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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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(le oltre 400 testate dimenticate)





Roma '24 / Montezemolo sta a Carraro come Malago' a Barelli

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Giovedì 12 Febbraio 2015


LUCIANO BARRA

 


carraro È come l’influenza autunnale. Appena esce l’idea di fare qualcosa di importante nello sport, ecco che rispuntano le ombre di avvenimenti organizzati nel passato. Ed il più delle volte quelle ombre sono superficiali e qualunquiste. Così sta accadendo: si parla della Candidatura di Roma ai Giochi del 2024 ed ecco che escono le ombre dei Mondiali di calcio 1990 e di quelli di nuoto del 2009. Il Sindaco di Roma ha persino parlato dei Giochi di Roma 1960! Absit iniura verbis! Onesti e Zauli si rivolteranno nella tomba. Bisognerà che qualcuno dia al Sindaco Marino una copia del Rapporto Ufficiale dei Giochi della XVII Olimpiade per capire che per quei Giochi tutti gli impianti sportivi furono finanziati direttamente dal CONI e poi donati alla città, famosa per non aver mai costruito a Roma un impianto sportivo serio. Forse lui si riferisce ad un eventuale contenzioso aperto fra Comune e il defunto INCIS sulla costruzione del Villaggio Olimpico, …

Ovviamente, in un momento in cui la parola “corruzione” è diventata un “must” di tutti i telegiornali a reti unificate, è chiaro che come si parla di costruire qualcosa, il sospetto nasca. Ha ragione il presidente Renzi, e con lui Giovanni Malagò, a rigettare questo timore. Personalmente, e l’ho scritto, io andrei ben oltre sostenendo la tesi che questo invece è il momento di investire e costruire per fare diventare Roma una città moderna e non del terzo mondo, come sta avvenendo. Se poi per costruire si deve usare Cantone, come se fosse un mastice od un detersivo per cui tutto si lava più bianco che si può, lo si usi pure.

Così ecco che, periodicamente, vengono citate le “nefandezze” dei due avvenimenti di cui sopra, confondendo l’organizzazione dell’evento sportivo con eventi collaterali. Una cosa è vera: intorno, e grazie, agli eventi sportivi sono stati commessi errori e scempi, ma essi non possono essere certo imputati al mondo dello sport.

La storia dei Mondiali di Calcio va una volta per sempre chiarita. Grazie a Luca Cordero di Montezemolo l’Italia ha dato al mondo un esempio organizzativo di prim’ordine. Un solo dato basta a dimostrarlo: chiusi i conti organizzativi il Comitato Organizzatore ha reso disponibili alla FIGC ed alla FIFA ben 170 miliardi di vecchie lire (88 milioni degli attuali euro). Settanta miliardi sono andati alla FIFA, cinquanta miliardi, grazie alla generosità della FIGC di Matarrese, ai club italiani e il resto alla FIGC stessa. Questo è scritto nelle carte, ma nessuno lo scrive o lo ricorda mai.

Se c’è una colpa da fare, è l’impostazione data nella ristrutturazione e/o costruzione degli stadi, anche se come stato ricordato in questi giorni, per nessuno opera sportiva vi sono stati motivi per cui i magistrati abbiano dovuto mettere mano. La colpa è stata di concepire, a distanza di cinquanta anni – da quando cioè il regime fascista pianificò gli stadi per la Coppa del Mondo del 1934 –, stadi simili e concettualmente superati. Tutto rivolti al “dio sedile” e alle coperture e poco al concetto moderno che vede gli stadi come immobili polifunzionali (allora già esistevano gli stadi di Montecarlo, Oslo ed Amsterdam con uffici, negozi, ristoranti, palestre e quanto altro). Lo Stadio delle Alpi a Torino ed il San Nicola di Bari sono due dei peggiori esempi di Italia ‘90. Ricordo che in occasione dell’inaugurazione dei Giochi del Mediterraneo a Bari, presente il Presidente della Repubblica, avemmo difficoltà a trovare una sala che contenesse le autorità nazionali ed internazionali.

Per assurdo lo stadio che ha vissuto le maggiori polemiche è stato lo Stadio Olimpico di Roma. Storia che conosco molto bene. Sembrava che il costo di 170 milardi fosse esagerato. Nessuno sa che l’Olimpico, oltre ad essere uno stadio da oltre 75 mila posti, ha 10.000 metri quadrati di uffici e 20.000 metri quadrati fra magazzini, sale riunioni e altro. Negli anni di punta, all’Olimpico lavoravano ogni giorno – fra CONI, Federazioni Nazionali ed altro – circa 1000 persone. Economicamente ciò giustificava la sua esistenza molto più dei 25 “omini” in calzoncini corti (giocatori ed arbitri) che vi scorazzavano per 90 minuti ogni settimana.

Qualcuno, un giorno, dovrà valutare l’impatto economico dell’Olimpico quale immobile rispetto al valore economico dello stesso come campo di calcio. Senza dimenticare che lo Stadio di Wembley è costato nel 2011 oltre 750 milioni di sterline di allora, circa 1000 milioni di Euro, 2000 miliardi delle vecchie lire!

Ovviamente non si può dimenticare che i Mondiali del ’90 furono accompagnati dalla legge 65/1987. Si trattò di un decreto legislativo approvato dal Governo il 3 gennaio del 1987 e trasformato in legge dal Parlamento nel tempo record di due mesi. La Legge cita “Misure urgenti per la costruzione e l’ammodernamento di impianti sportivi, per la realizzazione o completamento di strutture sportive di base e per l’utilizzazione dei finanziamenti aggiuntivi dell’attività turistica”.

La legge, come si può verificare su Internet, era firmata da Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio. Metteva in moto oltre 910 miliardi di contributi, mutui agevolati ventennali soprattutto a favore di regioni e comuni. Credo che non furono tutti utilizzati, anzi si dice che esitono ancora residui. Il mondo dello sport, e quello del calcio, prestarono i Mondiali affinché i politici potessero coltivare i loro interessi elettorali.

Al fine dell’organizzazione dei Mondiali furono costruite anche opere che oggi vengono ricordate con giusta vergogna. La Stazione di Vigna Stelluti e la linea ferroviaria che portava dallo Stadio Olimpico a Saxa Rubra. Uno scandalo in quanto poi furono entrambe chiuse, mentre erano due opere importantissime per la città e per snellire il traffico. Così come importante fu il sottopasso costruito fra Flaminia e Via dei due Ponti e tante altre opere che oggi non si ricordano mai. Così sarà stato altrove.

Ritornando al titolo di questo articolo, si associa sempre l’avvocato Montezemolo a questa ultima parte delle opere dei Mondiali, ma non alla sua organizzazione sportiva e al successo finanziario. Non è giusto e storicamente non corretto. Si dimentica che ad ombrello di Montezemolo ci fu Franco Carraro (Presidente del CONI fino al 1987, subito dopo Ministro del Turismo fino al febbraio del 1990 e quindi, designato nel famoso “patto del camper”, Sindaco di Roma nel gennaio del 1989, per poi essere eletto nell’ottobre dello stesso anno). Lui fece molto per i Mondiali, sfruttando la sua posizione politica di primo piano, e nonostante qualcuno abbia visto dei forti contrasti d’interesse nelle varie posizioni, a lui mai è stato imputato alcunché, confermando la sua nota correttezza formale.

Eppure quando si parla male dei Mondiali si ricorda Montezemolo e mai si cita Carraro!

La stessa cosa è accaduta con i Mondiali di Nuoto. È stato Giovanni Malagò a volere tutte le piscine che poi sono state costruite a Roma o è stato un interesse del presidente della federanuoto Paolo Barelli, che giustamente voleva sfruttare l’avvenimento per promuovere a Roma la sua disciplina? Eppure quando si parla delle vicende giudiziarie legate a quelle piscine, il nome che è venuto fuori è stato sempre è solo quello di Malagò.

Forse la sola colpa di Malagò è stata quella di “sforare” – a differenza di quanto aveva fatto Montezemelo con i Mondiali di Calcio – in maniera enorme i costi organizzativi dei Campionati, che sono stati tuttavia un grande successo agonistico. Per quella colpa qualcuno ha storpiato, ingiustamente, il suo nome come Megalò! A me riesce difficile capire, alla luce di ciò, come faccia a pensare di poter gestire la Candidatura di Roma 2024 con 5/10 milioni di euro contro i 50 e rotti delle altre città.

Ma questo è un altro discorso. Il mio vuole essere un tentativo di ristabilire la verità sui due avvenimenti sportivi organizzati in Italia, e che tanto successo hanno avuto, e sottolineare come non sia giusto dare la colpa proprio a chi li ha così bene organizzati e portati a termine.
 

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