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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

Piste&Pedane (13) / La caduta di Usain Bolt e il ritardo degli italiani

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Martedì 11 Giugno 2013

La settimana era incentrata sul Golden Gala del 6 giugno dedicato a Pietro Mennea, quinta tappa della Diamond League, rassegna che stenta a decollare. Che l’atletica abbia bisogno di trovare stimoli diversi, più innovativi, è notorio: che possa riuscire a farlo attraverso il circuito DL, dopo quanto si è visto finora, resta solo una speranza. E’ vero che la stagione è proiettata per tutti verso i Mondiali di Mosca, tra due mesi, ma il menù approntato finora pare piuttosto risicato. L’evento più eclatante della serata romana (50.000 gli spettatori, anche se il Comune aveva distribuito biglietti omaggio per la metà dei posti) è stata la caduta di Usain Bolt – battuto d’un centesimo dal più longevo dei velocisti di vertice, il trentunenne Justin Gatlin, già campione olimpico ad Atene 2004 – che ha fatto più rumore per come si è svolta la corsa, che per la sconfitta in sé. In gara fino a metà gara, il giamaicano è parso incerto nella seconda parte, sparita la sua straordinaria progressione. Si parla di ritardo di preparazione, forse di qualche mini-infortunio tenuto nascosto per via degli ingaggi. Ma qualcosa, almeno per quanto visto all’Olimpico, pare essersi inceppato nel suo motore. Una sconfitta, quella di Bolt (costato agli organizzatori del rientrato Gigi D’Onofrio 350.000 euro), che ha pesato in negativo sulla valutazione complessiva del meeting. Una valutazione sulla quale non incide la solita anonima ondata nera del mezzofondo.

Anche per gli italiani (pochini) la vetrina romana costituiva un importante palcoscenico di prova. A dover stare ai riscontri, si è avvertito un ritardo che il pur eccellente 1’44”67 di Giordano Benedetti (“personale” di qualità pari al sesto crono italiano di sempre con passaggi di 51”5 e 1’18”5), colto con una dirittura finale molto autorevole, non è bastato a nascondere. Più o meno sullo stesso piano il 12”97 di Veronica Borsi, al primo impegno serio dopo il fresco primato di Orvieto. Piccolo esame di riparazione a Torino (8 giungo) con il Memorial Nebiolo. In generale preoccupa il ritardo della velocità, verificata soprattutto in versione staffetta. Tanto più che proprio sulle staffette c’è stata la prima scommessa della nuova (?) federazione di Giomi e Magnani. Ora è attesa la prossima verifica che passerà attraverso la Coppa Europa a squadre, quando si potrà meglio valutare la concentrazione del gruppo di vertice. Ma è indubbio che dall’Olimpico sia giunto un flebile campanello di allarme. Il primo dopo un inverno europeo di buona lena, ma i cui risultati (vedi Tumi e Trost) sono stati, forse, sopravalutati.

Velocità
– Atteso dopo le follie invernali a tempi dell’ordine di 10”10, Michael Tumi ha verificato che le frecce al suo arco sono un po’ spuntate: 10”29 all’Olimpico e 10”27 a Torino, due giorni più tardi, non sono per nulla incoraggianti. Per di più la staffetta – con lontane ambizioni da finale olimpica – pasticcia ancora (39”52) alla terza uscita dell’anno. Meglio le donne affidate a Giorgio Frinolli (un gruppo giovane: Paoletta, Hooper, Siragusa, Draisci) scese a un 44”02 che può intendersi come stazione di partenza. Sul “giro” invece grava una cappa pesante, appena rischiarata da un modesto 46”40 del rientrante Matteo Galvan, un talento mai espresso a pieno. Anche qui si nota una certa effervescenza tra le ragazze (Chiara Bazzoni e Maria Benedict Chigbolu, scesa quest’ultima a 52”82) che potrebbero dare una scossa alla staffetta del miglio, sempre che si possa contare a pieno sulla misteriosa Libania Grenot.

Mezzofondo
– Appena spento l’exploit romano di Benedetti, miglioratosi di 67/100, ecco il trentino rientrare nei ranghi della normalità e scivolare agli ultimi posti di Torino con un modesto 1’48”81. Il ragazzo ha indubbie qualità, non espresse a pieno, ma deve trovare maggiore continuità di rendimento. In attesa che il cambio dell’allenatore, avvenuto sei mesi fa – passando dall’omonimo Gianni Benedetti al giovanissimo torinese Enrico Maffei, nello staff dei preparatori atletici della Juventus – dia i suoi frutti.

Ostacoli
– La punta resta la Borsi, tra i pochi nomi a confermare la brillantezza dell’inverno. Alle sue spalle si battono bene Marzia Caravelli e Micol Cattaneo, ma l’eccellenza si colloca ben al di sotto dei 13”. Sui “bassi” a Torino si è vista una nuova acquisizione dall’estero, la trentenne statunitense Jenny Rockwell-Grossarth, ma sul livello tecnico delle nostre. Tra i maschi, fermo per infortunio Paolo Dal Molin, fa fatica il semi-finalista olimpico Emanuele Abate, ancorato per ora ai 13”6/13”7 della normalità. Del “giro” parleremo solo dopo il primo meno-50.

Salti
– Il migliore è ancora Daniele Greco che, all’esordio, si è battuto bene contro l’olimpionico Christian Taylor e ne esce ancora sconfitto, sia pure di poco: 17.04 a 17.08 (a Londra era finita con 17.34 contro 17.81). Terzo il francese Teddy Tamgho (17.01) nelle panie di una difficile risalita. Una bella gara, sia pure su limiti non eccelsi. Tra le buone nuove ecco, finalmente, Giuseppe Gibilisco che all’Olimpico torna a valicare i 5.60 alla quarta uscita dell’anno, la prima italiana (per trovare una misura analoga, bisogna risalire alla Notturna di Milano del 9 settembre 2010). Nell’alto Silvano Chesani salta 2.28 nel Challenge di Rabat (9 giugno), tentando per la seconda volta quest’anno i 2.34. Un discorso a se meriterebbe Alessia Trost che, al primo impegno all’aperto, soffre la pressione e si ferma a 1.88.

Lanci
– Nel gruppo di testa si segnala Giovanni Faloci che, nelle condizioni favorevoli di Viterbo (4 giugno), raggiunge i 64.77, come dire mezzo metro oltre il suo precedente limite.

Giomi
– Dopo gli attacchi, un po’ strumentali, al calcio e a Giancarlo Abete che ne è il sacerdote officiante, ecco il neo-presidente distinguersi per essere l’unico ad esaltarsi per le esternazioni della ministra Josefa Idem circa la concessione della cittadinanza a chiunque si tesseri con una federazione italiana. Una posizione un po’ sospetta, visto che lo stesso Giomi ha giurato che resterà in atletica solo fino a Rio 2016.  

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