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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

Piste&Pedane / L'elogio della fatica

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Mercoledì 7 Giugno 2017

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di Daniele Perboni

Caro direttore, dopo qualche tentennamento ho deciso di inserirmi nella disputa nata a seguito di quanto scritto da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera e cui anche tu hai dato seguito. Perché nel Bel Paese non fioriscono più i talenti di una volta? Le risposte, a mio avviso, sono molteplici: poca voglia di allenarsi, mancanza di abitudine alla fatica (sì, anche quella si coltiva o, se preferite, si allena, sin da piccoli), concorrenza spietata di altri sport, e fra questi mettiamoci anche i più comodi videogiochi, monotonia dei lunghi allenamenti (ci si diverte molto di più in gruppo), bacino in cui “pescare” eventuali futuri campioni, tecnici poco preparati e ancor meno incentivati (i migliori emigrano verso spiagge più remunerative).

Sicuramente ho dimenticato altre motivazioni, ma penso che già queste bastino per sviluppare una lunga discussione fra gli addetti ai lavori. Voglio precisare che non ho la ricetta in tasca o la classica bacchetta magica per risolvere l’annoso problema, ma penso, modestamente, che il punto focale sia da ricercare nel continuo svuotamento del bacino scolastico in cui nel passato si era soliti scovare atleti. E non scopro certo l’acqua calda… Che poi questi ragazzi si tramutassero in campioni o semplici agonisti è un’altra storia …

Insomma, più si allarga la base su cui lavorare, più si hanno probabilità di “portare a casa” qualcosa di concreto. Che poi alla debacle complessiva concorrano anche gli altri fattori sopra elencati mi sembra più che ovvio. Così, tanto per fare un piccolo esercizio, sono andato a rileggermi alcuni vecchi testi sacri pre Internet. E fra questi anche al tuo lavoro che si può trovare su questo sito: Prime 500 prestazioni All-time. Mi sono limitato a pochissime specialità, 1500, 5000, 10.000 e 3000 Siepi. Perché solo queste gare e non altre? Semplicemente perché pensavo ad un altro articolo che non c’entrava nulla con queste poche righe.

Ma bando alle ciance. Cosa ho “scoperto”? In tutte queste specialità le prime trenta performances (salvo poche eccezioni) sono state ottenute prima dell’avvento del nuovo Millennio, oltre diciassette anni fa. Sportivamente parlando è un’altra generazione. In alcuni casi anche due o tre. Tanto per fare un esempio, il record italiano delle siepi appartiene ancora a Francesco Panetta. I migliori crono sui 5000 e 10.000? Portano la firma di tal Salvatore Antibo. E nonostante tutto riusciamo ancora ad esaltarci se qualche baldo giovanotto di questo secolo finisce un 1500 in tempi appena sotto la soglia dei tre minuti e quaranta secondi o se il tal specialista finisce un 3000 con barriere attorno agli otto minuti e quaranta …

Come detto, mi sono limitato a poche specialità di corsa, ma sono quasi certo che nelle restanti la musica non cambia di molto. Che cosa è possibile fare, dunque, per risolvere il caso? Frequento l’ambiente da oltre quarant’anni (prima come modesto atleta, poi come giornalista, quindi come appassionato e di nuovo come giornalista, ma per diletto) e di proposte ne ho sentite a iosa. Purtroppo non se ne è venuto mai a capo di nulla, o quasi. A fasi alterne abbiamo avuto alti e bassi, nuovi talenti, precoci campioni troppo presto spariti nel nulla, qualche grande atleta, promesse, campioncini, grandi vecchi dal passato luminoso. Non tutto è stato inutile. Qualche frutto è maturato e tutto sommato questa disciplina non è ancora affondata, anche se l’acqua sta salendo inesorabilmente.

Il punto fermo è che siamo lontani anni luce dai fasti di un recente passato e il mondo (atleticamente parlando) è là fuori che ci guarda dall’alto in basso. Caro direttore, concordo pienamente con te quando affermi che la stampa non aiuta certo a risollevare le sorti atletiche dello Stivale. Illuminante a tal proposito la politica di un quotidiano come la Gazzetta dello Sport, che ha abdicato al ruolo di “educatore sportivo”, per tramutarsi in gran cassa delle varie corse colorate, di prima mattina, tardo pomeriggio e pre-cena (d’altronde sono organizzate da mamma RCS, quindi…). A quando la corsa nel fango? Meglio, molto meglio, la maratona allestita anni fa (non so se ancora sopravvive) dalla Legione Straniera: corsa in perfetto assetto militare con tanto di zaino in spalla e scarponi d’ordinanza.

Nella foto: Stefano Mei, Salvatore Antibo e Alberto Cova a Stoccarda 1986.
 

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