- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Vancouver 2010 / Cronaca e Storie

PDFPrintE-mail

(gfc) Sintesi mediocre per l’Italia, a stare alle cinque medaglie guadagnate in terra canadese, una solo d’oro. Ampiamente al di sotto della sufficienza. I Giochi di Vancouver hanno segnato un deciso passo indietro per lo sport olimpico italiano, tanto più grave quanto si consideri che l’intero movimento veniva da Torino 2006, una Olimpiade fortemente voluta più per motivi regionalistici (rilancio del Nord-Ovest e delle sue potenzialità, s’era detto, nei confronti delle più dinamiche regioni del Nord-Est, da decenni motore economico del Paese) che per sentite esigenze di progettualità sportiva. L’aver voluto organizzare un’Olimpiade in casa – con i costi che questo gioco ha comportato – non ha prodotto quel passo in avanti in termini cultura sportiva che sarebbe stato lecito attendersi (e che gli interessati davano per scontato all’epoca della candidatura).

Ma se l’obiettivo, al di là delle convergenze legate alla difficile centralità della Fiat o all’appannata vocazione turistica del Sestrière, era di rilanciare la diffusione e la pratica degli sport della neve e del ghiaccio, quattro anni più tardi l’esame di Vancouver lo ha tradotto in una sonora bocciatura. Sia per le due federazioni interessate che per il CONI il quale continua a disporre di cifre enormi per le finalità olimpiche, sua unica priorità, ma non sembra capace di trarne il giusto profitto. Come ci si attende sempre. Perché, questo sarebbe utile ricordare, il CONI non è un’azienda privata, ma un ente di stato che dei suoi (eventuali) successi e dei suoi (deprecabili) insuccessi deve sempre rispondere (e giustificare) presso la pubblica opinione.

Fallimento azzurro. Un crollo complessivo, insomma, che l’oro acciuffato da Giuliano Razzoli nello Slalom (un successo colto, per di più, alla penultima giornata) non riesce certo ad attenuare. Malgrado il presidente del CONI Petrucci si sia subito assolto, dando a sé e alla (costosa) spedizione azzurra un salvifico 5,5 – una votazione che, in ogni caso, non darebbe diritto neppure agli esami di riparazione … –, le nevi canadesi hanno dimostrato che i quattro anni trascorsi da Torino a Vancouver si sono tradotti in una grande opportunità perduta. Per colpa di chi? Qui le risposte si fanno confuse. Come detto, gli strali si sono appuntati sui vertici delle due federazioni interessate, già di per sé in difficoltà di gestione tecnica e politica, ma alla sbarra andrebbe chiamato il (vero) capo della preparazione olimpica, il segretario del CONI Pagnozzi che, dopo il regresso (e i casi di doping) di Pechino, porta ora in dote un fallimento ancora più pesante. Tale da preoccupare molto in vista di Londra 2012. Né consola che il presidente russo Medvedev, in vista dell’edizione 2014 che sarà ospitata sulle montagne del Mar Nero, più arrabbiato che deluso, abbia chiesto la testa dei dirigenti olimpici del suo paese accusati di aver portato a casa solo … 3 ori, 5 argenti e 7 bronzi. Tutt’altra musica dalle nostre parti. Se stiamo al poco elegante attacco di uno stizzito Petrucci alla malcapitata Carolina Kostner, rea di essere scivolata sul ghiaccio in un difficile passaggio: "L'ho detto e lo ripeto, non è una campionessa ...". Ognuno ha i presidenti che merita ...

Fermandoci poi agli ultimi quadrienni, e se si può trarre un insegnamento dalle verità nascoste nei numeri, si è scesi dalle 13 medaglie di Salt Lake City, alle 11 di Torino e, ora, alle 5 di Vancouver. Si può azzardare qualche spiegazione? L’uscita di scena dopo i Giochi cinesi dell’uomo che aveva coordinato la preparazione tecnica delle passate edizioni olimpiche (Roberto Fabbricini), per far posto a una funzionaria tratta dal settore amministrativo non ha aiutato. Si è detto da più parti che questa nomina di scarso impatto aveva lo scopo primario di porre Pagnozzi al riparo da possibili critiche in caso di insuccesso. Al riguardo, alla chiusura dei Giochi, il maggior giornale sportivo italiano ha sintetizzato: “Esiste già una situazione anomala nel Palazzo: la Direzione Sport e Preparazione Olimpica è stata affidata a Rossana Ciuffetti, dirigente abile nell’amministrazione ma senza specifica cultura tecnica. Certo, esiste una commissione di consulenti di livello, ma mettere una persona senza esperienza nel campo specifico a dirigere fa pensare che non si crede nel progetto. C’è chi sussurra che così sia Pagnozzi il capo ombra ma, se così fosse, sarebbe un errore, perché in questo caso dovrebbe rispondere lui degli scarsi risultati e sarebbe imbarazzante. La sua funzione istituzionale è diversa e deve restare tale”. Vedremo presto se la lezione sarà stata in qualche modo assimilata e quali insegnamenti se ne saranno stati tratti. Ma dov’è il nuovo? Ci soccorre ancora la “Gazzetta”: “In Europa non esiste comitato olimpico così ricco di risorse. Si parla di ricerca, di galleria del vento, come 30 anni fa. Dov’è l’idea nuova? Di fatto è la cultura tecnica che si sta spegnendo, perché non è più una priorità”. Insomma, come si può accelerare? Difficile rispondere, non c’è molto tempo, ma non gioca certo a favore la circostanza che il vertice dello sport italiano, da decenni, ruoti sempre attorno alle stesse personalità. In un perenne gioco di cambi e di ricambi.

 I Giochi tornano in Canada. I XXI Giochi Invernali erano stati assegnati al comprensorio montano di Vancouver, porto della Columbia Britannica, il 2 luglio 2003 in occasione della Sessione del CIO tenuta a Praga. Delle 8 città pretendenti, dopo il ritiro di Berna, per il giro finale si era scesi a tre: Vancouver, la coreana PyeongChang e l’austriaca Salisburgo. Vancouver ebbe la meglio per soli tre voti (56 a 53) alla seconda votazione nei confronti della rivale asiatica, grazie soprattutto al supporto dei voti europei piovutile addosso dopo l’eliminazione di Salisburgo. Contando su una consolidata tradizione negli sport della neve e del ghiaccio, i canadesi di Vancouver sono stati pienamente all’altezza, organizzando una rassegna olimpica di buona qualità, anche se non sempre assistiti da condizioni climatiche ideali.

Inevitabili, si sono registrate anche in questa occasione le contestazioni al passaggio della fiaccola, giunta a Vancouver dopo aver attraversato le immense distese del paese in 106 giorni. Tra gli ultimi tedofori, il governatore della California, l’attore-culturista Arnold Schwarzenegger, che ha trasmesso la torcia al baronetto Sebastian Coe, presidente di Londra 2012. Poi, nei pressi dello stadio, la contestazione di gruppi non-violenti di protesta, riuniti sotto la sigla “Olympic Resistance Network”, che hanno tentato di interrompere la staffetta, ma sono stati respinti dalla polizia a cavallo. Sotto accusa i costi dell’intera operazione olimpica, ammontante a non meglio precisati 2,5 miliardi di dollari. In termini sportivi, al tirar delle somme, ai canadesi sono andate 26 medaglie, meno di Stati Uniti (30) e Germania (27), ma con la soddisfazione del record delle medaglie d’oro (14) conquistate in una sola Olimpiade invernale. La più preziosa di tutte resta quella nel torneo di Hockey, vinta all’extra-time sugli statunitensi con una rete di Sydney Crosby, la nuova stella dello sport più popolare nel paese dalle Giubbe Rosse. 

Eppure i Giochi sembravano nati sotto una cattiva stella, inizialmente segnati dalla tragica morte di un giovane slittinista georgiano, Nodar Kumaritashvili, avvenuta poche ore prima della cerimonia d’apertura. Sul finire di una discesa d’allenamento il ragazzo era uscito di pista alla curva n. 16, l’ultima del veloce budello di Blackcomb, andandosi a schiantare alla velocità di 144,3 chilometri orari contro un pilastro in ferro, decedendo sul colpo. Vittima della velocità eccessiva della pista, si è detto, ma secondo alcuni anche di qualche incertezza di assetto. In ogni caso le polemiche sorte dopo l’incidente, che si appuntavano su CIO e sugli organizzatori, come anche la stessa indagine della polizia, sono state subito archiviate per lasciare spazio alla cerimonia d’apertura. Provvedimenti? Difficile prenderne in una specialità, come lo slittino, dove la velocità è uno dei parametri fondanti della disciplina. Si è ridotta la pista d’un paio di centinaia di metri spostando più in basso la partenza del singolo maschile e si sono coperti i pilastri laterali con cuscinetti imbottiti. Nient’altro. Resta la cronaca della morte ingiusta, se non annunciata, di un ragazzo di appena 21 anni.

Anche lo spettacolo d’apertura, tenutosi per la prima volta in un impianto al chiuso, ha registrato diversi intoppi. Il più clamoroso, un guasto che ha bloccato il meccanismo di uscita di uno dei quattro piloni ideati per reggere il braciere, acceso infine alla meglio da una delle leggende dell’hockey, Wayne Gretzky. Accensione che è stata il clou di una lunga cerimonia, tre ore di immagini e suoni per ripercorrere la storia del Canada, dai primi aborigeni all’attuale società multi etnica, senza dimenticare gli animali tipici del territorio (cui s’erano ispirati i cretori delle mascotte). Alla sfilata delle squadre, commozione per i sette ragazzi georgiani, sciarpa e bracciale nero, che hanno voluto restare e sfilare egualmente in memoria del loro commilitone scomparso. Gli azzurri – in un cappotto in lana e cordura grigio antracite, con dolcevita in cachemire color avorio, pantaloni bianchi e sneakers – sfilano in 43ª posizione, praticamente a metà delle 82 rappresentative presenti, con il tricolore retto da Giorgio Di Centa, alla sua ultima Olimpiade. Poi si lascia spazio alle gare. Dove non sono presenti le ragazze del Trampolino, la cui partecipazione non è stata accettata dal CIO e respinta dal tribunale al quale s’erano rivolte. Sarà per la prossima volta: il loro esordio olimpico avverrà a Sochi.

I Giochi di Vancouver passano in archivio nel segno della norvegese Marit Björgen, dominatrice delle gare di fondo, che ha collezionato tre medaglie d’oro (Sprint, 15 km Inseguimento e Staffetta 4x5 km), una d’argento (30 km TC) e una di bronzo (10 km TL). Che vanno a sommarsi ai due argenti vinti in precedenza. Tre medaglie d’oro le ha vinte anche la cinese dello Short track, Wang Meng. La buona nuova è che non ci sono stati atleti colti in fallo dall’antidoping, anche se va detto che una trentina erano stati già esclusi dai controlli preventivi . Tra loro, per fortuna, nessun italiano. 

Bilancio Italia. Del bilancio degli azzurri s’è detto. La squadra italiana era arrivata in Canada con 109 elementi, 69 maschi e 40 femmine. Tra loro 42 gli esordienti. Una sola, Sabina Valbusa, alla quinta esperienza olimpica. Una curiosità riguarda l’età media degli azzurri: 28 anni e quattro per gli uomini, 26 anni e quattro mesi per le donne. Lo scarso bottino era stato realisticamente anticipato solo da “Sport Illustrated” che, in sede di pronostico, ci aveva accreditato di quattro medaglie: una d’oro, due d’argento e una di bronzo. Largamente sballati gli interessati pronostici di casa nostra. Il solo oro – il 13° dello sci alpino italiano ai Giochi – lo ha portato a casa il 25.enne Giuliano Razzoli che ha costruito il suo successo nella prima manche e lo ha difeso coi denti nella seconda (-16/100 finali) dagli assalti del croato Ivica Kostelic. La vittoria di Razzoli, emiliano di Castelnovo ne’ Monti, nel reggiano, arriva 16 anni dopo l’ultimo podio olimpico, un argento, ottenuto a Lillehammer da Alberto Tomba (guarda caso, un altro emiliano). In precedenza Razzoli, detto “Razzo”, aveva vinto solo una prova di Coppa del Mondo, uno slalom a Zagabria un paio di mesi prima. Inevitabile che sia toccato a lui portare il tricolore nella cerimonia di chiusura.

Le due medaglie iniziali, entrambe di bronzo, avevano aperto molte speranze in casa azzurri. La prima l’aveva vinta a 20 anni, Alessandro Pittin nel Gundersen, la prova Sprint della Combianata nordica. Si trattava di una prima volta: infatti, mai nessun italiano era salito sul podio della Combinata com’era riuscito al grintoso carnico “Pit”, alto solo 1.55, il più piccolo della squadra. Tutto questo solo qualche ora prima che l’eterno Armin Zoeggeler lo imitasse nello Slittino, terzo dopo i tedeschi Loch e Möller, cedendo più al ghiacco “molle” per il tepore che al valore degli avversari. Senza contare che l’abbassamento della partenza non lo ha certo favorito. Una grande impresa comunque perché, anche se non è arrivato il prevedibile terzo oro olimpico, con la medaglia di bronzo Zoeggler diventa il primo slittinista al mondo capace di salire sul podio in cinque Olimpiadi consecutive.

Le altre due medaglie sono arrivate nel Fondo e nello Short track. La prima, un argento, è andata al collo di Pietro Piller Cottrer nella 15 chilometri a tecnica libera al termine di una gara capolavoro, tutta giocata sul ritmo. Piller, che è riuscito a salire sul terzo podio consecutivo ai Giochi, si è giocato tutto nei 3000 metri finali agguantando il secondo posto al termine di una lunga volata. A precederlo solo Dario Cologna, uno svizzero di frontiera di tredici anni più giovane che ha l’Italia nel cuore e un doppio passaporto, dal momento che i suoi genitori sono nati nella Val di Non, emigrati nella Confederazione in cerca di lavoro. Dallo Short track la sola medaglia femminile di questi Giochi. La ottiene Arianna Fontana nei 500, lo stesso piazzamento dei Mondiali 2007 (e secondo bronzo olimpico dopo quello vinto in Staffetta a Torino 2006). Infine, dopo dieci giorni di delusioni, finalmente il sigillo d’oro di Razzoli.

Come si può concludere? Molto sarà da riscrivere e rivedere sullo sport invernale italiano, alle prese con difficili gestioni federali, tra ricorsi e denunce. E non mancano i problemi spiccioli, con molti protagonisti (vedi Fondo) giunti al capolinea dell’anagrafe e diverse altre discipline che non decollano per mancanza di vocazioni. Qualche settore, vedi Short track, esce scosso da polemiche che non fanno mai bene, ma che a Vancouver hanno toccato l’apice al calor bianco nello scontro tra la Fontana da un lato e tecnici (Fabio Magarotto in testa) e compagni di squadra dall’altro. Staremo a vedere, sperando nel meglio. E nello stellone.

In tema di consuntivi, infine, l’ultima notazione può riguardare il costo della spedizione italiana. Si tratterebbe d’un totale di 2.817.000 euro, cifra quasi per metà assorbita dall’affitto e dal funzionamento delle due Casa Italia le cui allegre serate sono costate insieme ben 1.331.000 euro. Tra le altre voci più consistenti figurano i viaggi (520.000) e i soggiorni (370.000). A Vancouver è stato anche inaugurato un nuovo criterio di erogazione dei premi agli atleti. Alle somme abituali (140.000 euro per la medaglia d’oro, 75.000 per l’argento, 50.000 per il bronzo) si aggiungerà ora un bonus, valido per i successivi quattro anni, pari a 30.000 euro all’anno per l’oro, 20.000 euro per due anni per gli altri medagliati e la novità di 16.000 euro nell’anno post-olimpico per i piazzati tra la quarta e la sesta posizione. C’è anche chi si è azzardato a fare i conti in tasca al CONI: ciascuna delle 5 medaglie vinte, considerando i contributi erogati alle due federazioni e le spese di trasferta, sarebbe costata al Comitato Olimpico 2.466.000 euro. Che più?

@ revisione: 10 Settembre 2011

Жаль, конечно, "Перспективи розвитку вітчизняного сільского господарства"что нельзя получить все сразу.

Что ж, продолжай начатое "Переработка древесной зелени"дело, не останавливайся на полпути, сказал Михаил, рассеянно взглянув "Перспективная технология и комплекс машин для возделывания ячменя в ОАО 'Дзержинский райагросервис' филиал 'Великосельский'"на хаотическое смешение "Перспективы молочного козоводства в России"разноцветных линий в блокноте.

Вжившись в него, наложив его на свое измученное тело, "Перспективы искусственного разведения щуки в водоемах Амурской области"Джон словно слился с раненым лосем, который, "Перспективы развития картофелеводства"хромая, отмерял последние метры "Перспективы развития племенного скотоводства в СПК 'Победа' Еравнинского района"жизни.

В левой руке вождь держал "Перспективы развития сельскохозяйственного товарищества ПТ 'Можейково'"за волосы человеческую голову; в правой тускло посверкивало залитое кровью мачете.

Это "Перспективы развития тепловодного прудового хозяйства в Республике Хакасия"не просто рассказ, это то, что случилось со "Пигменты мяса и их превращение при технологической обработке"мной на самом деле.

фигура впереди сделала то же самое.

Не знаю, что ты там "Пути повышения эффективности птицеводства на примере СПК 'Пригорское' Смоленского района"придумал, Аретино, но мы непременно попробуем это.

Я начал "Пути повышения эффективности реализации сельскохозяйственной продукции"вводить в память моего электронного секретаря инструкции "Пути повышения эффективности производства картофеля"насчет того, что должна делать, а также "Пути повышения эффективности скотоводства"чего ни в коем случае не должна делать прислуга во время моего "Пути снижения издержек производства и себестоимости продукции растениеводства на примере СПК 'Пригорское' Смоленского района"отсутствия.

Я достал глиттен и "Пути развития кормовой базы в СПК племзавод 'Овцевод' Марьяновского района Омской области"разломил корень на куски нужной величины.

Воспоминание было не очень приятным непонятно почему.

Там "Пути совершенствования технологии возделывания столовой свеклы"работал Фрике, мурлыкая про себя какую-то немудреную "Пушное звероводство"песенку, слуга надписывал пузырьки с agius regae, кровавой "Пути увеличения урожайности риса"тьмой, адской отравой и прочими травами и снадобьями, которые "Пушные звери Алтая"могли понадобиться демону.

Только понаслышке, ответил Виленд.

 

Cerca