Bordin
© www.sportolimpico.it / BiografieGelindo Bordin [1959]
Atletica
(gfc) Ad ottanta anni esatti dalla sfortuna impresa di Dorando Pietri a Londra, nel 1908, è stato il primo italiano capace di vincere una Maratona olimpica (sedici anni dopo, il secondo sarà Stefano Baldini). La corsa di Maratona ha costellato la sua storia di grandi drammi, ma ha anche saputo dispensare incredibili trionfi. Uno di questi l’ha vissuto proprio Bordin quando, un passo dopo l’arrivo, sfinito, tagliato il traguardo si chinò a baciare la pista dello stadio di Seul. Un gesto di omaggio, ma anche una manifestazione di liberazione. Era il 2 ottobre del 1988.
La lunghezza della gara Maratona – superfluo ripeterlo – vuole ricordare la distanza che separa Atene dal villaggio di Marathon, nell’Attica, e intende ricordare il sacrificio del soldato Filippide, spirato nel 490 a.C. dopo aver raggiunto Atene per portare notizia della vittoria dei greci sulle armate persiane di Dario il Grande. In termini metrici la distanza standard di 42 chilometri e 195 metri riprende quella stabilita ai Giochi del 1908, la stessa che separava il parco di Windsor (da dove la gara olimpica prese il via) fino alla pista di White City dove si consumò il dramma di Pietri. Nella Maratona gli italiani hanno colto rari successi, con un terzo posto di Valerio Arri ai Giochi del 1920 e un secondo di Romeo Bertini a quelli del 1924. Solo negli anni Ottanta sono arrivati risultati di rilievo, dapprima con Orlando Pizzolato, due volte vincitore a New York, e poi col bresciano Gianni Poli, primo a scendere sotto le 2 ore e 10'. Fino alla ribalta mondialer di Baldini.
Corridore di notevole taglia fisica, emerso a livelli internazionali senza clamori, giudiziosamente dialettico e mai spaccone, Bordin ha sempre preferito riservarsi per le grandi occasioni (non per nulla, in tutta la carriera ha affrontato la distanza non più di 16 volte, vincendone la metà). Campione olimpico, due volte campione d’Europa, medaglia di bronzo ai Mondiali del 1987, ma, curiosamente, senza mai riportare un titolo italiano. Nato in una famiglia contadina, a Longare, in provincia di Vicenza, il 2 aprile 1959, a 25 anni compiuti e dopo un decennio di gare in pista senza molta gloria, ha esordito nell’ottobre 1984 vincendo in 2h13’20” la maratona Enervit di Milano. Quel primo successo lo convinse a lasciare il lavoro da geometra per dedicarsi pienamente alle corse su strada, passando sotto la guida di Luciano Gigliotti, lo stesso tecnico emiliano che avrebbe in seguito prieseduto alla vittoria di Baldini ad Atene.
Nel 1985 ha avuto il battesimo internazionale nella Coppa del Mondo di Hiroshima classificandosi al dodicesimo posto. Dopo aver faticosamente superato una crisi di vocazione, nel 1986 ha conosciuto la prima grande affernazione imponendosi nella Maratona agli Europei di Stoccarda. In quell’occasione dette un saggio del cinismo che lo caratterizzava in gara. Dopo aver seguito la scia di Pizzolato per dieci/dodici chilometri, a 150 metri dallo stadio e con uno scatto da velocista lasciò sul posto il compagno di colori presentandosi solo al traguardo. Diventava campione europeo alla sesta maratona della vita!
Proseguendo sullo slancio, nell'estate del 1987 ha corso la maratona dei Campionati del Mondo di Roma: con un finale strepitoso ha chiuso al terzo posto, a pochissimo dal keniota Wakiihuri e dal gibutiano Salah e davanti all'australiano d’origine italiana Moneghetti. Nella primavera dell'anno olimpico è andato in America a correre la grande maratona che da Hopkinton porta a Boston: con il quarto posto ha stabilito la migliore prestazione nazionale (2h09'27") togliendola a Gianni Poli che gli arrivò appena alle spalle.
A Seul, nell'ottobre 1988, il trionfo olimpico (alla nona maratona) dopo un lungo ed estenuante duello con Wakiihuri e lo stesso Salah, stavolta incapaci di reagire al suo scatto finale ad un chilometro dall'arrivo. Una Affermazione che gli ispirato un romanzo autobiografico, “L’anello rosso”, pubblicato da Rizzoli. Il 1989 ha costituito un anno di misurata transizione, con la sola maratona di New York conclusa con un terzo posto e al di sotto delle 2 ore e 10'. Poi il 16 aprile del 1990, a Boston, la prima vittoria in una maratona americana con il 2h08'19" della nuova migliore prestazione italiana. Nel settembre del 1990 ha riconquistato il titolo europeo a Spalato, ancora davanti a Poli, al termine di una monotona gara dominata dall'inizio alla fine.
Nell'aprile del 1991, a 32 anni finiti, i primi segni di un logico logoramento con il primo ritiro, nella maratona di Londra, intervenuto dopo una trentina di chilometri. Nel caldo acquario di Tokyo, infine, il 1° settembre di quell’anno il faticoso e sofferto ottavo posto ai Mondiali dopo il crollo al 37° chilometro. “Improvvisamente m’è finita la benzina”, sarà all'arrivo il suo lapidario commento. Non andò meglio l’anno seguente , ai Giochi di Barcellona, quando fu costretto al ritiro dopo appena sette chilometri per un infortunio. Ultima apparizione sul grande palcoscenico internazionale.
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