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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / Il campionato piu' improbabile del mondo

Mercoledì 15 Novembre 2023


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Dalla guerra che non finirà tanto presto al complicato premierato. Possibile rifugiarsi nello sport viste le brutture varistiche presenti nel calcio? In fondo anche gli arbitri sono dei “giudici“. E decidono (anche loro) ad minchiam.

Andrea Bosco

Beppe Grillo, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa“: non compariva in televisione da 10 anni. Fazio ha rinunciato al consueto format “american style“ fatto di una intervista (alla quale benché registrata neppure Papa Francesco si sottrasse), lasciando al mattatore ligure la briglia sciolta: in piedi, seduto, disteso sulla scrivania. Un monologo di un'ora.

Fazio solitamente si mette abilmente di “lato“ rispetto all'interlocutore. Con Grillo ha fatto la “spalla“. Quando il debordante comico glielo ha permesso. Peccato: visto che per 10 anni Grillo ha parlato solo attraverso il suo blog. Ci sarebbero state molte domande da fargli.

ISRAELE – La guerra tra Israele e i terroristi di Hamas continua. Si chiede la pace, ma nulla viene fatto per ottenerla. In compenso si è scatenata una ondata di antisemitismo. Sostenere Hamas è una brutalità intellettuale. Censurare Israele per i bombardamenti su Gaza è lecito: 10.000 morti sono una enormità. Non esiste, però, la soluzione “due popoli, due stati“. Hamas non la vuole. L'Iran non la vuole: quello che vogliono è che Israele venga cancellata dalle carte geografiche. Cosa dovrebbe fare, allora, Israele? Ce lo dicano.

L'Europa, come ha scritto un saggista francese ha “orrore della guerra, perché dal 1945 non ha più dovuto combatterne“. Altri le hanno combattute, in sua vece. Ma se Annibale fosse alle porte, come si comporterebbero gli italiani e gli europei? Ha spiegato uno storico anglosassone: “Dopo Israele, toccherà all'Europa“. Così la pensava anche Oriana Fallaci. Nel nome dell'ideologia persino negli USA hanno dimenticato gli articoli della Costituzione. E quindi il Washington Post, il giornale più progressista degli States, il quotidiano che affondò Nixon con il Watergate, censura se stesso: una vignetta che pur nella sua crudezza, diceva la verità. E cioè che Hamas usa i civili (anche negli ospedali) come scudi umani. Oggi Humprey Bogart (“E' la stampa, bellezza“) prenderebbe a calci nel sedere i giovani redattori del Washington Post.

Israele ha le sue colpe. Ma da quando è nata per decisione (nel 1947) delle Nazioni Unite, non ha mai avuto un giorno di pace. Il mondo, oggi, le rimprovera una “settantennale occupazione“. Forse per evitare di rimproverare se stesso. Il mondo ha fatto zero per “educare“ alla convivenza e alla tolleranza. Il mondo dovrebbe rammentare di essersi girato dall'altra parte (Vaticano compreso) quando i nazisti spedivano a milioni gli ebrei nella camere a gas. E dovrebbe studiare (e soprattutto far studiare) per quale pesantissimo senso di colpa (del mondo) nacque lo stato di Israele. Il “Diario di Anna Frank“ agli studenti occidentali appare come una fiaba. Fiaba non è stata, purtroppo.

I palestinesi non sono Hamas. Ma neppure gli ebrei sono il governo di Netanyau. Le radici dell'odio affondano nel pregiudizio. All'università ho studiato Hugo van Hofmannsthal, poeta che scriveva ne “Il libro degli amici“ che “i più pericolosi dei nostri pregiudizi regnano in noi, contro noi stessi“. Farlo leggere a qualcuno. Al quale sembra “normale“ che una sanguinaria teocrazia come l'Iran possa presiedere all'ONU la “commissione sui diritti umani“. Come mettere Dracula alla presidenza dell'AVIS.

GIORGIA – In Italia il dibattito politico verte sul premierato. Forse a forza di andare in giro per il mondo, Giorgia Meloni ha perso il contatto con la gente comune. Alla quale della riforma costituzionale importa poco. Alla gente importerebbe che rapidamente andasse in porto l'annunciata (si farà mai?) riforma della giustizia. E non quel paragrafo di lana caprina costituito dalla “separazione delle carriere“ dei magistrati. Chiede, la gente, che i giudici che sbagliano, paghino per i propri errori. Come paga (o dovrebbe pagare) qualsiasi altro cittadino.

Meloni non cadrà per gli agguati degli alleati di governo. Non cadrà per una balbettante finanziaria. Non cadrà per l'emergenza migranti o per le valutazioni delle agenzie di rating. Neppure cadrà per non aver messo mano allo schifo rappresentato dalle chilometriche liste d'attesa per chi deve farsi operare. Cadrà, Meloni, per non aver fatto la riforma della giustizia. Anche questo governo teme i magistrati: preoccupato di finire nel loro tritacarne. La magistratura italiana sembra la sala VAR del calcio. Cerca il cavillo, riscrive la pandetta, ozia sul dialogo dei massimi sistemi. Uno stato nello Stato.  

AD MINCHIAM – Visto il gol annullato a Lecce? Immorale, annullarlo. Visto il “carpiato“ di Thuram in Inter-Frosinone? Da “regolamento“, per lorsignori, è “rigore“. Viste le altre brutture varistiche presenti nel campionato di calcio, ormai più improbabile del mondo? In fondo anche arbitri e varisti, sono dei “giudici“. E decidono (anche loro) ad minchiam. Segnalo il gol di Di Marco: se non è stato fatto per caso (cercando un cross) è il gesto balistico più bello degli ultimi anni. Segnalo Sinner (miglioratissimo) e segnalo Nole: l'ufo che magari perde quota per poi rialzarsi e sfrecciare verso l'orizzonte. Servirà a Sinner una gestione alla Tom Cruise.

Non segnalo la crisi che sembra attanagliare l'Olimpia nel basket: ci ha pensato l'Orso. Che come ai “francesi“ di Paolo Conte “le balle ancor gli girano“. Segnalo invece Matilde Villa, la ragazzina che appena avrà messo un affidabile tiro da tre punti, diventerà “non giocabile“. A tratti, lo è già. Segnalo che Mario Sconcerti ha ottenuto la Laurea Honoris Causa alla memoria come direttore tecnico: strameritata.

Segnalo infine l'incredibile decisione della FIBA che ha concesso al Partizan di tesserare Bruno Cabloco, sotto contratto con la Reyer, non si capisce in base a quale motivazione. Forse le medesime che portarono il famigerato mister Jones, a far rigiocare alcuni secondi della finale URSS-USA alle Olimpiadi, dopo che gli arbitri avevano sancito la fine. Ma in quel caso le “motivazioni“ erano note. Note e poco commendevoli.

 

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