- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Opinioni / CONI-FIGC: la battaglia del grano

PDFPrintE-mail

Venerdì 31 Ottobre 2014

LUCIANO BARRA


fifa


La “battaglia del grano” – come dice Wikipedia – fu la campagna lanciata durante il regime fascista da Benito Mussolini allo scopo di perseguire l’autosufficienza produttiva di frumento dell’Italia. Non vi ricorda questa l’attuale battaglia che si è aperta al CONI nella (ri)distribuzione delle risorse messe a disposizione dallo Stato per lo Sport nazionale? Ovviamente Giovanni Malagò non può essere paragonato a Benito Mussolini, ma se la frase di allora (1925) la leggete modificata in “autosufficienza produttiva di sport dell’Italia”, tutto il resto non fa una grinza. Io non condivido molto quanto ha scritto – a commento delle decisioni del CONI – l’amico Colasante: ma il mondo è bello perché il contrasto di idee produce solo aspetti positivi (meno che in politica). Le sue perplessità nascono dalla tempistica, dall’accelerazione, dall’opportunità. Io, a costo di essere considerato “talebano”, dico che la delibera presa dalla Giunta Esecutiva e dal Consiglio Nazionale del CONI è invece incompleta. Essa doveva avere, in chiusura, un breve codicillo che prevedeva, da parte del CONI, il recupero – quello sì dilazionato in molti anni – delle cifre impropriamente incassate dalla Federcalcio negli ultimi 10/15 anni, anche se al limite forfettizzate. E mi spiego, cercando di essere breve perché si dovrebbe trattare dei fatti storici che tutti conoscono, anche se in questi giorni non molto citati.

Privilegi de calcio – Il contributo pubblico annuo che la Federcalcio (unica federazione di calcio del mondo occidentale che riceva un contributo pubblico di tal genere), ha ricevuto dal CONI quale tributo per l’esistenza e la sussistenza del Totocalcio, aveva toccato in passato livelli importanti. Forse oltre 75 milioni degli attuali euro. Alla fine degli anni Novanta, auspice il WM (che non è il sistema di gioco inventato dal tecnico inglese Herbert Chapman, ma l’acronimo per Visco, Veltroni, Melandri), il calcio ottenne tutta una serie di privilegi: SpA, diritti TV individuali e poi collettivi, il famoso “spezzatino”, tanto odiato dai tifosi quanto auspicato dalle televisioni. Contro il WM si battè Mario Pescante, ma fu abbattuto con il pretesto della mala gestione del Laboratorio Doping dell’Acqua Acetosa, bolla di sapone che non ha mai sortito neppure il più banale e abusato avviso di garanzia e che. tutto al più, avrebbe dovuto scalfire il suo segretario generale.

Vinse il WM che ci ha portato alla situazione attuale, passata addirittura dallo “spezzatino” di marca italiana al “sushi” orientale, per soddisfare i clienti del sol levante. E grazie a tutto ciò il Totocalcio è crollato, aiutato anche dal successo del Superenalotto, con le casse del CONI rimaste vuote. E’ in seguito intervenuto Giulio Tremonti con una delle invenzioni tecnico-finanziarie (CONI SpA, legge sul finanziamento del CONI) e così – per farla breve – le risorse del CONI sono scese dagli 800 milioni di euro dei momenti d’oro del Totocalcio agli attuali 400, o poco meno.

Era allora, all’inizio del millennio – come si fatto ha ammesso onestamente Petrucci – che il CONI avrebbe dovuto rivedere i contributi alla Federcalcio, che grazie allo “spezzatino”-“sushi”, ha potuto incassare oltre un miliardi di euro dalle televisioni. Ecco perché dico che la delibera del CONI avrebbe dovuto prevedere un rimborso retroattivo per quanto ingiustamente incassato dalla FIGC. Ogni giorno i giornali riportano notizie di incassi illeciti realizzati da persone o aziende (non solo pensioni)a cui il Fisco applica la norma del recupero dilazionato. E perché non in questo caso?

Guerra fratricida – Colasante paventa il rischio di una guerra fratricida che potrebbe portare la FIGC fuori dal CONI, come altre associazioni sportive professionistiche, posizionandosi non più nel mondo dello sport, ma in quello dell’entertainment. Se si paventa la minaccia, è perché la FIGC sa che può addirittura fare a meno degli attuali 40 milioni pubblici e, quindi, sopravvivere delle proprie entrare. E chi dice che questo scenario non sarebbe un bene per il Calcio e per lo Sport italiano? Finalmente si avrebbero, all’americana, i “draft” per il passaggio dei giocatori, tornei gestiti con le collaudate formule americane, ecc., come auspica da anni Alberto Acciari.

Dubito che questo possa essere la vera intenzione della Federcalcio. Servirebbero altre teste per condurre un’operazione così nuova e così intelligente. Invece si alzano cortine fumogene pretestuose, come quelle di minacciare il taglio delle attività dilettantistiche (arbitri e resto, ma attenzione, non si parla degli arbitri professionisti, che vantano guadagni superiori ad ogni medaglia d’oro olimpica, ma a quelli delle categorie dilettanti). Quasi come avvenne durante la prima guerra del Golfo, la famosa Desert Storm, quando gli iracheni attaccati dalle forze della coalizione, mettevano donne e bambini a difesa degli arsenali militari.

Condizionamenti politici – Mi viene da sorridere quando una persona intelligente come Michele Uva afferma che il calcio ha finanziato con 19 miliardi le oltre 400 medaglie olimpiche italiane (in effetti sarebbero 664 …). Osservazione semplicistica, dimenticando che le entrate del Totocalcio nelle intenzioni di Andreotti ed Onesti (quelli si belle teste) dovevano servire ad affrancare lo Sport Italiano da un Ministero dello Sport, da contributi pubblici diretti e dai relativi “condizionamenti” politici che ne avrebbero fatto uno dei tanti carrozzoni fallimentari di cui l’Italia è stata disseminata in questi 70 anni. E comunque, se non ci fosse stato il Totocalcio, lo Stato avrebbe comunque versato allo sport – direttamente al CONI od attraverso un malaugurato Ministero dello Sport – altrettante risorse? Forse anche di più perché si sarebbe dovuto occupare veramente di quello sport scolastico e sociale che ha completamente abbandonato e che ora il sottosegretario Graziano Del Rio, dimenticando leggi e norme europee, vorrebbe rimettere sulle spalle del CONI e a “costo zero”.

Stesso commento sui mille milardi che il calcio versa al fisco. Ma si tratta dell’IRPEF legata alle folli cifre che vengono pagate ai calciatori, folli non per l’ammontare, ma perché sono esentasse. E’ come se lo sport dilettantistico calcolasse l’IRPEF che ogni dirigente versa allo Stato ogni anno e dicesse: “noi diamo allo Stato x miliardi”. Con una piccola differenza che per cittadini normali, famiglie ed aziende, non è stata varata una legge, la famosa Legge 27 del 21-02-2003, che permette di “spalmare” i debiti delle squadre di Calcio nei confronti del Fisco in 10 anni. Legge impugnata allora dal Commissario UE alla Concorrenza – tale Mario Monti – e poi appianata con un accordo lampo.

Contributi volontari – Per non parlare della pantomima messa in atto dopo l’approvazione della legge che prevede un modesto esborso da parte delle squadre di Calcio per pagare le ore straordinarie della Polizia agli Stadi. Ero a Baku il giorno che è passata la legge ed eravamo a cena insieme ad Alfio Giomi con Sebastian Coe. Abbiamo chiesto a Coe cosa accade in Inghilterra. E lui ci ha detto che non esiste una legge (figuriamoci, non hanno neanche la Costituzione, …) ma i Club versano un contributo volontario (!). Aggiungendo poi che il Chelsea, di cui lui è autorevole socio, versa mezzo milione di euro l’anno. La stessa cifra che versa la Maratona di Londra per una competizione di un giorno, mentre un milione di dollari li versa la Maratona di New York. E allora evviva l’Italia, il paese dove lo Stato paga tutto. Renzi fai tu!

In tempi di “spending review” la FIGC, invece di minacciare scissioni, dovrebbe reclutare Mario Cottarelli, l’economista (non Ricardo Cotarella l’enologo), e permettergli di mettere mano alle spese delle Federcalcio. Sarebbe per lui come infilare un coltello caldo nel burro, non certo come il bilancio dello Stato. Servirebbero altre tre pagine per elencare i “lussi” che la Federcalcio si può permettere rispetto al resto dello sport italiano, a partire dalla trasferta mondiale in Brasile, ma non solo. Senza parlare delle brutte figure, sportive e non, che il calcio ci ha ammannito negli ultimi dieci anni. Dalla vergogna ci hanno salvato le tante medaglie vinte dagli sport olimpici, gli inni suonati e le bandiere sul pennone. Non c’entra nulla con la “spending review”, ma spero che Michele Uva ridia dignità all’Italia della moda e tolga quelle goffe divise (blazer, camicia bianca, cravatta) indossate dalle squadre Italiane. Antonio Conte, tigre in gabbia sulle panchine, vestito così fa proprio compassione. Persino i tedeschi, vedi Joachim Loew, sono nettamente più eleganti.

Per concludere – Infine una breve riflessione su Franco Carraro, dirigente attento e preparato. Non si comprende come lui, in quanto rappresentante del CIO in Italia, e non viceversa, possa entrare così pesantemente nel dibattito ed anche, come si legge sui giornali, dare un voto contrario sulla delibera presa dalla Giunta CONI? Lui che in genere non vota mai (opportunamente). Ma non rischia che un giorno qualcuno alzi il dito e dica: “Scusi dottor Carraro, ma Lei, quale Membro CIO, a che titolo partecipa così attivamente a questa discussione”? Lui, certamente, avrà la risposta giusta.

This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it
 

Cerca