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Duribanchi / Una storia di persone vere e di nobili valori

Martedì 21 Novembre 2023

 

ucelli-tosi 


Storia che dovrebbe essere divulgata nelle scuole e nelle università. Spesso passiamo per una strada e non sappiamo chi in quella strada ha abitato. Persone normali che trovarono la forza per porre un “argine al disumano”.

Andrea Bosco

Stare dalla “parte giusta“ è una disciplina difficile da praticare. Comporta rinunce e sacrifici. A volte, “stare dalla parte giusta“, mette a repentaglio la vita. Bisogna saper distinguere tra il giusto e l'ingiusto. Tra il bene e il male. Bisogna avere la forza di non concedersi ai compromessi. Non è facile. Ma ci sono donne e uomini che l'hanno fatto. Non si reputavano degli eroi. Solo persone – come ha scritto Carlo Baroni sul Corriere della Sera – che misero un “argine al disumano“.

Ho deciso di occuparmi di una storia che non conoscevo. E che ho scoperto grazie al lavoro dell'amico Ugo Savoia: “Dalla parte dei giusti“, Neri Pozza editore, presentato qualche giorno fa al Museo della Scienza e della Tecnica a Milano. E' la vicenda di Guido Ucelli di Nemi e della moglie Carla Tosi (foto tratta da Wikipedia). Che per aiutare alcuni amici ebrei sfidarono il Fascismo e le SS. Finendo a San Vittore: lui torturato, lei maltratta e assegnata ad un campo di concentramento.

Guido Ucelli di Nemi [1885-1964] fu un grande industriale italiano. Nel 1914 aveva sposato Carla Tosi, figlia del fondatore delle omonime officine meccaniche di Legnano. Consigliere delegato della Riva, Guido era, oltre che un bravo ingegnere, anche un valente archeologo. Fu lui a recuperare le navi fatte costruire da Caligola affondate nel lago di Nemi, impresa tecnologicamente al limite del possibile, con il lago “svuotato“ per una trentina di metri. Le navi, distrutte da un incendio, non esistono più. Ma quell'impresa resta negli annali dell'archeologia. Impresa che valse a Guido, con la gratitudine di Mussolini, anche il titolo nobiliare concessogli da Vittorio Emanuele III.

Benché Guido e la sua famiglia avessero una posizione di rilievo nell'Italia del Ventennio, l'ingegnere, quando il Regime (dopo aver proclamato le leggi razziali), rimosse dall'incarico alla Riva, Renzo Anau suo stretto collaboratore, scrive a Mussolini quella che Savoia, nel suo intervento alla presentazione ha definito “una lettera muscolosa“.

“L'esclusione dell'Ing. Anau – scriveva Guido Ucelli di Nemi – sarebbe di grave pregiudizio alla produzione degli stabilimenti del gruppo, che danno lavoro a 2500 dipendenti e ritengo pertanto, in coscienza, di dover richiedere un provvedimento di eccezione per conservare la collaborazione di questo tecnico, della cui capacità, lealtà e italianità mi rendo personalmente garante“. Era una lettera coraggiosa: è una stagione nella quale, in Italia, si va in galera per molto meno. Ma la missiva non arriverà mai al Duce, archiviata in una vaschetta dal segretario di Mussolini, prefetto di prima classe Nicola De Cesare. Quando Guido lo capisce fa scappare Renzo Anau e la moglie Antonietta a Paraggi, nella villa di famiglia. Dove, con falsi documenti, resteranno fino al 1945 quando, al termine della guerra, potranno rientrare a Milano.

Ad altri amici andò peggio che agli Anau. Come ai coniugi Gino e Bianca Minerbi. “Venduti“ dal traghettatore che avrebbe dovuto portarli in Svizzera, alle SS. Il delatore offre ai nazisti anche una lettera nella quale i Minerbi ringraziavano Guido e Carla per averli aiutati. La lettera consegnata ai fascisti, porta i coniugi Ucelli di Nemi a San Vittore. Li dividono, li schedano come prigionieri politici, li maltrattano, li torturano: ma dalle loro bocche non esce una sillaba che possa nuocere ad altre persone. Da tempo hanno deciso da che parte stare. E la “parte“ è quella dei giusti.

Guido viene liberato dopo uno scambio di ostaggi. Ma Carla è ancora in carcere con il pericolo di finire in un campo di concentramento. Cosa che miracolosamente alla fine non avviene. Dei 5000 ebrei che in quel tempo vivevano a Milano, solo 1500 riuscirono a lasciare la città. E' una notte tetra che sembra senza fine quella in cui, allora, sprofonda l'Italia. Milano oltre che di Repubblichini e di SS è zeppa di delatori pronti a denunciare il prossimo per un compenso. “In casa non si parlava mai, né di politica, né degli amici che magari non vedevamo più: era pericoloso. Meno sapevamo, meglio era”, ha raccontato alla presentazione Pia Ucelli di Nemi, figlia di Guido e Carla.

I loro figli, attivi nella Resistenza militanti nelle Fiamme Verdi, collaboreranno con un prete diventato leggenda: don Barbareschi. Per il loro coraggio Carla e Guido verranno inseriti nel Giardino dei Giusti. Ma con la fine della guerra e della barbarie il lavoro di Guido non è ancora finito. E allora, proprio in quel chilometro che delimita in via Cappuccio la sua casa e la vicina via San Vittore, fonda negli anni Cinquanta il Museo della Scienza e della Tecnica: oggi “Leonardo da Vinci“. Portando a termine il progetto che aveva cominciato a coltivare tra le due guerre con l'approvazione di Guglielmo Marconi.

E' lì che tra le altre cose, Guido fa arrivare la fiancata del celebre transatlantico “Conte Biancamano“: nave bellissima e lussuosa, orgoglio della marina italiana. Ha raccontato Giovanna Majno, la nipote, dell'emozione provata, quando convinse il nonno a portarla a vedere quel pezzo di bastimento che non si capiva come avesse potuto entrare nella sala del museo.

“Mia nonna era una donna severa – ha spiegato Giovanna – mio nonno era più gioviale. Ogni mattina andava all'edicola e tornava con la sua mazzetta di sette/otto giornali. Dopo la sua morte abbiamo trovato molti ritagli, pagine intere, sottolineate e appuntate“. Alla presentazione (proprio nella sala Biancamano ) assieme a Fiorenzo Marco Galli che da 23 con successo dirige il Museo, c'era anche Sergio Harari che ha introdotto i lavori. Amico di Savoia, scrittore, giornalista e primario al San Giuseppe, in via San Vittore. Anche lui dentro a quel chilometro “magico“.

La storia è questa. Storia di due italiani. Storia che dovrebbe essere divulgata nelle scuole e nelle università. Spesso passiamo per una strada e non sappiamo chi in quella strada ha abitato. O magari entriamo in un museo e ci stupiamo per la presenza di un sommergibile o per gli incredibili disegni di quello che probabilmente è stato il più grande genio nella storia dell'umanità. Senza conoscere una storia parallela: quella ha portato alla nascita di quel museo. Mi ha rivelato Savoia: “Ho scoperto questa vicenda per caso“. Benvenuto “caso“, visto che ha portato a disvelare questa storia. Una storia di principi, uomini e valori.

 

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