I sentieri di Cimbricus / Benvenuto 2024, tra chimere ed azzardi
Lunedì 8 Gennaio 2024
L’anno olimpico e i suoi tanti anniversari. Ce n’è per tutti i gusti in un pantagruelico menù che al centro vede Parigi e i suoi Giochi centenari, svolta epocale per un olimpismo che ha urgente necessità di stimoli nuovi e strade diverse.
Giorgio Cimbrico
Immagini di vuoti forzati e gioie smodate: a Wembley Vialli abbraccia Mancini, a Tokyo scatta l’agguato di Gianmarco Tamberi per catturare Marcell Jacobs e su quella stessa curva, qualche giorno dopo, pioveranno le lacrime di Filippo Tortu, A Sapporo, Antonella Palmisano e Massimo Stano costruiscono i loro raid vincenti con finali senza pietà. E così giocare in difesa delle corone, di tutte, ma soprattutto quelle cinque e il titolo europeo conquistato nel moderno tempio londinese, è la missione azzurra per il 2024.
Qualche dato incoraggiante per Luciano Spalletti, successore dopo la scelta araba di Mancini: si gioca in Germania, come nel 2006, l’anno mirabile di Claudio Lippi, e la partita d’esordio, contro l’Albania, è al Westfalen Stadion di Dortmund, quello della muraglia giallonera, il luogo scelto da Fabio Grosso e Alessandro Del Piero, negli ultimi rimasugli dei supplementari, per far fuori la Mannshaft tedesca e conquistare la finale berlinese. Gli altri due stadi della prima fase (a Gelsenkirchen con la Spagna, a Lipsia, con la Croazia) non fanno parte di quella cavalcata che comprese Hannover, Kaiserslautern e Amburgo, ma il traguardo finale è lo stesso, il grande stadio in pietra cruda sorto per i Giochi del 1936.
Marcell Jacobs ha inferto una svolta secca alla sua vita: ha scelto Jacksonville, Florida, luogo natale di chi molti considerano il più grande velocista della storia, il toro Bob Hayes, si è affidato a Rana Raider, si allena al fianco del canadese Andre de Grasse, che a Tokyo mise le mani sull’oro dei 200. Marcell e Andre, i predatori dei feudi americani, sanno che non sarà facile: dopo il tris 100-200-4x100 ai Mondiali di Budapest, Noah Lyles pensa a un nuovo tipo di poker. Noah non è lunghista come Jesse Owens e Carl Lewis, e così una frazione nella 4x400 può essere il tappeto magico per viaggiare verso una dimensione leggendaria.
Tortu e gli altri velocisti, fra qualche giorno al lavoro alle Canarie, avranno come primo forte impatto stagionale le World Relays alle Bahamas, ad aprile; i marciatori, nel succedersi delle loro classiche, guarderanno i progressi sudamericani e soprattutto valuteranno lo strapotere spagnolo. Lo Slam di Budapest (quattro titoli) mettono Maria Perez e Alvaro Martin nei panni dei favoriti sia per la 20km che per la novità parigina che qualcuno ha battezzato “Marciatona”: una prova mista a coppie sulla distanza dei 42 km da dividere in quattro frazioni. Soltanto Tamberi potrà disegnare il percorso di Gimbo: esperienze, dolori, gioie lo hanno reso poeta e stratega. Per tutti la prova generale sarà a inizio giugno, a Roma, in un Europeo che può segnare la conferma dell’atletica azzurra a prima forza del continente.
Anniversari sinché ne volete, cento anni dalla seconda Olimpiade parigina, novanta dal primo titolo mondiale del calcio conquistato dagli azzurri di Vittorio Pozzo, settanta dal primo approdo di un uomo, Roger Bannister, sotto i 4’ nel miglio (una delle tenta colonne d’Ercole varcate), sessanta dai primi Giochi di Tokyo, cinquanta dal Mondiale di Germania e dagli Europei di atletica di Roma – primo atto dell’era Simeoni-Mennea – quaranta dall’Olimpiade di Los Angeles, trenta dalla finale di Pasadena, venti da Atene, chiusa nel segno di Stefano Baldini.
Citius Altius Fortius: lo slogan del Barone ebbe il suo esordio proprio a Parigi 1924, tra tutte le edizioni dell’Olimpiade una delle più amate, con Berlino 1936, con Londra 1948, con Roma 1960, con Città del Messico 1968. I giorni di Paavo Nurmi, di Eric Liddell, di Harold Abrahams, di Johnny Weissmuller, di una grottesca finale che pose fine alla rapida avventura del rugby in questo scenario.
Cent’anni dopo, Parigi torna a mettere le mani su quella tastiera rispolverando la marcia, poco dopo il 14 luglio, delle donne su Versailles e tracciando una maratona che sarà sfida tra Eliud Kipchoge e Kelvin Kiptum, campioni di generazioni diverse; proponendo il surf in quella Francia lontana che è la Polinesia territorio d’oltremare e d’oltreoceano: le minacce all’ambiente sono state messe in fuga.
La città di Charlie Hebdo, della strage del Bataclan, della Notre Dame in fiamme (dove non riuscì Hitler, ebbe la meglio il caso), inventa, all’insegna di quello che può essere sbrigato come desiderio di grandeur (o forse è soltanto il desiderio di scrollarsi di dosso una cappa di piombo), una cerimonia d’apertura sulla Senna, una sfida e un vertiginoso aumento dei costi della sicurezza, una delle voci che nei bilanci olimpici degli ultimi trent’anni ha visto l’ago puntare sempre più alto, in un’area della paura sempre più vasta. Seicentomila in questa edizione in formato XXI secolo di Musica sull’Acqua? Il proposito finirà per subire un ridimensionamento. Nulla sarà facile, non lo nasconde neppure il sindaco Anne Hidalgo: prezzi in vertiginoso aumento, biglietti dai costi proibitivi, trasporti difficoltosi. La festa del mondo sta diventando un affare per privilegiati.
“I russi sono i benvenuti” dice Tony Estanguet, due volte olimpionico nel kayak e presidente del comitato organizzatore. “Vogliamo celebrare la pace”, è lo slogan di Thomas Bach, alla guida del CIO e con la voglia di rimanere sul trono di Losanna. “Siamo pronti al boicottaggio”, risponde da Kiev Volodymyr Zelensky. Un minimo di tolleranza, di apertura sarebbe gradito.
Altre sfide, disseminate qua e là: uno strano Tour tra Italia e Francia del Sud (Parigi è troppo impegnata con i Giochi); Mikaela Shiffrin, molto minuta, a solo sette tappe dalla vittoria numero 100; Tyson Fury e Oleksandr Usyk, molto grossi, vicini a riunificare il titolo mondiale dei massimi nella ricca e “ospitale” Ryahd in un 17 febbraio che profuma di carnevalesco. E sempre da quelle parti, a Doha, e nello stesso periodo, è in calendario la prova generale del nuoto azzurro in vista dei Giochi parigini: finire nella scia di USA e Australia non è una chimera né un azzardo.
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