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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Giovedì 19 Ottobre 2023

 

         mi-co-23 


Figuraccia epocale per in nostro sport firmata da Giovanni Malagò costretto dal Governo a sconfessare le sue narrazioni: la Fondazione da lui presieduta non pare in grado di rispettare annunci e tempistica. E se arrivasse un commissario?

Gianfranco Colasante

“Non ci sono risorse da sprecare” aveva più volte ammonito Giorgia Meloni a sigillo alla legge di bilancio firmata dal ministro Giorgetti, già autore della pasticciata Riforma il cui solo risultato rimane l’aver ridotto il CONI ad una agenzia di viaggio. Il mantra governativo ha attraversato gli oceani ed è giunto fino a Mumbai (141ª Sessione del CIO) dove un immusonito Malagò – a capo della Fondazione Milano-Cortina – s’è visto costretto a smentire se stesso ed annunciare che la pista per gli Sliding di Cortina non s’ha da fare. A 860 giorni dall’apertura.

“We were informed two days ago by the Italian government that we had to find another solution using already existing equipment. We will therefore study different options for organizing the events outside Italy”. Questo il messaggio che Malagò ha rivolto ai 99 delegati e, soprattutto, alla norvegese Kristin Kloster Aasen, a capo della Commissione CIO per Milano-Cortina, la quale – a quanto pare – pur sull’avviso nulla sospettava del finale. Va anche detto, per completezza, che Malagò ha annunciato che la campagna di sponsorizzazione avrebbe toccato il miliardo e mezzo di euro. Come impegni futuri o cash non è chiaro.

Ad avvantaggiarsi del taglio saranno gli asili-nidi che potranno così attingere ai 150 milioni che non si “sprecheranno” con una pista di ghiaccio utile per una settimana. Alzi la mano chi, in tema di priorità e di vacche magre, è di parere contrario. Resta da stabilire quale sarà il prosieguo e dove si terranno quella decina di gare rimaste senza casa e per le quali – tanto per gradire – il governatore Zaia chiede un indennizzo con altre competizioni.

C’è chi indica la fatal Cesana (sbrindellato budello di cemento svuotato e abbandonato da anni) – come buona parte dei politici di centro-destra capeggiati da Tajani e dal presidente della regione Piemonte. C’è chi, con un pizzico di maggior realismo, suggerisce di chiedere asilo in Austria (Innsbruck) o in Svizzera (St Moritz) non escludendo neppure la Germania (Konigssee). In qualunque caso pagando il dovuto, ovviamente. A riprova che la faccenda è tragica ma non seria, è sceso in pista persino il comico Beppe Grillo che non è chiaro con chi sta ma dal suo blog mena sciabolate a destra e a manca.

Questo è il quadro. Perdonate, ma come la stragrande maggioranza degli italiani non mi è mai riuscito di prendere sul serio questa faccenda dei Giochi Invernali 2026, specchio fedele del nostro spensierato paese. Spalmati su tre regioni, dovevano risultare le “prime Olimpiadi a costo zero” (Malagò dixit) col consueto contorno di immancabili certezze, migliaia di posti di lavoro e deciso balzo in avanti del PIL. Come siano poi andate veramente le cose in questi cinque anni meriterebbe qualche riflessione. La prima sul CIO di Thomas Bach – il quale da tempo muove le sue truppe per farsi rieleggere oltre le scadenze – che ha preferito la proposta italiana contro quella più razionale e calvinista della Svezia. Un po’ come scegliere Piedigrotta rispetto a una serata alla Scala.

Una candidatura – della quale, a vent’anni da Torino 2006 su cui le procure ancora indagano, non si sentiva proprio bisogno – che porta la sola firma di Malagò. Sempre a mal partito con la politica e in cerca di riscatto dopo lo smacco di Roma ’24, dove a schiaffeggiarlo fu prima la sinistra (Ignazio Marino) e poi i 5S (Virginia Raggi). La sola traccia rimasta di quei giorni è del chirurgo italo/americano che in un suo libro (“Un marziano a Roma”) ha rievocato in termini gelidi quella proposta sottolineando il furore col quale l’accoppiata Malagò/Montezemolo intendeva portarla avanti. Una testimonianza preziosa sulla quale meditare, specie per un paese che non ama confrontarsi con il “dopo”.

Tornando a Milano-Cortina e come sia andata avanti l'improvvisata candidatura, chi ha buona memoria può oggi sfogliare una serie di cartoline dell’assurdo. La prima, una foto di Malagò che taglia una torta augurale con il sindaco Sala e lo scomparso governatore Maroni. Poi in ordine sparso il tentativo di una improbabile accoppiata Torino-Milano. Quindi le foto sul Canal Grande con Zaia e l’ex-sindaco di Cortina. O quell’incontro a tre a Fiumicino con Bach, Malagò e Meloni, nelle ore della tornata elettorale che porterà Fratelli d’Italia ed il suo capo a Palazzo Chigi.

Anni nei quali da un lato montava l’opposizione degli ambientalisti e dall’altro la “spartizione” delle località di gara diventava un gioco di equilibri e liti impossibili, a detrimento dell'unicità della proposta olimpica. In termini geografici, politici ed economici. Con l’incognita dei villaggi olimpici (quanti?) e la certezza che i tempi della viabilità affidata all’ANAS restano ancora oggi tutti da definire. Con i 400 e passa chilometri che intercorrono tra Milano e Cortina, il doppio della distanza che separa la stessa Milano da Losanna. Senza voler rammentare gli spericolati cambi in corsa del management (si dice così?) e le centinaia di assunzioni a servizio di vari comitati organizzatori: tutti necessari?.

Ma tutto questo appartiene al passato, un passato che Malagò è stato costretto a sintetizzare nel sub-continente indiano. Mi perdonerà Hans Fallada se per l’occasione – tornando proprio a Malagò – gli rubo il titolo più celebre: “E adesso pover’uomo?”. In queste ore poi la sua posizione si complica e si intreccia con la volontà della Lega – di lotta e di governo – di ribaltare la posizione di Gravina a capo della FIGC, una federazione che pare allo sbando dopo due esclusioni mondiali e quattro olimpiche, la farsa araba di Mancini, il cammino ad ostacoli della Nazionale, il nuovo calcio-scommesse e l’organizzazione degli Europei 2032 con numerosi stadi da riadattare o costruire (con quali soldi?): uno scenario qul quale impattano le non-riforme. Per la Lega ce n’è abbastanza per azzerare tutto il pollaio e commissariare Gravina (per sostituirlo col silente Abodi?).

Un pasticcio senza precedenti. Come uscirne? Forse il Governo, costretto a metterci le mani da un lato, e che dovrà trovare risorse dall’altro, potrebbe risolversi ad un atto di buon senso: nominando almeno un suo commissario a capo della Fondazione Milano-Cortina sollevando dall’incombenza Malagò cui (pare) toccherà per la seconda volta commissariare la FIGC. D’altra parte era già accaduto per Torino 2006 e nessuno si strappò all’epoca le vesti. Semmai i problemi vennero in seguito, quando si trattò di gestire il “dopo”. Come, si può largamente prevedere, lo stesso potrebbe accadere dal 2026 a seguire. Tanto vale portarsi avanti col lavoro.

 

 

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