I sentieri di Cimbricus / Chi nasce maratoneta e chi lo diventa
Sabato 18 Novembre 2023
Non è certo un arcano. Il motivo può essere spiegato con poche parole: si passa dalla pista alla strada come una volta, al tempo del vecchio rugby, si passava dalla Union alla League, non per soldi ma per denaro.
Giorgio Cimbrico
I nomi più illustri: Tirunesh e Genzebe Dibaba, Vivian Cheruiyot, Hellen Obiri (quest’anno, l’accoppiata Boston-New York deve averle fruttato una piccola fortuna), Almaz Ayana, Letesenbet Gidey, Sifan Hassan, Haile Gebrselassie, Paul Tergat, Kenenisa Bekele, Mohamed Farah (con esiti non clamorosi) e soprattutto Eliud Kipchoge, vent’anni fa campione mondiale dei 5000 in fondo ad una indimenticabile volata con el Guerrouj e Bekele.
Tra qualche giorno, sullo scorrevole percorso di Valencia che gli esperti stimano ancora più veloce di quello di Berlino che può esibire undici record mondiali, ha scelto di esordire sui 42 km Joshua Cheptegei, l’ugandese primatista mondiale dei 5000 e dei 10.000.
E’ solo il denaro alle origini di una scelta? O la spinta di un desiderio di completezza raggiunta in pochi febbrili giorni solo da Emil Zatopek? O la febbre di spaziare per impadronirsi dei record delle due distanze su pista e dell’avventura su asfalto? Gebre è stato l’unico ad avvicinare questo ideale senza però stringere in mano i tre primati contemporaneamente, avendo la meglio, anche su questo terreno, sull’eterno rivale Paul Tergat, primatista, in tempi diversi, dei 10.000 e della maratona.
In questo scenario volano due mosche bianche, i due freschi primatisti del mondo. A parte un datato esordio sugli 800, Tigist Assefa, che con il 2h11’53” berlinese ha scatenato l’invidia di una folla di maschi, non ha in pista un passato rimarchevole. Non ne ha affatto Kelvin Kiptum, che ha sottratto a Kipchoge il record mondiale portandolo a ridosso delle due ore, 2h00’35” dopo l’esodio a Valencia in 2h’01’53” e la vittoria a Londra in 2h01’25”, per una media di 2h01’17”. Ufficialmente Kiptum ha un modestissimo primato personale sui 10.000, 28’27”, strabattuto di oltre mezzo minuto quando a Chicago corse il segmento tra il 30° e il 40° chilometro in 27’50”.
C’è chi nasce maratoneta, chi lo diventa percorrendo itinerari diversi; spesso, come nel caso dell’instancabile Hassan (dopo Londra, Chicago, con il secondo tempo della storia) e di Gidey, continuando ad alternare pista e strada. Nel caso dell’olandese di radice etiope con esiti che le hanno assicurato la collezione completa dei record europei dai 1500 alla maratona.
E’ l’età delle superscarpe leggere come piume che facilitano la spinta e ritardano l’insorgere della morsa dell’acido lattico. I conti tornano: 2h07’ diventano 2h04’, 2h20’ si trasformano in 2h17’. La maratona è più corta di un chilometro. La possibilità di nuovi prodigi attira come una calamita e gli organizzatori delle Major sono pronti a ritoccare in alto ingaggi, premi, bonus, ad attirare nuovi esordienti, a formare cast stellari.
In attesa di nuovi sviluppi, scatta l’attesa per qualcosa di molto più umano: la disfida di Parigi, il duello delle K: il vecchio Eliud Kipchoge contro il giovane Kelvin Kiptum. Quel giorno il tempo, i percorsi personali, le provenienze non avranno la minima importanza.
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