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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
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Atletica / 1962: quel record mondiale di Tito Morale

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Venerdì 14 settembre 2012

Giusto in questo giorno, cinquant’anni fa. Belgrado, settima edizione dei Campionati Europei, quando la televisione era in bianco e nero e i risultati si conoscevano il giorno dopo. Il ventiquattrenne Salvatore Morale, “Tito” per gli amici, s’era presentato come il favorito d’obbligo dei 400 metri con ostacoli. Dopo aver passeggiato in batteria (51”4), aveva saggiato le possibilità in semifinale spingendo per tre/quarti prima di rallentare e terminare sullo slancio. Il risultato cronometrico, 50”0, lasciò esterrefatti tecnici ed avversari, soprattutto per la facilità con la quale era stato ottenuto. La finale, che prese il via alle 19,50 del 14 settembre con una temperatura piuttosto fresca, non tradì le attese. L’italiano ebbe in sorte la quarta corsia, il tedesco Helmut Janz (che aveva vinto l’altra semifinale in 51”1) era in seconda. Al via, come d’abitudine, l’azzurro partì molto veloce, con grande fluidità, impegnato solo contro il tempo e mantenendo sempre gli abituali 15 passi tra le barriere. Al traguardo arrivò in 49”2 eguagliando il primato mondiale dell’americano Glenn Davis, dopo aver coperto in 23”9 la prima metà della corsa. Secondo giunse il giovane tedesco Jörg Neumann, nel nuovo “personale” (50”3), terzo il regolare Janz (50”5).



Imbattuto dall’autunno 1960 al luglio ‘62, per due stagioni Morale risultò il migliore al mondo, pur se in America la specialità – dopo che nel ‘58 Davis aveva portato il “mondiale” a 49”2 e conquistato il titolo olimpico del ‘60 con appena un decimo in più – aveva trovato eccellenti interpreti in Cliff Cushman, Warren “Rex” Cawley e Willie Atterberry. In Europa l’unico avversario in grado di impensierire l’italiano rimaneva il tedesco Helmut Janz, primatista europeo in 49”9 col quarto posto ottenuto proprio a Roma. Per una serie di concause (scarsa convinzione, servizio militare, studi a singhiozzo fino alla laurea in economia ottenuta nel 1969) Morale si trovò a vivere le migliori annate in un periodo non olimpico, quel biennio 1961-’62 nel quale seppe sfogare la carica agonistica in una fruttuosa caccia ai primati

Nato a Teolo, nei pressi di Padova, il 4 novembre 1938, Morale si era posto in luce già nel settembre 1957 correndo il giro con ostacoli in 51”7, limite europeo under-20. Tre anni più tardi, ai Giochi di Roma, quarto in semifinale, aveva mancato la finale per … 1/100. Una delusione che lo rese più consapevole delle sue possibilità. Dopo aver strapazzato il record italiano alle Universiadi di Sofia (1° settembre del 1961), portandolo a 50”0 (col secondo a … 51”7), quarantacinque giorni più tardi, sulla pista dell’Olimpico, s’era misurato contro i primati europei dei 400 metri e delle 440 yarde, impossessandosi di entrambi con 49”7 e 50”1. Morale, che gareggiò in sesta corsia, diventava in tal modo il terzo italiano a riuscire a tanto dopo Luigi Facelli e Armando Filiput. Due anni più tardi, riprendendo dopo una lunga pausa, il veneto riuscì ancora ad essere protagonista ai Giochi di Tokyo, conquistando la medaglia di bronzo.


Il record di Belgrado registrò un’eco significativa sulla stampa straniera. Il quotidiano L’Équipe – ritenuto allora il più autorevole foglio sportivo al mondo – le dedicò l’intera prima pagina (“L’italiano Morale formidabile vincitore dei 400 ostacoli in 49”2, record del mondo eguagliato”). In un articolo intitolato “Un Morale du tonnerre”, Gaston Meyer scriveva: “[…] Di tutti i vincitori, è stato il più abbagliante per lo stile, la velocità di corsa e l’inverosimile freschezza all’arrivo! Per di più, e malgrado un leggero errore sul terzo ostacolo, ha eguagliato senza fatica il primato del mondo di Glenn Davis: 49”2. Gli altri, tutti gli altri, schiacciati, sono sembrati pallidi fantasmi nell’ombra di questo magnifico e bruno ragazzo innamorato della vita quanto dello sport. Chapeau!”



Anche sulla stampa nazionale la vittoria di Belgrado ebbe grande risalto. Anche perché all’epoca, col nuovo primatista, l’atletica italiana poteva vantare – contemporaneamente – quattro record del mondo: il 49”2 di Morale affiancava il 20”5 di Livio Berruti sui 200, gli 86.74 di Carlo Lievore nel giavellotto, le 4 ore 14’02”4 di Abdon Pamich sui 50 km di marcia. Tanto che Renato Morino, su Tuttosport, poteva così esaltarsi: “Da quando esiste l’atletica, l’Italia non ha mai vissuto un momento così favorevole, nei valori di punta. Esageriamo? No, possiamo dirlo in assoluto e dimostrarlo: abbiamo quattro record del mondo. Uno, due, tre, quattro, che a contarli si prova persino un frisson, tanti ce ne sono. Uno con Berruti nei 200, uno con Tito Morale nei 400 ostacoli, uno con Lievore nel giavellotto, uno con Pamich nei 50 chilometri di marcia in pista. Quattro dunque. E chi al mondo può dirsi altrettanto ricco? Gli Stati Uniti e l’URSS. L’elenco è già finito. Nessun altro paese può metterci il becco. Stabilito questo, la seconda domanda sorge spontanea: quale altra disciplina sportiva in Italia può competere con l’atletica leggera? Il ciclismo, forse, ma il ciclismo non è universale. Non perdiamo tempo, nessuna federazione italiana ha sul momento il palmarès della FIDAL. L’atletica è dunque al primo posto in Italia. Lo scriviamo gonfiando il petto come i tacchini, perché ci siamo dentro fino al collo da vent’anni”.



Ecco, giusto cinquant’anni fa.

 

 

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