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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Italian Graffiti / L'utilita' di un Liceo Sportivo ad Amatrice.

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Venerdì 13 Gennaio 2017

pirozzi

Il primo titolo di prima pagina del nuovo anno, Giovannino Malagò lo ha avuto da MF - Milano Finanza - che riferisce della scalata della sua GL Investimenti a Energica Motor. Tutto nella norma, non per nulla prima che presidente del CONI è un imprenditore di successo. Più sfumato, e di tutt'altra natura, il suo intervento a favore del cosiddetto Liceo Sportivo ad Amatrice, al centro del cratere del terremoto dello scorso agosto. Il decreto di istituzione - pare ci sia un solo precedente del genere, a Trento - porta la firma di Stefania Giannini, il solo ministro del governo Renzi escluso dal nuovo esecutivo guidato dal conte Paolo Gentiloni. Ma cos'è e soprattutto a cosa serve un Liceo Sportivo?

Se non ricordiamo male, l'idea nasce da Manuela Di Centa, quand'era in Parlamento. Ad Amatrice, ha preso corpo attraverso una direttrice che, partendo dal sindaco Sergio Pirozzi, passa dal CONI per arrivare al MIUR. Non per nulla, Malagò ha affermato che si tratta di "un'idea vincente" che "va oltre le logiche tradizionali sul cosa fare in una zona terremotata". Sarà vero o meno lo dirà il tempo, anche perchè il percorso di studi di un liceo, qualunque sia l'indirizzo, dura non meno di cinque anni. Oltre il quadriennio olimpico.

Di certo, si fa fatica a credere che tra le priorità di una zona - nella quale gli allevatori non hanno riparo per le loro bestie e le casette in legno per chi non ha potuto/voluto abbandonare il comprensorio sono ancora una promessa - possa esserci un Liceo a carattere sportivo. Ma tant'è, il paese non muore di annunci, se ne nutre. La realtà dei fatti è leggermente diversa: parrebbe - ma solo il tempo chiarirà - che si tratti di un cambio di indirizzo, l'istituto omnicomprensivo "Romolo Capranica" da scientifico passerebbe a vocazione "sportivo internazionale", sui binari di Diritto ed Economia dello Sport e Didattica digitale. A gennaio le iscrizioni, a settembre il via.

Ma non è questo il tema, visto - come parrebbe - che sono stati reperiti i fondi e ottenute le autorizzazioni. Diverso il discorso se ci spostiamo sullo stato attuale della Scuola italiana in genere, schiacciata tra opportunismo e "politicamente corretto". Nei giorni scorsi il Corriere della Sera ha pubblicato una analisi sul tema a firma Susanna Tamaro che dovrebbe indurre a qualche riflessione. E a qualche correttivo.

Che la Scuola italiana - per una serie di errori commessi negli anni Ottanta del secolo scorso - sia al lumicino e si sia saldamente collocata agli ultimi posti in Europa - è un dato inoppugnabile. Infinite la cause: su tutte, la mancanza di una programmazione che sia legata alla realtà dei tempi che viviamo, e che ancora pià vivremo nei prossimi anni.

Scrive la Tamaro (9 gennaio 2017): "L'educazione è la vera e grande emergenza nazionale. Non essere gravemente allarmati e non fare nulla per risolverla vuol dire condannare il nostro Paese ad una sempre maggiore involuzione economica e sociale. Che adulti, che cittadini, che lavoratori saranno infatti i ragazzi di queste generazioni abbandonate alla complessità dei tempi senza che sia stato loro fornito il sostegno dei fondamenti? Sono stati cresciuti con il mito della facilità, del tirare a campare, ma la vita, ad un certo punto, per la sua stessa natura pretenderà qualcosa da loro e gli eventi stessi inevitabilmente li porranno davanti a delle realtà che di facile non avranno nulla. Allora, forse, rimpiangeranno di non avere avuto insegnanti capaci di prepararli, di educarli".

E così via. Ecco, ci chiediamo: avranno letta questa pagina ad Amatrice? E avranno avuto tempo di farlo al CONI di Giovannino Malagò? Per il resto, comunque vada, cinque anni fanno presto a passare, ... anche se l'esempio dell'Aquila pare proprio non incoraggiare.  

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