guardarli in faccia: le maschere della commedia dell’arte, i volti di una prima repubblica che è diventata la seconda e per loro non è cambiato niente. Manichini ossibuchivori, come ha scritto Gadda; la banalità del vuoto, citando Hannah Arendt che si interessava di faccende più importanti.

Il calcio è la politica, la politica è gli affari, gli affari sono il calcio che è dimensione di potere: mettete tutto in uno shaker, agitate e avrete l’Italia del dissesto e il simbolo è il volto-maschera di Silvio Berlusconi che ogni giorno diventa sempre più simile a Johan Sebastian Bach Smith, il miliardario di 200 anni che comandava al mondo dopo un trapianto di se stesso. Berlusconi è stato il calcio, gli affari, la politica, il potere e ha lasciato impronte dappertutto. Berlusconi non è il Male, non è neanche Satana: se esistono cori angeliche, esisteranno anche corti diaboliche e lui è un semplice satanasso di terzo livello mandato a combinare un po’ di guai.   

Un po’ di queste cose mi sono venute in mente scrivendo il “coccodrillo” di Azeglio Vicini che era un onest’uomo e soprattutto rappresentava un calcio che è stato spazzato via. Una volta sembrava di leggere la Bibbia: e Valcareggi generò Bearzot e Bearzot generò Vicini. Coverciano era un luogo geografico ma soprattutto un luogo dello spirito, non è un caso che fosse un sogno diventato realtà del marchese Ridolfi, un raffinato gentiluomo che oggi vedremmo in difficoltà con, poniamo, un Lotito. Era un quartier generale che formava comandanti e attendenti, che dava un profondo senso a una faccenda che oggi è diventata una rottura di coglioni: la Nazionale.

Bene, dopo il terzo posto a Italia ’90 – ma come, non era già scritto che avemmo vinto? – Antonio Matarrese, ras democristiano di Bari, e l’ex-craxiano Berlusconi stabilirono che quelle successioni bibliche di re pastori e di semplici profeti dovessero essere interrotte per far spazio al nuovo Messia che proprio don Silvio aveva collaborato a spedire in scena: Arrigo Sacchi.

E questo, lo so bene, è solo un aspetto, ma è importante perché è diventato la prima crepa apparsa sulla facciata dell’edificio che, occasione dopo occasione, anno dopo anno, è stato preso d’assalto, saccheggiato, stuprato, come manco fecero i lanzi quando, l’anno del Signore 1527, calarono su Roma e la misero a ferro e a fuoco, profanarono donne e templi, sghignazzando delle loro malefatte.

La spartizione dei diritti TV che stanno diventando l’Eldorado di Orellana, di Pedro de Valdivia , questo è il vero e unico aspetto. Che poi tutto il resto vada in vacca, che i vivai si dissecchino, che gli stadi facciano schifo, che città e mezzi di trasporto siano blindati – come piace questa parola a quelli della tv -, che la loro isteria di miserabili potenti si trasmetta alla massa, bene, questo non importa a nessuno, in alto, in basso.

E poi arriva il giorno del redde rationem e l’Italia non va al Mondiale, e tanto per dare un tocco di civiltà la plebe di San Siro fischia l’inno svedese, e sembra il Giorno del Giudizio, dell’Ordalia ma a montare i destrieri dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse sono Tavecchio, Gravina, Sibilia e Tommasi e allora da una grande incisione di Durer non resta che spostarsi a un film di Verdone.

Io li avrei abbandonati non in irati flutti, ma nella loro palude dello Stige. Buona e rapida gita in Corea: Fabbricini avrà sei mesi che non gli invidio.  

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