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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Impianti / Il percorso ad ostacoli dell'emendamento Stadi

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Venerdì 22 novembre 2013

Scampato pericolo (pare)? Il governo, sommerso dalle proteste in Parlamento e fuori, pensa di ritirare (modificare?) l’emendamento che permetterebbe una nuova gigantesca colata di cemento, dando il via libera alla costruzione di nuovi stadi di calcio. Meglio: a vere cittadelle dello sport, come quella proposta sui terreni milanesi di Expo 2015 (uno stadio per l’Inter del miliardario indonesiano Erick Thohir, una piscina olimpionica, un palazzetto da diecimila posti) col beneplacito bipartisan del sindaco Giuliano Pisapia e del governatore Roberto Maroni. Secondo quanto riferisce l’Espresso (n. 46, L'Expo val bene un Superstadio), sarebbe questa concessione, il prezzo del via libero di Milano alla candidatura di Roma per i Giochi 2024. Politica sportiva: giochi grossi, insomma, più che olimpici. Non per nulla, era parsa curiosa la coincidenza del tema “nuovi impianti per tutti” affrontato nei giorni scorsi da Enrico Letta al CONI e da Angelino Alfano alla Lega (quella calcistica).

L’inserimento della norma sugli stadi nella Legge di stabilità ancora in discussione (ma che ha già ricevuto un cartellino giallo dall’Unione europea), era subito parsa una scorciatoia sospetta. Col rischio che per farla approvare bastasse invocare la fiducia in Parlamento. Tanto da sollevare le vibranti proteste di Legambiente, ma anche di parti consistenti dello schieramento politico, non solo d’opposizione. Come testimoniano gli interventi dello stesso ministro dell’ambiente, Andrea Orlando, o del deputato Roberto Morassut, entrambi militanti nella stessa sponda di Letta. Come si ricorderà, una legge per favorire la costruzione di nuovi stadi (ma la collettività ne sente realmente il bisogno?) è rimasta straccamente in discussione alla Camera per anni. Poi, per fortuna, non se n’era fatto nulla. Adesso il premier l’ha riproposta, dilatandola negli obiettivi. Dimenticando che la media degli impianti sportivi in Italia è ben superiore alla media europea.

Gli ultimi rumors parlano non di marcia indietro, ma di una revisione in senso più restrittivo delle norme edilizie. Insomma, via libera alla lobby dei costruttori, ma purché si lasci un po’ di verde. Nel testo proposto si leggeva, infatti, che in ciascun comune si potranno “prevedere uno o più impianti sportivi [metti le città con due squadre di calcio, casomai di serie A …] oltre ad insediamenti edilizi o interventi urbanistici di qualunque ambito e destinazione anche non contigui agli impianti sportivi”. Insomma, la possibilità di costruire interi nuovi quartieri. Una cementificazione senza precedenti. Per di più in un territorio disastrato (vedi la tragedia di Olbia e dintorni) che viene già edificato a ritmo di cento ettari al giorno!

Non sappiamo, al momento, se l’emendamento Stadi verrà accantonato o riproposto, ma sarebbe importante conoscere il nome di chi ha avuto questa trovata, sia pure mascherata con le frasi al dolcificante: “nuovi posti di lavoro” o “finalmente le famiglie torneranno allo stadio”. In attesa di notizie più confortanti, fidando sempre nella vigilanza dell’UE, chissà perché, oltre ad Italia ’90, tornano in mente la “Città dello Sport” di Tor Vergata, monumento allo spreco, o quell’impianto per il … Polo, da anni abbandonato in un paesino della Sicilia. Ma a pensare male, visto che si tratta dei nostri soldi e del Paese dei nostri figli, si fa veramente peccato?  

 

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