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Impianti / Il futuro stadio della Roma tra pubblico e privato

Martedì 22 Luglio 2014

stadio

Pare che si vada complicando l'iter per costruire il nuovo stadio della AS Roma sui terreni dell'ex-Ippodromo di Tor di Valle di propretà del costruttore Luca Parnasi. Motivo del contendere, per la verità più d'uno, pare sia quel milione di metri cubi di contorno all'impianto che ha messo in allarme l'assessore all'Urbanistica Giovanni Caudo. La città di Roma di problemi quotidiani ne ha a sufficienza per far si che la Giunta del sindaco Ignazio Marino (appena un po' sollevato dalla visita in Campidoglio del suo "fratello" newyorkese Bill De Blasio) non abbia tempo per annioiarsi. Tanto che viene da pensare, smaltiti gli entusiasmi per gli annunci dello scorso anno, se si erano valutati a pieno rischi e vantaggi, costi e ricavi dell'impresa. Sia da parte del club, come sul versante dei costruttori e del Comune. Era tutto chiaro in partenza o qualcuno mirava a trarne ritorni superiori alle attese? 

Si vedrà nel prosieguo. Intanto si deve prendere atto che l'assessore Caudo la sua visione l'ha espressa con molta chiarezza. Riassumento. A fronte di un investimento di poco inferiore al miliardo di euro, si calcola che la costruzione dello stadio verrà a costare 340 milioni, mentre il gruppo Parnasi intenderebbe costribuire alle spese per le infrastrutture con "soli" altri 50 milioni, mentre a coprire gli altri costi, previsti in 220 milioni (costi che ricadrebbero sulla collettività), metterebbero a dispozione del Comune spazi e uffici da costruire in zona. Spazi e uffici che il Comune non ritiene nè utili nè compatibili con le sue esigenze di decentramento. Per di più, considerato l'alto impatto ambientale sulla zona e la sua densità, il Comune pretende che allo stadio - lo "stadio della trasparenza" come lo definisce - i tifosi ci vadano con la metropolitana o col trenino. Il che presuppone la costruzione di un prolungamento della linea B, già al centro di pesanti ritardi e numerose contestazioni, e di raccordi con le stazioni esistenti in zona.

Il timore resta quello di una cementificazione che va in direzione costraria alla politica della Giunta Marino che - negli ultimi mesi - ha deliberato in investire in quasi 10.000 ettari da "rigenerare" da un pregresso malsano uso edilizio. Trovare la quadratura del cerchio non sarà facile. Anche perchè - al solito - negli ambienti del calcio si continua a battere sul tasto dei nuovi stadi come la cura più efficace per restituire credibilità all'intero settore, uscito a pezzi dai mondiali brasiliani. Ma, come tutti sanno, a causa di ben altre storture che quella semplicistica degli impianti obsoleti. Su tutta la faccenda "nuovi stadi", alla legge portata avanti dall'attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella, un superfedelissimo del premier Matteo Renzi, sembra che manchi soprattutto la chiarezza. Come starebbe a dimostrare la vicenda romana.

Sulla quale, tanto per ricordare, si sono intrecciati molti pareri divergenti. Vogliamo qui ricordare solo quello dell'urbanista Giuseppe Pullara che recentemente ha scritto: "L'interesse pubblico deve vincere la partita. Il Colosseo di Mister Pallotta [patron della AS Roma] deve mostrarsi un'operazione virtuosa, non speculativa: deve essere redditizia per tutta la città. Lo stadio deve diventare un modello di come si possono fare nuove grandi strutture private anche nell'interesse pubblico". 

In ogni caso lo stadio - se e quando verrà costruito - un impatto sugli equilibri dello sport romano lo avrà senz'altro. Ci riferiamo al forte ridimensionamento del ruolo centrale del CONI, gestore dello Stadio Olimpico che dal 1953 ospita gli incontri della AS Roma e della SS Lazio. Tanto più che anche la Lazio il suo progetto di uno stadio di proprietà lo ha da tempo nel cassetto, sui terreni a nord di Tor di Quinto e per mano dei costruttori Mezzaroma. Al CONI si potranno comunque consolare con il ritorno della zona del Foro Italico alla sua vocazione olimpica. A cominciare dall'eliminazione dell'orribile enorme cancellata, tipo carcere di massima sicurezza, che oggi la deturpa proprio in nome del calcio.

 

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