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Duribanchi / Quando a vincere e' l'umanita'

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Mercoledì 11 Ottobre 2023

 

mazzon 


Nel mezzo delle quotidiane miserie, che hanno il primato dell'insicurezza, della illegalità e della violenza, ecco una storia che riconcilia con l'uomo. Una storia di sport: di quelle che piacciono e dovrebbero piacere.

Andrea Bosco

Chissà cosa ne avrebbe scritto Ettore Mo, principe degli inviati, firma del Corriere della Sera, mancato da poco in queste ore e che facendo il suo lavoro era stato in tutti i teatri “caldi” del mondo. Chissà cosa avrebbe scritto dell'attacco di Hamas ad Israele che ha provocato oltre mille morti e duemila feriti. Chissà cosa avrebbe scritto della pratica spregevole di prendere in ostaggio civili inermi. Chissà cosa avrebbe scritto della durissima risposta, con centinaia di palestinesi uccisi, di Israele contro Gaza.

Mettiamola così: all'Inferno si vive meglio che a Gaza. Dove, in pochi chilometri, vivono assiepati gli uni sugli altri oltre due milioni di persone. Gaza è il posto più popolato del mondo. E probabilmente il più povero.

Ettore Mo avrebbe raccontato la verità. Non entro nei dettagli di una vicenda troppo grande, troppo tragica, troppo ingiusta, troppo feroce, lasciata colpevolmente incancrenire. La nota poi (di una durezza senza precedenti) dell'ambasciata israeliana presso la Santa Sede, per un testo (che aveva omesso la parola Hamas) definito “deludente e frustrante” arrischia di aprire un fronte per certi versi ancora più problematico rispetto alla stessa guerra: quello tra la Roma papale e Gerusalemme. Là dove Bergoglio ha recentemente ordinato cardinale (cosa mai fatta dai suoi predecessori) il Patriarca della Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, uno dei firmatari del documento che ha irritato Israele.

Ora toccherebbe ai mediatori frenare la carneficina. Ma il mediatore che si sta segnalando per protagonismo si chiama Qatar: il principale finanziatore (con l'Iran) di Hamas. Che la divinità (comunque essa si chiami) ce la mandi buona.

Nel mezzo delle quotidiane miserie, tra scontri all'ultimo sangue tra politica e magistratura (tanto per cambiare sul tema sensibile dei migranti), delinquenti omicidi, condannati ed espulsi ma ancora in proterva libertà, tra tassisti che confiscano le città per salvaguardare il proprio “particulare” e metropoli (prima Milano, seconda Roma: classifica de Il Sole 24 Ore) che hanno il primato dell'insicurezza, della illegalità e della violenza, ecco anche una storia che riconcilia con l'uomo. Una storia di sport: di quelle che piacciono a chi scrive.

Protagonista Andrea Mazzon (foto), allenatore della Umana Reyer femminile. Che domenica è andata in campo contro le campionesse di Schio e ha vinto. Pur priva di pedine fondamentali come Sheppard, Kuier (reduci dal campionato pro negli USA) e Santucci (infortunata), le ragazze veneziane con una prova strepitosa (Fassina e Villa su tutte) hanno sconfitto le più blasonate avversarie. Ce ne sarebbe stato di che esultare. Ma sia le atlete che il loro allenatore lo hanno fatto quasi schermendosi.

Mazzon alla fine ha scollinato ogni domanda tecnica, spiegando che le ragazze (sia la Reyer che Schio), avevano giocato con il lutto nel cuore per la tragedia del bus precipitato al cavalcavia di Mestre. Che avevano giocato per onorare la memoria delle cinque ragazzine che (assieme ad altre vittime) a Mestre avevano perso la vita. Loro che una previsione di vita teoricamente l'avevano lunga e dritta: magari ricca di soddisfazioni, magari anche sportive. Mazzon ai microfoni non era commosso, ma la tristezza gli traspariva sul volto.

Quelle persone, quelle ragazze avevano un appuntamento con il destino. “Sic erat in fatis” scrive Ovidio nei Fasti: “Così era scritto”. Ci sono orologi che nessuno può spostare all'indietro. Gli orologi sono i simboli del tempo che corre. Li portiamo al polso, inconsapevoli che scandiscono anche il “nostro” tempo. Che non può essere fermato. Ma che può essere onorato nel ricordo di chi non c'è più. Come hanno fatto al Taliercio le ragazze di Venezia e di Schio. Come ha fatto Andrea Mazzon

 

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