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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / Neppure i talibani spaventano i Blue Tigers

Lunedì 13 Novembre 2023

 

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Solo in due sono emigrati a Dubai. Tutti gli altri sono rimasti in Afghanistan e hanno l’appoggio di un clan potente che ama il cricket e che sopporta certi atteggiamenti che ad altri costerebbero caro. Puntando alle Olimpiadi '28.

Giorgio Cimbrico

Al vecchio impero, soffiato va dalla storia, la Gran Bretagna ha lasciato un dono che nessuno ha intenzione di respingere anche in tempi di cancellazioni, negazioni, censure: il cricket. Da passatempo dei contadini inglesi del tempo di Enrico V a gioco universale il viaggio è stato lungo e l’accoglienza gradita.

Il cricket viene giocato in Australia, Nuova Zelanda, Fiji, Sudafrica, in tutto il Caribe (la selezione delle isole nella corrente che vanno dalle Bahamas a Trinidad mantiene ancora il vecchio nome di West Indies, Indie Occidentali) ed è attività sportiva e passione profonda per quello che viene chiamato subcontinente. Quanto a popolazione, salita a un miliardo e 400 milioni, l’India ha recentemente sorpassato la Cina, il Pakistan è abitato da 224 milioni, il Bangladesh, ex Pakistan Orientale, da 173 milioni, Sri Lanka, già Ceylon, da 22 milioni. Tirando le somme, il cricket, dopo il calcio, resta il gioco più seguito del mondo.

E’ anche lo sport di un paese che protettorato è stato brevemente e in due parentesi, la prima finita con un disastro memorabile e sanguinoso, diventato incubo nella società vittoriana: l’Afghanistan, il paese che ha sempre messo in fuga gli invasori. Va così da un migliaio d’anni.

In questi giorni, ai Mondiali, le Blue Tigers, la nazionale afghana, hanno battuto il Pakistan (ancora per poco campione in carica), lo Sri Lanka, l’Inghilterra e hanno ceduto all’Australia per un magistrale lancio dell’ultima ora di Glen Maxwell. Le residue speranze di entrare tra le semifinaliste sono state cancellate dal Sudafrica. Il match era in programma all’Ahmenabad Colosseum, 130.000 posti a sedere.

La vittoria sul Pakistan è stata accolta dagli esperti come uno dei più grandi sovvertimenti della storia, più o meno come quando nel 2015, ai Mondiali di rugby, il Giappone sconfisse il Sudafrica. O ricercando più indietro nel tempo, quando nel 1950 gli USA del calcio ebbero la meglio sui maestri inglesi che si erano finalmente convinti a scendere in campo nella Coppa Rimet.

A parte due giocatori che hanno lasciato il paese per Dubai, gli altri non hanno imitato le ragazze che, dopo che i talebani avevano negato il loro status di professioniste, hanno preferito l’esilio. Sono rimasti in Afghanistan e hanno l’appoggio di un clan potente che ama il cricket e che sopporta certi atteggiamenti che ad altri costerebbero caro: le Blue Tigers vogliono che venga suonato il vecchio inno e che venga esibita la bandiera che sventolava prima della presa di potere degli integralisti islamici.

Le loro vittorie hanno scatenato l’entusiasmo dei rifugiati in India (in migliaia hanno affrontato lunghi viaggi per sostenerli) e provocato manifestazioni di giubilo a Kabul, a Kandahar, a Herat, represse dalla polizia taliban.

I fondi concessi dall’ICC, la federazione internazionale, serviranno a dar loro stipendi tra le 900 e le 2000 sterline, cifre rilevanti in un paese dal reddito tra i più bassi del mondo. L’allevatore di pecore o il giovane che faceva mattoni di fango per comprarsi la mazza avranno meno problemi. Tutto sommato, da quelle parti, dei privilegiati.

 

 

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