CONI / Sul fronte doping scendono in campo i carabinieri, ...
Venerdì 30 Gennaio 2015
(gfc) Tutto il doping ai carabinieri? Sarà perché fatico a prendere sul serio i “dirigenti” dello sport italiano (di ieri e di oggi), ma il nuovo annuncio di Giovanni Malagò, mi ha sollecitato qualche riflessione. Allora, riepiloghiamo. Intervendo all’Istituto Superiore di Sanità, il presidente itinerante del CONI ha anticipato che il prossimo 9 febbraio verrà data contezza di un accordo quadro tra il CONI e i NAS dei carabinieri “per una svolta epocale” sulla lotta al doping. Come è noto, la materia è regolamentata dalla legge 376/2000, ancora in attesa di una piena applicazione (per Torino 2006 venne addirittura “sospesa”, bizzarria tutta italiana, …). Quindi le indagini restano affidate ai tribunali e ai carabinieri che ne sono parte attiva. Di contro, sin dal 2007 il CONI ha sottoscritto un accordo con l’esecutivo riservandosi i controlli sull’alto livello (Schwazer e compagnia, per capirci, … ma poi è dovuta intervenire la WADA) e lasciando a una commissione ministeriale quelli sugli amatori, anche se resta imprecisata la linea grigia che separa i due settori. A completare il quadro, ecco il laboratorio anti-doping dell’Acquacetosa che però va per conto suo, affidato com’è alla federazione medico-sportiva. Poi, sullo sfondo, incombono la WADA, l’onnipotente agenzia mondiale anti-doping, e il CIO che vorrebbe leggi dello Stato più incisive. Quindi, …
In attesa che su questi vent’anni di buio si faccia finalmente luce, l’uscita di Malagò pare un passo in avanti. Ma secondo alcuni osservatori si tratta solo di uno specchietto. Dice Sandro Donati che della battaglia al doping, tra alti e bassi, ha fatto la ragione della sua vita di pensionato CONI, che così l’orologio dell'anti-doping verrà portato indietro di almeno quindici anni. Vedremo se avrà visto giusto. Da parte mia, sembra che Malagò – già alle prese con una difficile e bizzarra tessitura di Roma 2024, che certo non gode di grande popolarità – stia tentando almeno questa volta di giocare d’anticipo. Con una mossa che rischia però di ritorcersi tout court contro lo sport d’alto livello. Chi deciderà, tra i NAS, dove e quando indagare?
Aggiungendo un nuovo elemento di confusione ad una materia che già non brilla per trasparenza. Ma soprattutto nel timore che vada avanti la recente interpellanza al Governo dei 34 parlamentari PD (primo firmatario Paolo Cova) che chiedono una struttura anti-doping totalmente “terza” rispetto a CONI e Ministero della Salute. Come esiste in molti altri paesi e come, d’altra parte, indica la stessa legge 376, … Ma infine non parrebbe più opportuno impiegare quei soldi per una seria campagna anti-doping tra i giovani? O costerebbe troppa fatica, lontana dalla logica degli annunci, oggi così tanto di moda?
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