Duribanchi / "Chi non punisce il male, comanda che si facci"
Martedì 30 Gennaio 2024
Chi sfregia un'opera di Leonardo è simile ai tombaroli. Il loro gesto non è una protesta: è un sacrilegio. Monna Lisa c'è abituata. E' stata, in passato, persino rubata. Ma il sorriso è quello di sempre: enigmatico.
Andrea Bosco
Vi diranno che sono due donne che perseguono con metodi sbagliati, una buona causa. Vi diranno che sono due donnette che hanno imbrattato l'opera d'arte più celebre del mondo, per “restare sotto ai riflettori“, ma che in fondo una zuppa di zucca su un vetro di protezione non rappresenta un vero danno. Vi diranno che la pena (ammesso che una pena venga erogata per quel gesto) dovrà essere “proporzionata“ al “danno“.
E che essendo il “danno“ di poco conto (una ripulitura e non resterà segno di quanto accaduto) sarebbe barbaro infierire su due donne che con quel gesto hanno voluto denunciare la miopia degli uomini in fatto di emergenza alimentare e climatica. Io reputo che quelle due signore (si fa per dire), siano da punire. Consegnandole per qualche anno alla pulizia coatta di facciate, marmi e muri.
Sono cresciuto in una famiglia dalle sfumature “austroungariche“ e successivamente ho studiato dai Salesiani. Ho fatto nella mia adolescenza e ribelle giovinezza, cose decisamente peggiori di quelle esibite al Louvre, pochi giorni fa, nei confronti dell'incolpevole Monna Lisa. Ma in quegli anni ho imparato anche il rispetto e la sofferenza. Valori indispensabili per poter “crescere“. Non ce l'avrei fatta, altrimenti, quando (dopo la stagione delle okkupazioni, all'università) mi sono ritrovato in divisa (la leva, bellezze) per 15 mesi, marmittone con laurea in un corpo scelto dove il nonnismo era pesante. E dove ti insegnavano a sparare. E persino (con una ricurva forcina) come spedire a miglior vita un ipotetico nemico.
Ho cambiato città, e dopo un anno di sogni e speranze, mi sono ritrovato disoccupato. Per quello che in una lettera in perfetto burocratese (che ancora conservo) mi veniva spiegato. Avevo perso il mio posto di lavoro “causa dimensionamento dell'organico redazionale“. Ho campato per oltre un anno con le collaborazioni. Patendo anche la fame, considerato che non infrequentemente o pagavo l'affitto di casa e le bollette, oppure facevo la spesa. Mesi difficili. Ma in fondo furono la mia fortuna. Costretto dalla necessità, ho imparato a scrivere su ogni argomento. Soprattutto ho imparato a soffrire.
Reputo le “pasionarie“ del Louvre delle patetiche persone. Chi sfregia un'opera di Leonardo è simile ai tombaroli. Il loro gesto non è una protesta: è un sacrilegio. Monna Lisa c'è abituata. E' stata, in passato, persino rubata. Più recentemente era stata presa a torte in faccia. Il sorriso è quello di sempre: enigmatico. Ma immagino che la star di Leonardo (che per qualche ragione, mentre era in vita e prima di affidarla al re di Francia, era solito portarsela sempre appresso), ne abbia fin sopra i capelli della gentaglia che cerca visibilità grazie alla sua fama.
Questi ambientalisti, predicano bene e razzolano male. Vogliono essere ascoltati, ma non vogliono soffrire: non vogliono, veramente, arrischiare. Altrimenti invece che imbrattare un'opera d'arte in Occidente, dirigerebbero la loro protesta davanti alle ambasciate di Cina, Russia, India, Sudafrica: i paesi che (con gli Stati Uniti) maggiormente inquinano il pianeta.
Avessero fegato, andrebbero a protestare da quelle parti. Provino le ambientaliste in pantofole ad andare ad imbrattare la Grande Muraglia o L'Esercito di Terracotta. A quelle latitudini di “comprensione“ ne hanno poca. Meglio paralizzare il traffico a Roma o a Parigi o a Londra in favore di telecamera. Nella certezza di trovarla sempre (a Roma, a Parigi o a Londra), la “comprensione“.
Cosa hanno ottenuto le vandale ecologiste dopo il loro atto? Qualche titolo di giornale, qualche foto, qualche servizio televisivo, E “quindici minuti di celebrità“ concessi anche al più fesso del villaggio. Spiegava un saggio: “Chi non punisce il male, comanda che si facci“. All'anagrafe era conosciuto come Leonardo. E altro non serviva.
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