Fatti&Misfatti / Taci, odo i cubani far festa
Lunedì 18 Settembre 2023
“Finale di Diamond League: dobbiamo confessare che ci sembravano tutte messe sacrileghe quelle corse, quei salti, quei lanci di grandi atleti quasi tutti vestiti alla stessa maniera, artisti sul palcoscenico”.
Oscar Eleni
Costretto a discutere con le formiche di fuoco trovate a Siracusa che pretendono di spiegare cosa si nasconde nei fuocherelli dei santi che ti mandano al manicomio. Un diversivo nel Paese degli ammazza cervelli dopo una settimana tempestosa che alla fine ci fa ascoltare soltanto il canto melodioso dei campioni cubani.
Eravamo prigionieri dell’invidia dopo che Melissa Vargas, servita meglio delle nostre schiacciatrici, aveva seppellito, nel nome di Santarelli – sarà un santo vero? –, per l’onore della Turchia, la sua nuova patria sportiva dopo aver abbandonato Cuba, l’Italia allargando a dismisura l’esercito degli am-Mazzanti. Poi ci si è messo Wilfredo Leon a sfasciare i nostri muretti rimasti nell’argento del volley europeo nel nome della Polonia che lo ha “passaportato” dopo il suo viaggio senza ritorno dal Malecon dell’Avana.
Insomma pensavamo che i grandi esiliati ce l’avessero con le nostre belle squadre di pallavolo, i nostri sogni sportivi, ma, per fortuna, ci ha pensato Andy Diaz Fernandez, il triplista cubano fuori dai Giochi di Tokyo per infortunio e atterrato in Italia fra le braccia di gente appassionata come dice lui, del Donato che gli ha ridato voglia di rimbalzare anche oltre il suo record italiano, per portare sul podio di Eugene, nella finale circense della Diamond League, un campione che speriamo di poter vestire con la maglia azzurra a Parigi se i burocrati non saranno troppo lenti.
A proposito di Diamond League dove Duplantis, Ingebrigtsen e la Tsegay hanno fatto primati che ricorderemo, dobbiamo confessare che ci sembravano tutte messe sacrileghe quelle corse, quei salti, quei lanci di grandi atleti quasi tutti vestiti alla stessa maniera, artisti sul palcoscenico. Insomma non siamo riusciti a digerire il tutto e ci dispiace per la passione e la competenza dei telecronisti che cercavano di coinvolgerci come il meraviglioso Fabbri vestito di viola, i colori della sua Fiorentina che quasi alla stessa ora stava rimontando l’Atalanta mentre lui andava ancora una volta oltre i 22 metri nel giorno in cui Kovacs batteva finalmente Crouser in una gara di getto del peso che chiudeva una stagione importante in questa specialità.
Ma torniamo alle nostre tempeste mentre ci dice addio Stella, la moglie sempre nella trincea di Spartacus Gamba. Lui le conosce le tempeste che rovinano la vita di chi tenta di fare l’allenatore ad alto livello. In queste settimane mentre la testa di Mazzanti era offerta in discount, si pensava che anche il francese della Ferrari avrebbe fatto le valige dopo soltanto una stagione, ma poi Sainz ha ridato il sorriso a tutti e magari anche a Lapo Elkan che a Monza era stato respinto mentre si avvicinava ai ferraristi al lavoro.
Non se la passava bene il gentiluomo Volandri, soprattutto dopo la stangata coi canadesi, ma poi è tornato il sereno con la benedizione di Berrettini che zoppicando stava nella famiglia della Davis tennistica e del novantenne Pietrangeli vescovo benedicente nella tribuna bolognese, un campione che ascolteresti sempre, anche in coppia con Panatta o Bertolucci.
Non ha pagato neppure Pioli per la stangata nel derby e per la dichiarazione agghiacciante sui primi 4 minuti che gli erano piaciuti. Beno male.
Niente da fare invece per don Sergio Scariolo, più grande in Spagna che in Italia dove pure ha vinto e fatto belle cose, liquidato dalla Virtus per aver detto soltanto la verità sulla squadra che non aveva certo fatto lui, ma che aveva intenzione di migliorare con lavoro e fatica.
Le reazioni a basket city sono state tante per un divorzio che, come dice saggiamente Villalta, era nell’aria da tantissimo tempo visto che da “Scariolo miglior allenatore del mondo” annunciato al popolo dal padrone Zanetti si era arrivati al gulag Djordjevic licenziato, ripreso e poi cacciato anche dopo lo scudetto vinto.
Come ha scritto per Campana, sul bellissimo sito, Giorgio Bonaga, la verità è che Scariolo si poteva pure criticare, lui lo ha fatto spesso, ma “basket city e la sua antica Università non meritano tanta ignoranza”.
Ora speriamo che Luca Banchi (nella foto) non si trovi a dover convincere chi offrendogli un biennale lo ha riportato in Italia dopo lo splendido mondiale con la Lettonia e il premio come miglio allenatore nella festa europea dove la Germania si è presa il titolo e la Serbia i complimenti di chi crede nel valore di certe scuole anche se l’inquinamento dell’ignoranza, il denaro, i troppi che sullo sport mangiano sbattendosene degli atleti e della loro salute, spinge a credere nei ciarlatani e mai in chi suda davvero in palestra con quelli che allena.
Banchi ha vinto abbastanza per non dover dimostrare a nessuno il suo talento. Si tenga la garra grossetana, si tenga ogni tipo di esperienza, dalla birreria dove Proli cercò di convincerlo che Siena era ormai tropo stretta, ai giorni con la valigia sulla porta della sede Olimpia e poi in giro per il mondo. Se vincerà diranno che sono dei geni, se dovesse perdere le colpe saranno soltanto sue. Cari merli quale allenatore non conosce questa religione barbara?
Lo ha detto mille volte il sciur Gamba che ora ha perso la sua Stellina, lo diceva anche a Bologna dove ha insegnato e sofferto.
Basket che nel fine settimana metterà Banchi davanti alla prima montagna nella supercoppa visto che sabato a Brescia dovrà affrontare in supercoppa l’Armani in una semifinale che porterà poi al confronto con Brescia o, magari, Tortona, che sembrano più solide e belle dell’anno scorso.
Partita delicata, ma sempre finta perché il lavoro al completo, dopo i rientri dai mondiali, è stato davvero poco. Nei test, come sempre, si fa una gran confusione e se Milano è felice per il suo Mirotic, ma, soprattutto, per aver ritrovato Pangos, diciamo che alla Virtus si rendono conto che un budget passato da 30 a 22 milioni forse non ha portato in città il meglio per sorpassare la grande nemica, per essere competitivi in Eurolega.
Basket che ha congedato fra gli applausi la Nazionale ottava a Manila, gioiello di casa Petrucci visto da tanta gente anche se quei dispettosi della pallavolo, sempre fra Rai e SKY, hanno fatto numeri nettamente superiori.
Ci rifaremo, speriamo a Parigi, quando Pozzecco e i suoi tanti e meritati ammiratori risponderanno a Sandro Spinetti che sempre sull’e-giornale di Campana si domanda quale sia il marchio di questa Italbasket sostenuta da un entusiasmo che sembra artificioso visto che non ha un suo gioco dopo il passaggio dal pragmatismo sacchettiano al liberalismo del Poz.
Maledicendo i fuochi vari abbiamo dovuto rinunciare alla prima sul docu-film di Samuele Rossi dedicato a Dino Meneghin che è stato grande davvero se ancora oggi chi va al Palazzo o allo stadio per insultare e tirare oggetti lo insulta, in via anonima, si capisce mentre compagni, avversari, le case della gloria a Spingfield e in Europa lo hanno voluto nella loro reggia. Dolore non esserci, anche se il caro Peterson, dicendo che c’erano tutti i grandi giornalisti al teatro Litta, mi ha definitivamente squalificato e dequalificato senza offesa per chi c’era dai cari Viberti al Vanetti mai dormiente.
Tristezza doppia non aver onorato il Pavoniano, bellissimo il manifesto col programma ricordando il Tau e fratel Brambilla, dopo l’invito di Colnago, sapendo anche della mostra dedicata a Franco Casalini campione d’Italia e d’Europa, assistente fedele, geniale in una vita spesa bene nell’ironia e nelle notti senza fine sui Navigli con amici che erano anche fratelli. Una volta in via Giusti si viveva una speciale festa fra le stagioni agonistiche, infilandoci belle storie e partite non soltanto del cuore proprio come ai giardini Margherita di Bologna, con botte dentro e fuori per la disperazione del super Brambilla che si era inventato quel regno e quella scuola.
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