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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Perche' non il commissario Basettoni?

Mercoledì 22 Novembre 2017

figc

di Giorgio Cimbrico

Un’opera buffa, un’opera da molti soldi, non da “drei Groschen” come quella di Kurt Weill, e anche una brechtiana ascesa e caduta della città di Mahagonny, uno scenario che non prevede la tragedia o l’apocalisse evocate dai responsabili, ma soltanto il grottesco e, accanto, le cadenze e i personaggi di una realtà scenica deformata, animata dal motore della finzione. Nell’opera le passioni ribollenti fanno presto a raffreddarsi, i delitti sono perpetrati con pugnali di scena, innocui, i tradimenti sono abissi profondi un palmo.

Ho provato a pensare a una versione lirico-drammatica di quel che sta avvenendo tra via Gregorio Allegri (musicista romano del Seicento, autore di un Miserere ammirato dal giovane Mozart che lo riportò su carta dopo un solo ascolto suscitando l’ammirazione di papà Leopold) e il Foro Italico che per via dei pini ad alto fusto può riportare a Ottorino Respighi, e ho capito che non si tratta di un compito né facile né agevole.

Di sicuro non è possibile avere l’aiuto di Richard Wagner: nessun Sigfrido, nessuna Valchiria, nessuna Caduta degli Dei. Al massimo, ricorrendo ad una traduzione alternativa di Gotterdamerung, un crepuscolo calato su un mondo acefalo, incapace di darsi vertici, ma molto capace di condurre guerre per bande, riottoso a ogni disciplina, a ogni intervento, a ogni logica. Non sarebbe male abbandonarlo sulla sua Zattera della Medusa, lasciare che i naufraghi si sbranino, attendere.

Dicevo che sarebbe bello prendere la trama di un’opera, affidarsi ai suoi personaggi e trasformare una sequela di fatti, di volti, di situazioni in quello che è accaduto, sta accadendo, accadrà e che occupa stabilmente gli spazi tra molte virgolette sportivi di quelli che oggi vengono chiamati i media, pronunciati ovviamente midia, in un’atmosfera che dalla crisi di governo può passare facilmente allo scenario di una Berlino prossima alla caduta, ma ancora disposta a credere a miracoli che derivano da fortunate congiunzioni astrali.

Se Tavecchio può essere Osmin, il guardiano del serraglio, molto compreso nel suo ruolo, sempre piuttosto incazzato e destinato alla beffa e alla sconfitta, Malagò non pare avere, sino in fondo, le ferrigne doti di uno Scarpia che faceva tremare tutta Roma, FIGC compresa. Per lo sfondo, andiamo meglio: cortigiani all’apparenza fidi o come Sparafucile pronti a vendersi al migliore offerente; qualche convitato di pietra antica ma sempre ben lustrata (Carraro); consiglieri che, presi di peso da Don Carlo, sarebbero perfetti in abiti neri, gorgiere di pizzo e spadino, sostituito dal telefonino di ultima generazione; organizzatori di trame (Lotito) che possono permettere un richiamo a Jago.

Passeggiate nei boschi musicali, negli apparati scenici, che in realtà non portano da nessuna parte, se si rimane in un repertorio alto, nobile, lontano da quel che è oggi il sistema di potere del calcio italiano in cerca di riforme (quali?), di uomini nuovi (quali?), di mutazioni, di palingenesi, di visioni, di programmi, di rifondazioni. L’elenco può continuare, suggerire persino la verità: gli interessi di tutti quelli che ronzano attorno a questo mondo, i diritti televisivi che sono poi l’unica cosa che conta.

Il calcio italiano non è un’opera che può finire nella stagione sensata e pensata e di un teatro serio. E’ una di quelle operine del Settecento, di autori oscuri, ormai coperti dalla polvere del tempo, dalle trame e dai personaggi mutevoli: una duchessa di Amalfi poteva trasformarsi in una maga saracena, un precettore in un seduttore, una vergine in una mignotta. Con quattro fondali dipinti e un minimo di guardaroba tutto era possibile e il pubblico, per qualche sera, si divertiva.           

Aspettando sviluppi, qualche modesta proposta. Per il commissario, nessun dubbio, il nome è quello di Basettoni, con l’aiuto del suo fido vice. Manetta.

 

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