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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Vintage / Quando Owens e Long sconfissero Hitler

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Lunedì 4 Agosto 2014

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Giochi Olimpici di Berlino, 4 agosto 1936: sulla pedana di lungo prende corpo una delle gare-mito dell’atletica più celebri di tutti i tempi. Rimasta negli annali per motivazioni diverse e non solo tecniche. Favorito era il 23.enne J.C. (Jesse) Owens, l’antilope nera dell’Alabama. Il 25 maggio dell’anni prima, aveva fatto storia nel meeting di Ann Arbour stabilendo in un solo pomeriggio 6 primati mondiali. In quell’occasione aveva portato a 8.13 il record del lungo: un risultato rimasto insuperato per 25 anni e 79 giorni! A Berlino, il giorno prima aveva vinto i 100; il 5 agosto vincerà i 200 e il giorno 9 trionferà nella 4x100 superando gli italiani. Ma nella qualificazione del lungo (fissata ad un modesto 7.15) aveva ottenuto due nulli iniziali e rischiava una clamorosa eliminazione. A quel punto il suo rivale più pericoloso, il tedesco Ludwig “Lutz” Long, un elegante saltatore di Lipsia, gli si era avvicinato dandogli a gesti il semplice suggerimento di battere con maggiore sicurezza, ben prima dell’asse di stacco. 

Un episodio che segnò l’inizio di una simpatia che non si interruppe neppure con la morte di Long, avvenuta in piena guerra – il 14 luglio del ‘43 – sul fronte siciliano (ferito nei combattimenti per la difesa dell'aereoporto di Biscari-Santo Pietro, Long spirò dopo quattro giorni: è sepolto nel Cimitero Militare Germanico di Motta Sant'Anastasia, in provincia di Catania). Qualche tempo prima, Long aveva infatti scritto una lettera ad Owens parlandogli del figlio nato da poco. Owens tenne fede alla promessa contenuta in quel messaggio e, molti anni più tardi, in Germania, fu l'ospite d’onore alle nozze di Karl Long.

Superata così la qualificazione, Owens espresse in finale tutta la sua superba leggerezza, vincendo la gara con un ultimo salto misurato a 8.06, la seconda miglior misura fino ad allora. Long si classificò al secondo posto con 7.87. Questo il risultato completo della gara durante la quale soffiò un vento favorevole nella direzione di salto valutato dal R.U. tra 3,5-3,7 m/sec. (il precente record olimpico venne superato 12 volte):


1. Jesse Owens (Usa) 8.06w
2. Luz Long (Ger) 7.87w
3. Naoto Tajima (Jpn) 7.74w
=4. Wilhelm Leichum (Ger) 7.73w (7.52)
=4. Arturo Maffei (Ita) 7.73w (7.50)
6. Robert Clark (Usa) 7.67w 

Quella gara ha alimentato per anni la leggenda del rifiuto di Hitler a stringere la mano al nero Owens. Niente del genere. Hitler, che nei primi giorni aveva invitato alcuni atleti “ariani” nella sua tribuna, era stato redarguito dal presidente del CIO, il conte belga de Baillet-Latour, che gli aveva fatto rilevare l’inipportunità di quel comportamento. Semmai, il solo episodio di razzismo di cui Owens fu vittima, lo subì nel suo ritorno a casa quando – a differenza degli altri atleti “bianchi” – non venne invitato alla Casa Bianca e, a suo dire, non ricevette neppure un telegramma dal presidente F.D. Roosevelt. (chi volesse approfondire può leggere “Nazi Games” di David C. Large, pubblicato in italiano nel 2009).  

Al quarto posto di quella gara straordinaria si classificò il versiliese Arturo Maffei, il cui 7.73 – sia pure “ventoso” – restò insuperato come primato italiano fino al 1968. Maffei [1909-2006] è stato in assoluto il saltatore italiano di maggior pregio della prima metà del XX secolo. Perfetto e corretto adepto del difficile “tre e mezzo”, Maffei incocciò la sua miglior giornata proprio ai Giochi di Berlino (due anni più tardi, agli Europei di Parigi, fu secondo alle spalle di Leichum, ma davanti a Long). Il suo 7.73 di Berlino ha rivestito un valore più importante di una medaglia: per l'epos della competizione, per la nobiltà degli avversari, per le implicazioni personali e “politiche” che ne derivarono.

Anche sul vento a favore si è fatta un po’ di confusione. Solo una settimana più tardi, nel Congresso tenutosi proprio a Berlino, la IAAF aveva fissato a 2 metri per secondo il discriminante per il riconoscimento dei record nelle corse brevi e nei salti in orizzontale. Per tale motivo quel 7.73 venne allora correttamente riconosciuto dalla FIDAL rimanendo record nazionale per ben 32 anni (sarà superato da Beppe Gentile in Polonia, poche settimane prima di Messico '68, con l’utilizzo di una stuoia in gomma). Come risulta dallo stesso R.U., Maffei venne classificato al quarto posto, ex-aequo col tedesco Leichum: se si fosse tenuto conto, come avviene oggi, del “secondo miglior salto" sarebbe scivolato al quinto.

Nel corso della carriera, protrattasi dal 1928 al ‘51, Maffei ha disputato 83 gare nazionali e 43 internazionali, come si rintraccia nel libro “Un salto … lungo una vita” dedicatogli nel 1999 da Gustavo Pallicca. Tra i record del saltatore toscano sono da ricordare le 22 vittorie consecutive ottenute tra il 15 agosto 1936 e il 27 agosto ‘38 e i 33 salti misurati oltre i 7.30 che allora costituivano l’eccellenza europea.

 

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