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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Italian Graffiti / Lega: l'uomo delle figurine ha detto No

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Venerdì 10 Febbraio 2017

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Chi lo faceva da tempo in Africa, si è svegliato un po' sorpreso. Scomparso? Niente del genere: siete solo dei distratti. Dopo aver lasciato la politica (ricordate il "We can" del Lingotto che fece vibrare tutti i precordi della sinistra intellettuale?), o perchè invitato a lasciare - fate voi, a seconda dei punti di vista - Walter Veltroni le ha tentate proprio tutte pur di non finire nel Continente Nero. Libri, docu-film, convegni. Per ultimo, memore della cieca fedeltà juventina, ha aperto una rubrica sul calcio ospitata dal Corriere dello Sport. L'ultimo capitolo, una intervista da togliere il sonno ad Antonio Cassano, un altro degli scomparsi dalla memoria, per la serie "A volte ritornano, ...".

Intendiamoci, noi non la pensiamo come Mattia Feltri (Fatto Quotidiano) che in TV ha tranquillamente affermato che Veltroni, dove tocca, fa solo disastri. Certo, se guardiamo indietro e ci soffermiamo sulla direttrice Ulivo-PdS-PD, qualche perplessità rimane. Ma di queste faccende, e di come stiano andando a finire, non ci occupiamo su questo giornale. Ci interessa di più il rapporto di Veltroni con lo sport e col calcio, argomento tornato prepotentemente sulle prime pagine dopo la candidatura dell'ex-segretario dei Giovani Comunisti alla bistrattata Lega Calcio.

Per un paio di giorni, quella è stata la notizia, variamente commentata e temuta. Un sasso in piccionaia proprio nei giorni delle grandi manovre, o della guerriglia, per la prossima elezione (6 marzo) del presidente della FIGC. Argomento che sta togliendo il sonno anche ai vertici del CONI e, perchè no, all'indagato ministro dello sport Luca Lotti. Tavecchio? Abodi? Vedremo. Anche se qualcuno ha fatto notare che se il calcio è costretto a guardare fuori, addirittura a Veltroni, tanto bene non sta messo.

Motivo per il quale è stato accolto con generale sollievo il rifiuto di Veltroni, più che altro fatto filtrare dopo un elegante intervento di Urbano Cairo - presidente del Toro, ma anche proprietario della potente RCS (Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport, e molto altro) ed editore de La7, rete di punta dell'informazione televisiva. Come riferiscono i giornali, Cairo avrebbe detto: "Veltroni? Una persona per bene, ma non so se è quella giusta per la Lega". A quel punto che altro restava? Se non relicare: "Non ci sono le condizioni oggettive e personali per cui possa aderire". Buona fortuna e faccenda chiusa, anche se non ci è chiaro perchè Veltroni abbia aspettato due giorni. Ci credeva veramente?

Noi a Veltroni restiamo molto affezionati, soprattutto da quando - da direttore della bistratta l'Unità, oggi vetrina un po' appannata del PD renziano - molti anni fa, assieme al giornale, aveva lanciato una riedizione degli album delle figurine Papini. Un successo epocale, con assalti alle edicole e punte di vendita mai toccate prima (e dopo) dal foglio fondato da Gramsci. Non sappiamo se sia stato quel lontano successo a suggerire oggi il nome di Veltroni per la Lega. Di certo, come molto spesso accade da noi, nessuno ha rivendicato la paternità della proposta.

Così i maggiorenti delle società (le 7 sorelle?) dovranno al più presto trovare un altro manager o rassegnarsi a tenere Beretta. Uno che nessuno vuole, ma che poi tutti votano, tanto per gradire. Per il buon Veltroni un altro capitolo che si chiude. Dopo quello che - nella circostanza nessuno lo ha ricordato - sul finire del secolo, da vice-presidente del Consiglio, lo vide protagonista della candidatura olimpica di Roma ai Giochi 2004 e, in stretto collegamento e ripicca, dello sconvoglimento del CONI avviato a una riforma molto pasticciata. Con effetti arrivati ai giorni nostri.

Riforma un po' populista, si è detto, passata attraverso la chiusura del laboratorio anti-doping dell'Acquacetosa, le dimissioni imposte a Mario Pescante, gli schiaffi all'intero mondo dello sport da parte di una giovane e arrogante fedelissima di Veltroni, Giovanna Melandri, la "fatina bionda" osannata dall'allora Gazzetta. Da quei giorni molta acqua è passata sotto Ponte Milvio. La Melandri, oggi manager al fallimentare Maxxi, fa notizia solo per gli aumenti di stipendio che si attribuisce; il buon Veltroni è tornato al calcio e scrive lunghe interviste a giocatori scomparsi dalla memoria.

Se vogliamo, anche questo è uno spaccato del calcio italiano.  

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