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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / L'atletica al bivio delle scelte

Domenica 27 Agosto 2023

 

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Difficile dire se sia stati i migliori Mondiali di sempre: troppi i parametri in gioco. Semmai un punto d’avvio se Lord Coe (all’ultimo mandato prima di andare a sedere a Losanna) e il suo staff faranno scelte più rispondenti al cambiamento.

Giorgio Cimbrico

Chi avrebbe pensato al Canada come seconda forza mondiale? Quelli con la foglia d’acero li conoscevamo come velocisti (una genealogia che prende il via con Harry Jerome, e prosegue con Ben Johnson, Lucifero precipitato dall’Empireo al più oscuro girone dell’inferno, Donovan Bailey, Bruny Surin, Andre de Grasse) e ora li ritroviamo dappertutto, a lanciare lontano il martello come Ethan Katzberg, che sembra il batterista dei Led Zeppelin e Camryn Rogers, a tirare il peso oltre i 20 metri come Sarah Mitton la rossa della Nova Scotia.

O, ancora, a vincere gli 800 con Marco Arop, dalle movenze principesche, regali e dal fisico statuario (un dono recapitato dal Sudan insanguinato), a dominare il decathlon, ma questa non è una novità: Damian Warner, campione olimpico, ha una lunga scia di successi nel sacrario austriaco di Götzis e Pierce Lepage è passato da vincitore dell’Hypomeeting del Voraalberg prima di lasciarsi alle spalle, per un centinaio di punti, il compagno d’avventura.

Lepage, 8909 punti, ha concesso un record: è il più alto (2.02 o 2.03 secondo diverse fonti) vincitore di un decathlon mondiale o olimpico. Merito a lui e merito ai suoi tecnici: non deve essere facile con quella statura coordinarsi e salire sino a 5.20 nell’asta. E questo è solo uno dei dieci esempi possibili.

Chi aveva pensato a un tracollo europeo, deve rimangiarsi le previsioni degne di Cassandra. Il continente ha retto bene, ha vinto molto ma un’analisi è necessaria. A volo d’uccello: se Francia e Germania sono sparite, altri paesi hanno tenuto grazie a una programmazione mirata: è il caso della Norvegia, movimento piccolo e di grande qualità, dell’Olanda concentrata sul giro di pista con o senza ostacoli, della Svezia (ricevere in regalo Armand Duplantis è stato un bel colpo), della Spagna che con un giovanotto di Badajoz e una ragazza di Murcia ha realizzato lo Slam della marcia.

L’unico paese tradizionale che continua ad agire su un telaio vasto è l’Italia che ha raccolto sulla pista, sul campo e sulla strada. Un vecchio amico, Igor Ter Ovanesian, diceva che si ti presenti a un appuntamento con x chances e nei centri la metà, hai fatto un eccellente lavoro. Proprio quel che ha fatto l'Italia che non ha fallito con Tamberi, Fabbri, staffetta e Palmisano e ha sballato con un doppio Stano, Weir e Iapichino. La solidità del movimento, constatata in Coppa Europa, ha prodotto più finalisti del solito e buone prospettive. Simone Barontini è la più promettente.

Il Kenya si è salvato grazie a Faith Kipyegon che dopo aver ricevuto in dono un appartamento, oggi meriterebbe una statua. Il suo crescendo è spezzacuore (il cuore delle altre) e la sua collocazione rientra ormai nella dimensione della storia: l’accoppiata 1500/5000 è patrimonio dei grandi (Bernard Lagat ai Mondiali, Paavo Nurmi e Hicham el Guerrouj alle Olimpiadi) e ora di una grande. Il resto, a parte il giovane Wanyonyi, è stato un disastro.

L’uomo dei campionati è Noah Lyles che da uomo lampo non ha perso tempo chiedendo ai piani alti una secca svolta: “vendere” meglio l’atletica, la sua storia, i suoi personaggi, irrompere nel mondo della moda, della musica (lui ha già inciso un disco in compagnia dell’astista Sandi Morris), avere in Netflix un supporto vasto e globale, come è capitato con la Formula1 e con il tennis. Vedremo le risposte.

 

 

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