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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Premiando, premiando, che male ti fo'?

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Martedì 12 Dicembre 2023

 

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La WA ha scelto di moltiplicarsi. L’Atleta dell’Anno non è più uno, adesso è trino; l’Atleta dell’Anno non è più una, ora è trina. I dogmi possono cambiare. E’ così facile farli accettare lasciando però sorpresi, perplessi e, perché no, delusi.

Giorgio Cimbrico

Dopo una lunga attesa, stile anticamera della sala parto, sono nati sei gemelli, tre maschi e tre femmine. “Perché – spiega Lord Sebastian Coe, presidente di World Athletcis, già IAAF, animato da ambizioni di successione a Thomas Bach a Losanna – la profondità dei nostri talenti e dei risultati di questa stagione giustifica questa scelta”,

E così, al 36° Gala monegasco, i vincitori sono Faith Kipyegon in pista, Yulimar Rojas in pedana, Tigist Assefa su strada e, rispettando le sopra citate categorie, Noah Lyles, Armand Duplantis e Kelvin Kiptum che, sarà solo un caso, rappresentano Adidas, Puma e Nike.

Scorrendo il lungo elenco che prende il via nel 1988, mai capitata una cosa simile. Il vincitore e la vincitrice erano uno e solo una. Come capita, nel calcio, per il Pallone d’Oro o, nel rugby, per il Player of the Year. Si può vincere da portiere (capitò una volta, con il grande Lev Jascin), da difensore (Fabio Cannavaro), molto più spesso da numero 10 o da attaccante, così come da terza linea (quest’anno l’All Black Ardie Savea) o da mediano di mischia: un anno fa toccò a Antoine Dupont.

La scelta di World Athletics, comunicata al mondo sul far della sera senza anticipazioni al riguardo, ha lasciato sorpresi, perplessi e delusi. Non l’ha nascosto Noah Lyes che è un giovanotto istintivo: ha centrato il tris 100/200/4x100 ai Mondiali, ha finito la stagione al vertice delle tre distanze, è imbattuto sui 200 e per il futuro olimpico ha confessato di esser pronto a correre una frazione in 4x400, la seconda o la terza per “andare in caccia”. Sarebbe un poker nuovo di zecca rispetto a quelli di Jesse Owens e di Carl Lewis.

Personalmente avevo votato per Noah, così come avevo votato per Faith Kipyegon, la piccola mamma micidiale: tre record mondiali, 1500, Miglio e 5000, e la doppietta 1500/5000 ai Mondiali, un’accoppiata riuscita nella storia soltanto a Paavo Nurmi e a Hicham el Guerrouj alle Olimpiadi e a Bernard Lagat ai Mondiali.

Fare a fette, parcellizzare sembra il nuovo canone dello sport che siamo costretti a vivere. E’ un atteggiamento che sminuisce l’importanza, il significato ma chi ha in mano le leve del potere se ne infischia e procede a briglie sciolte, accorciandole e tirandole seccamente quando si tratta di faccende elettorali: le porte chiuse a russi e bielorussi contrastano con il recente dettato del CIO.

Domande: non era più ecumenico scegliere Haruka Kitaguchi, la simpatica giapponesona che, prima asiatica, ha vinto il giavellotto rispetto alla venezuelana Rojas che ha infilato il quarto titolo in fondo a una gara in cui “Gambalunga” aveva rischiato di finire fuori dopo tre salti?

Per l’evoluzione – e il costo – delle superscarpe e per la partecipazione di massa, la strada è diventata un settore importate, vitale. E’ un fatto che oggi su tutti vertici cronometrici delle distanze sia stata stampigliata l’etichetta di record mondiale, non di “migliore prestazione”. E così non potevano non avere un riconoscimento i prodigi di Tigist Assefa e del suo “maschile” 2h11’53” berlinese o lo sforamento, per la miseria di 35 secondi, dell’ideale delle due ore fornito a Chicago da Kelvin Kiptum che in tre successive tappe, e in un solo anno, ha avvicinato e superato Eliud Kipchoge?

L’atletica è uno sport che ne contiene almeno venti e dopo il Gala del Principato, per il futuro, qualcuno mediterà di intraprendere una Class action. Che differenza c’è tra Duplantis, record del mondo, titolo mondiale e giunto a 74 salti a 6 metri o più, e Ryan Crouser, record mondiale, titolo mondiale e una mostruosa densità di lanci tra 22 e mezzo e 23 e mezzo? Le pedane dei salti non sono quelle dei lanci e viceversa. C’è stata discriminazione? E i marciatori non fanno parte della grande famiglia, sono forse figli di un dio minore? Perché il Grande Slam di Maria Perez e Alvaro Martin non è stato tenuto in considerazione?

Se questa è la linea di condotta, non resta che tagliare la torta in fette ancora più sottili perché in pista 100/200/400 non hanno nulla a che fare con mezzofondo veloce, mezzofondo prolungato, gare a ostacoli.

Tra un anno, dopo i prodigi parigini, attendiamoci altri parti ancora più pluri-gemellari. La corsa in montagna e la sky marathon premono.

 

 

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