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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Piste&Pedane (15) / Ripartire dopo Mosca: una strada tutta in salita.

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Venerdì 30 agosto 2013

Sia stato o meno un flop, il bilancio dei Mondiali di Mosca pare aver riportato la federazione d’atletica ai nastri di partenza. Dai quali s’era mossa con una certa baldanza nei primi mesi del nuovo corso, almeno al più modesto livello giovanile. Il presidente Alfio Giomi e il DT Massimo Magnani (lasciati solo dai vertici del CONI, meno solleciti del solito: va bene che era ferragosto, ma resta pur sempre una brutta pagina) hanno fronteggiato alla meglio la situazione, anche con un certo realismo, ma senza poter indicare soluzioni miracolistiche. L’atletica – almeno quella di prima fascia – pare ancora all’anno zero. Ma non si può negare che i suoi vertici stiano lavorando con impegno: risalire la china non sarà né facile né rapido, almeno dopo quanto ha fatto la gestione precedente per disperdere quel che restava (anche in quegli anni, dov’era il CONI di Pagnozzi/Petrucci che, dopo l’intervento a piedi uniti su Gola, s’era portato il divagato Arese addirittura in Giunta?).

Ma non vale ancorarsi al passato e meno ancora elucubrare su classifiche a punti, o altre amenità che hanno riempito le pagine agostane. E’ tutto il movimento che pare ingessato, con non più di due/tre nomi da vetrina sui cinquanta e più atleti portati in Russia, come dire aver svuotato l’intero magazzino. Per di più con più d’uno incappato in infortuni i quali, ricorrenti come sono, chiamano in causa un settore sanitario, già di suo finito sotto i riflettori (vedi caso Schwazer). E allora? Tra due anni ci aspettano le Olimpiadi, tra meno d’un anno gli Europei che valgono sempre meno, ma sono pur sempre un esame. Se un po’ tutto lo sport italiano sta piuttosto maluccio, pare proprio che neppure l’atletica si sente molto bene. Giomi suggerisce di ripartire dai tecnici stranieri (Arese aveva in mente di mandare i nostri a studiare all’estero, ma poi se l’era dimenticato, come sua abitudine). Strada già battuta, quella degli stranieri, ma senza riscontri sconvolgenti. In questo si può perfino essere d’accordo, una volta tanto, con Vittori, il ché è tutto dire.

Magnani, al quale va riconosciuta una solida concretezza, è convinto di poter ripartire dal lavoro. Il suo modello tecnico (non nuovo in assoluto) prevede che tutto ritorni sul tavolo del DT, con la vecchia struttura tecnica nazionale ridotta a qualche collaboratore, e il tentativo di valorizzare il tecnico societario (ma qui c’è l’anomalia dei club militari e della loro natura, almeno finché dureranno). Può essere un passo in avanti, con un apparato più snello, ma decentrato, e quindi con riscontri più dilatati. Noi, per quel che può valere, siamo più in sintonia con Magnani che con Giomi.

Viene in mente che la federazione resta il club delle società: è nel suo diritto gestire in proprio quel poco che resta. Va bene l’apprezzamento e la fiducia per il lavoro dei tecnici societari. Ma alla fine, alle prove che contano, si presenta la federazione e non i club. Come se ne esce? In attesa che madre natura faccia la sua parte, come diceva Brera, si potrebbe cominciare col monitorare meglio quel poco che c’è in tavola (rinunciando alle bizzarre trovate tipo Chatbi o Rockwell) e scadenzare in maniera più rigida gli impegni e gli obiettivi. Si ha l’impressione che ancora più d’uno vada per conto suo. Ad esempio, in materia di staffette e dintorni, quel Marco Vistalli che lo scorso anno correva in 45”70, che fine ha fatto? Il suo tecnico societario ne sa qualcosa?

 

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